Economia

E ora in Libia è allarme crisi bancaria, si rischia “guerra economica a fianco di quella militare”

“Una crisi bancaria potenzialmente esplosiva potrebbe ulteriormente destabilizzare” la Libia a fronte del perdurare degli scontri in atto a Tripoli, che hanno vanificato le iniziative per riunificare il sistema bancario del Paese, alimentando così “le prospettive di un’implosione finanziaria e di una guerra economica a fianco di quella militare”. Questo l’allarme lanciato dall’International Crisis Group (Icg) in un nuovo rapporto intitolato “Carri armati e banche: bloccare una pericolosa escalation in Libia”. Nel report vengono ricostruite le tappe dell'”incombente” crisi bancaria, “conseguenza diretta della divisione in atto da quattro anni tra la Banca centrale di Tripoli e la sua sede a Est, frutto della divisione politica emersa nel 2014”, con due governi a contendersi il controllo il Paese.

Secondo il think tank, la stessa offensiva militare lanciata su Tripoli il 4 aprile scorso dalle forze del generale Khalifa Haftar, che controlla l’Est della Libia, potrebbe essere stata innescata dall’intenzione del generale di “prendere il controllo della Banca centrale e delle risorse dello Stato”. “Ad Aprile la Banca centrale libica, con sede a Tripoli, ha iniziato ad applicare restrizioni a diverse banche commerciali dell’Est del Paese, che insieme coprono il 30% delle esigenze di liquidità bancaria libica – si legge nel rapporto – se la Banca centrale dovesse rafforzare ulteriormente le misure restrittive, questo comprometterebbe le capacità del governo dell’Est di pagare i dipendenti e le forze di Haftar. E questo a sua volta potrebbe spingere Haftar a tagliare le esportazioni di petrolio dalle zone sotto il suo controllo e innescare una guerra economica”.

Per scongiurare tale scenario, è opinione degli analisti, “occorre che la Banca centrale di Tripoli e la sua sede orientale di Bengasi, che opera in autonomia dal 2014, arrivino a un accordo su come contabilizzare le transazioni bancarie commerciali” e che “i partner internazionali si adoperino per questo obiettivo”. Anche a fronte di una situazione sul terreno in cui “entrambe la parti si mostrano fiduciose di poter prevalere con il sostegno militare e finanziario dei rispettivi sponsor stranieri”, tanto che sono state finora respinte tutte “le proposte di mediazione di interlocutori esterni neutrali, come l’Onu”, mentre “tutto porta a ritenere probabile un prolungato e distruttivo stallo” con conseguente rafforzamento del “coinvolgimento esterno e violenze su più fronti in tutto il Paese”. In questa situazione, in cui appare “improbabile la vittoria” di una delle due parti, “gli attori esterni dovrebbero convincere i due governi rivali ad accettare un cessate il fuoco e ad avviare i negoziati per risolvere la contesa finanziaria come immediata priorità”, secondo gli analisti.

“A tal fine, i sostenitori di Haftar nel Golfo dovrebbero chiarire che non intendono finanziare il governo dell’Est qualora, come appare probabile, dovessero prosciugarsi i suoi conti, e ancor meno dare ulteriore sostegno finanziario all’offensiva – si sottolinea nello studio – questo potrebbe indurre le forze di Haftar a fermare l’assalto a Tripoli e ad accettare di negoziare. Allo stesso modo, le capitali europee e i sostenitori regionali delle forze di Tripoli devono fare pressioni su Sarraj (Faye al, premier del governo di Tripoli, ndr) perché accetti il cessate il fuoco”. Tuttavia, evidenziano gli analisti, “senza una spinta da parte di Washington, difficilmente le autorità di Tripoli accetteranno volontariamente di negoziare un compromesso finanziario”.

Per questo è necessario che “Washington torni ad adottare un approccio più imparziale sul conflitto libico”, dopo che il presidente americano Donald Trump ha espresso il proprio sostegno all’iniziativa militare di Haftar: “L’amministrazione Trump, con la consulenza tecnica del Tesoro americano, dovrebbe usare il proprio peso politico e la leva finanziaria per spingere le due parti verso una soluzione della crisi bancaria”. Perché, è la conclusione dello studio, “solo la riunificazione dei governi e delle istituzioni della Libia, comprese quelle finanziarie, può portare la stabilità desiderata dai suoi cittadini” ed “è probabile che la riunificazione con mezzi militari, su cui sembra che Haftar e i suoi sostenitori stiano scommettendo, si ritorcerà contro”.

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