Pd sempre diviso, si discute su nome vocazione maggioritaria

Pd sempre diviso, si discute su nome vocazione maggioritaria
Enrico Letta
7 dicembre 2022

La discussione nel Pd non si spegne, anche se – raccontano – la riunione del `sottocomitato democrazia e partecipazione’ non è arrivata ai livelli di scontro della seduta di insediamento del comitato costituente della settimana scorsa. Si parlava di assetti istituzionali, appunto di “democrazia e partecipazione”, ma la discussione è finita soprattutto sul ruolo del Pd – vocazione maggioritaria o no – e sul nome del partito, che la sinistra vorrebbe cambiare per aggiungere la parola “lavoro”.

L’incontro è stato aperto da Enrico Letta e il segretario è rimasto “in tema”, parlando appunto di stato di diritto, democrazia malata e crisi della partecipazione. In tutto il mondo – ha sottolineato Letta – la democrazia appare sotto attacco. Il numero di Paesi a regime democratico per la prima volta dopo decenni ha cominciato a diminuire invece di crescere e addirittura all’interno dell’Europa lo stato di diritto è minacciato. Uno dei nodi da sciogliere, ha insistito, è come deve porsi il nuovo Pd di fronte a un quadro della democrazia globale in rapido deterioramento.

Inoltre, ha aggiunto a proposito di “democrazia malata”, negli ultimi 20 anni il sistema politico italiano è stato caratterizzato da forte instabilità, frammentazione e trasformismo. Tutti elementi che hanno limitato l’attività dei Governi in carica e così alimentato la sfiducia nelle nostre istituzioni e nei partiti. Se la nostra è una democrazia “malata”, quando invece una democrazia può dirsi “sana”? Che istanze deve rappresentare il Pd per “curarla”?

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Infine, per provare a risolvere la crisi della partecipazione – alle ultime elezioni politiche è stata registrata l’affluenza più bassa della storia della Repubblica – i metodi di coinvolgimento tradizionali appaiono oggi poco efficaci, ha detto Letta. Allo stesso tempo, la politica non ha saputo né sfruttare le possibilità offerte dagli strumenti digitali né introdurre regole che ne scongiurassero i rischi. Bisogna dunque capire quali spazi di partecipazione innovativi – fisici e digitali – può immaginare e far propri il nuovo Pd.

Ma, appunto, gli intervenuti hanno spostato la discussione soprattutto sulla natura del partito. In particolare, raccontano, Alfredo D’Attorre e Roberta Agostini – di Articolo 1 – hanno contestato l’dea della vocazione maggioritaria, sostenendo che quella stagione è ormai finita e che è invece necessario dare al partito una chiara identità di sinistra. Come aggiunge un esponente di Articolo 1: “Non possiamo più essere il partito che rappresenta tutti. Dobbiamo rappresentare una parte, chiaramente, con l’ambizione di governare il paese”. E di quale parte si tratti è chiaro: il Pd deve essere il “partito del lavoro”, e questa scelta di campo deve risultare anche dal nome.

Opinione opposta è stata espressa da Stefano Ceccanti e Walter Verini. Entrambi, viene spiegato, hanno rilanciato proprio la vocazione maggioritaria contestata dalla sinistra, ribadendo la scelta per un assetto bipolare del sistema politico che il Pd deve contribuire a realizzare. E anche l’impianto istituzionale del Paese, è stato il ragionamento, deve essere quello di una democrazia che decide, scoraggiando il trasformismo in Parlamento e favorendo governi di legislatura.

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Di fatto, da un lato un modello prettamente proporzionale che mette al centro il Parlamento, dall’altro uno schema bipolare, di fatto di impianto maggioritario, che rafforza il governo. Un confronto concluso da Letta, che si è sforzato di indicare una linea di mediazione tra le posizioni emerse. Ma, appunto, anche se i toni sono stati più pacati, anche oggi c’è stata la conferma della coesistenza di posizioni molto lontane tra loro all’interno del comitato: da un lato chi immagina un Pd chiaramente collocato a sinistra, in un quadro proporzionale e che tesse una rete di alleanze. Dall’altra chi chiede di recuperare lo spirito originario del Pd, appunto la vocazione maggioritaria e l’ambizione di parlare a più settori della società.

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