Pd nel caos: Bonaccini entra in maggioranza, i riformisti contestano e il “correntone” di Franceschini agita Schlein
Elly Schlein
Elly Schlein si presenta all’assemblea nazionale del Pd con l’intenzione di mostrarsi come “la segretaria di tutti”. Rivendica i risultati raggiunti e formalizza l’allargamento della maggioranza. Ma dietro la retorica dell’unità, il partito continua a vivere tensioni profonde. La leader democratica invita a chiudere la stagione dei litigi, ma le divisioni interne restano evidenti e la sua capacità di ricomporle appare ancora fragile.
Il pluralismo del Pd, tornato a farsi sentire con forza, ha portato all’ingresso in maggioranza di Stefano Bonaccini e di “Energia popolare”, insieme a amministratori di peso come Eugenio Giani, Antonio Decaro e Michele De Pascale. Una mossa che Schlein presenta come segno di apertura, ma che molti leggono come un compromesso necessario per non perdere il controllo. Sul fronte opposto, i “riformisti” di Lorenzo Guerini, Graziano Delrio, Giorgio Gori, Pina Picierno, Sandra Zampa e Walter Verini continuano a contestare metodi e scelte.
Bonaccioni dentro, ma i malumori crescono
Le tensioni non mancano neppure tra gli schleiniani. La nascita del “correntone” di Montepulciano, guidato da Dario Franceschini, Andrea Orlando, Peppe Provenzano e Roberto Speranza, viene percepita come un tentativo di condizionare la segreteria. L’ingresso di Bonaccini in maggioranza suscita fastidio in più di un esponente del nuovo gruppo. Marco Sarracino rivendica: “Molti di noi sono qui per convinzione, mai per convenienza”. Bonaccini, intanto, non risparmia critiche ai riformisti ribelli, accusati di indebolire sistematicamente il segretario appena eletto.
Schlein sceglie di evitare la conta interna, rinunciando al documento che Bonaccini aveva preparato. Si vota solo la relazione: 225 sì, 36 astensioni. Numeri che certificano una partecipazione ridotta, segnale di un partito che fatica a mobilitarsi.
Attacco a Meloni, ma senza novità
La segretaria concentra gran parte del suo intervento sulla premier. Accusa Giorgia Meloni di fare “solo propaganda” e di non migliorare le condizioni degli italiani. Invita la leader di Fdi a “uscire da palazzo Chigi e andare a fare la spesa”, la sfida a un confronto pubblico ricordando che “nel gennaio 2024” era disponibile e dunque è chiaro “chi è fuggita”. Un copione già visto, che non aggiunge elementi nuovi al dibattito e rischia di apparire ripetitivo.
La minoranza non rinuncia a far sentire la propria voce. Simona Malpezzi, Pina Picierno, Lia Quartapelle e Piero Fassino chiedono pluralismo “da praticare, non da declamare”. Picierno sollecita chiarezza nei rapporti con Giuseppe Conte, avvertendo che nel centrosinistra non può esserci spazio per derive populiste travestite da pacifismo.
Pace e alleanze, ma restano i nodi
Schlein dedica un passaggio alla guerra in Ucraina, senza mai citare Conte. Ribadisce che resterà “testardamente unitaria” e che l’alleanza costruita per le regionali è imprescindibile. Ma le parole sembrano più un invito generico che una strategia concreta. Assicura di voler ascoltare le richieste di confronto interno, ma si limita a raccomandare “rispetto reciproco”.
Il messaggio finale è ambizioso: “Andremo al governo vincendo le elezioni politiche, e solo vincendo le elezioni politiche”. Una promessa che suona più come dichiarazione d’intenti che come piano realistico, mentre il partito resta diviso e la segreteria fatica a trasformare l’unità invocata in fatti concreti.
