Parco Archeologico di Pompei, recuperati tre frammenti di affreschi del I sec. d.C.

18 maggio 2021

Tre frammenti di affreschi parietali del I sec. d.C. provenienti dalle Ville di Stabia, recuperati grazie all’azione del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (Nucleo di Monza), sono stati restituiti al Parco Archeologico di Pompei, presso il Museo Archeologico Libero D’Orsi di Castellammare di Stabia (NA). Gli affreschi, provenienti da pareti decorate di Villa Arianna e Villa San Marco di Stabia erano stati trafugati verosimilmente a partire dagli anni Settanta del secolo scorso ed esportati illecitamente.

Gli accertamenti, a cura del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Monza, avviati nel luglio del 2020 nell’ambito di una più ampia attività investigativa finalizzata al contrasto del traffico illecito internazionale di beni archeologici, avevano portato al sequestro dei preziosi reperti. Le conseguenti indagini esperite hanno permesso di verificare che i beni, non presenti nella Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti – il più grande database di opere d’arte rubate al mondo – erano stati acquistati negli anni Novanta da antiquari statunitensi, elvetici ed inglesi. Già a partire dalla metà del settecento, su decisione di Carlo III, Re di Napoli, furono avviati gli scavi, tra le altre, delle citate Ville. Gli affreschi più significativi emersi vennero staccati ed opportunamente custoditi, per poi giungere nel Museo Nazionale Archeologico di Napoli dove oggi si trovano. Le ville furono poi interrate e nuovamente esplorate negli anni ’50 e ’60, su iniziativa di Libero D’orsi, cui è dedicato oggi il Museo.

I beni, la cui autenticità e provenienza è stata appurata grazie alla collaborazione dell’ufficio tutela e dell’ufficio scavi di Stabia del Parco Archeologico di Pompei, su disposizione del Dipartimento VII della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano che ha diretto le indagini, sono stati restituiti allo Stato. “La restituzione di questi frammenti è significativa per più ragioni. – dichiara Massimo Osanna, Direttore Generale dei Musei – Intanto viene ricomposto, in entrami i casi, un contesto archeologico che era stato violato e che permette di restituire completezza allo scavo. Ogni reperto, costituisce un tassello importante della storia e della conoscenza di un luogo e va sempre tutelato e preservato.  Ma soprattutto è una vittoria della legalità, contro il fenomeno degli scavi illeciti e del traffico di opere d’arte e reperti antichi, e una conferma dell’importante ruolo delle forze dell’ordine nella tutela del patrimonio culturale e della fondamentale collaborazione con le istituzioni del Ministero della Cultura.”

Leggi anche:
Marcorè dirige "Zamora": racconto un uomo un po' goffo e donne risolute

“Le collaborazioni con le autorità per il contrasto agli scavi illegali e al traffico illecito di reperti archeologici avviate sotto la direzione di Massimo Osanna sono una best practice che il Parco seguirà anche in futuro. – sottolinea Gabriel Zuchtriegel, Direttore del Parco archeologico di Pompei – Attraverso la valorizzazione dei siti nel territorio tra Stabia, Torre Annunziata, Boscoreale e Poggiomarino vogliamo inoltre contribuire a far emergere sempre di più l’immenso valore del patrimonio archeologico presente in maniera capillare in tutta l’area vesuviana. Reperti come l’iscrizione osca da porta Stabia, attualmente esposta alle Scuderie del Quirinale nella mostra ‘Tota Italia’, illustrano come la città di Pompei facesse parte di un paesaggio antico costituito di vie di comunicazione, ville, fattorie, necropoli e insediamenti rurali che vanno tutelati e valorizzati. Ringrazio a nome del Parco i Procuratori e i Carabinieri del Nucleo Tutela per il lavoro svolto”.

 
Frammento di affresco a forma di rombo con cornice a dentelli e tralcio vegetale e con al centro figura femminile danzante che reca un vassoio. Probabile provenienza dall’ambiente 9 di Villa Arianna, decorato con il medesimo motivo “a piastrelle” con figure femminili, amorini, uccelli e rosette. 
 
Frammento di affresco con padiglione coronato da elementi vegetali e tetto a doppia falda decorato da grifi; al centro del padiglione amorino nudo in atto di suonare il flauto traverso. Probabile provenienza dall’ambiente 12 di Villa Arianna. 
 
​Frammento di affresco con parte di figura femminile su fondo nero con corona di foglie di alloro. Probabile pertinenza all’area stabiana per stretto confronto con una figura femminile con lira presente nell’affresco di Hermes, da Villa San Marco (in esposizione al Museo Libero D’Orsi, inv. 62526).
 

I FRAMMENTI DI CIVITA GIULIANA

Leggi anche:
Marcorè dirige "Zamora": racconto un uomo un po' goffo e donne risolute

Gli altri frammenti restituiti provengono invece dalla villa suburbana in località Civita Giuliana, a nord di Pompei – fuori le mura della citta’ antica – dove nel 2017 è stato avviato un cantiere di scavo, grazie all’operazione congiunta tra il Parco Archeologico di Pompei e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata per arrestare l’attività degli scavatori clandestini. A questa prima collaborazione ha fatto seguito un Protocollo d’Intesa sottoscritto nel 2019 finalizzato al contrasto delle attività illecite a danno del patrimonio archeologico.

I frammenti erano pertinenti ad un ambiente scavato nel 2020 dal Parco Archeologico di Pompei, dove fu rinvenuto anche il graffito di Mummia, che ha fornito indicazioni sui possibili proprietari della villa. Tutto l’ambiente presenta una raffinata decorazione in III Stile con tre pannelli a fondo nero scanditi da candelabri databile tra il 35 e il 45 d.C. Il ritrovamento dei reperti trafugati è avvenuto nel corso degli accertamenti avviati nel luglio del 2012 dai militari del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Napoli, nell’ambito di una complessa attività di indagine nei confronti di un sodalizio criminale dedito allo scavo clandestino ed alla ricettazione su territori nazionale ed internazionale di beni archeologici. L’operazione aveva portato all’individuazione di una buca coperta da uno strato di lamiere, terra e coltivazioni, che conduceva ad uno degli ambienti di una villa romana. Contestualmente sono stati sequestrati anche i 3 pannelli affrescati, rimossi e pronti per essere esportati all’estero. Gli scavi di Civita Giuliana avevano portato in luce nel 2017 la parte servile della villa, dove era la stalla con i resti di tre cavalli bardati. In uno di questi ambienti nel 2020 è stata effettuata la recente scoperta del carro cerimoniale. Sempre nel 2020, in un’altra campagna di scavo nel quartiere nobile della villa, sono stati rinvenuti alcuni ambienti di soggiorno, oltre a due vittime colte dalla furia dell’eruzione, di cui è stato possibile realizzare i calchi.

Leggi anche:
Marcorè dirige "Zamora": racconto un uomo un po' goffo e donne risolute

 

 

 

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it


Commenti