Donald Trump, Xi Jinping, Nocolàs Maduro e Vladimir Putin
Caracas torna al centro della partita geopolitica globale. La Cina e la Russia si schierano apertamente a fianco del governo venezuelano mentre gli Stati Uniti stringono la morsa militare e diplomatica su Nicolás Maduro. Ieri il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha offerto sostegno pieno a Caracas, seguito oggi dal portavoce Guo Jiakun che ha denunciato “azioni unilaterali e intimidatorie” americane. Una mossa che segna un passaggio netto nel confronto internazionale sul dossier venezuelano.
Il Venezuela rischia di trasformarsi in un nuovo fronte di frizione tra le grandi potenze, proprio quando i rapporti tra Washington e Pechino sembravano avviati a una fase di parziale distensione dopo l’incontro in Corea del Sud tra Donald Trump e Xi Jinping. L’intervento diretto di Wang Yi arriva mentre l’amministrazione Trump aumenta la pressione su Maduro, evocando l’ipotesi di un blocco delle esportazioni petrolifere già colpite da sanzioni e rafforzando la presenza militare nella regione.
Nel colloquio telefonico con l’omologo venezuelano Yvan Gil, il capo della diplomazia cinese ha ribadito che “Cina e Venezuela sono partner strategici” e che “la fiducia e il sostegno reciproco sono una tradizione delle relazioni” tra i due Paesi. Secondo il resoconto ufficiale diffuso da Pechino, Wang Yi ha affermato che la Cina “si oppone a tutte le forme di unilateralismo e di prepotenza”, un riferimento esplicito alla strategia perseguita dagli Stati Uniti. Il linguaggio utilizzato inserisce la crisi venezuelana nel quadro più ampio della linea diplomatica cinese, da tempo critica verso l’uso di sanzioni e misure coercitive come strumento di politica estera.
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese è tornato oggi sull’argomento con una dichiarazione ancora più netta. Guo Jiakun ha annunciato che Pechino sostiene la richiesta del Venezuela di convocare una riunione urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione. Secondo il portavoce, la Cina ritiene che la comunità internazionale sosterrà Caracas nella difesa dei suoi “legittimi diritti e interessi”, rafforzando così il messaggio politico già lanciato da Wang Yi nelle ore precedenti.
La posizione cinese trova immediata convergenza a Mosca. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato che la Russia vede “un’escalation di tensione nella regione” sudamericana e considera la situazione “potenzialmente molto pericolosa”. Peskov ha invitato tutti i Paesi coinvolti a “esercitare moderazione per evitare uno sviluppo imprevedibile” e ha ricordato che “il Venezuela è nostro alleato, nostro partner. Abbiamo contatti costanti, compresi contatti al più alto livello”. Le parole del Cremlino confermano una lettura condivisa con Pechino, che individua nella pressione statunitense un fattore di destabilizzazione regionale.
Sul piano economico, il sostegno cinese a Caracas poggia su interessi concreti e consolidati. La Cina è da anni uno dei principali sostenitori internazionali di Maduro e uno dei maggiori acquirenti del petrolio venezuelano. Secondo i dati della società di intelligence energetica Kpler, tra ottobre e novembre il Venezuela ha esportato tra 750.000 e 775.000 barili al giorno di greggio. Circa il 20 per cento è finito negli Stati Uniti grazie a una licenza concessa a Chevron, mentre la maggior parte del restante volume è confluita verso il mercato cinese.
Nonostante l’inasprimento delle tensioni con Washington, l’impatto immediato di eventuali interruzioni sulle forniture cinesi appare limitato. L’analista senior di Kpler Muyu Xu ha spiegato che, considerando i volumi già in transito o in stoccaggio galleggiante, “la Cina difficilmente affronterà un problema di approvvigionamento prima di febbraio o addirittura marzo”. Nel complesso, il Venezuela rappresenta circa il 4 per cento delle importazioni petrolifere totali cinesi, una quota rilevante ma non tale da provocare una crisi energetica immediata. Un cuscinetto che consente a Pechino di mantenere una linea dura sul piano diplomatico senza temere conseguenze immediate per la propria sicurezza energetica.
La pressione statunitense sul terreno è diventata intanto più visibile e aggressiva. Gli Stati Uniti hanno rafforzato la presenza militare nella regione e la scorsa settimana hanno sequestrato una petroliera al largo delle coste venezuelane. In un lungo messaggio pubblicato su Truth Social, Trump ha accusato quello che ha definito il “regime illegittimo di Maduro” di usare il petrolio per finanziare “narco-terrorismo, traffico di esseri umani, omicidi e rapimenti”. Il presidente americano ha sostenuto che il Venezuela sarebbe ormai “circondato dalla più grande armata mai assemblata nella storia del Sud America”, un’affermazione che Caracas ha respinto accusando Washington di “bellicismo”.
La crisi venezuelana si inserisce così in una fase delicata dei rapporti tra le grandi potenze. Dopo il recente incontro tra Trump e Xi Jinping e una parziale distensione commerciale, il dossier di Caracas rischia di diventare un nuovo banco di prova per un equilibrio già fragile. Cina e Russia si schierano apertamente sul piano politico e diplomatico a sostegno del governo venezuelano, mentre gli Stati Uniti stringono la morsa militare ed economica. Il rischio è che il Venezuela diventi l’ennesimo terreno di scontro indiretto tra Washington e Pechino, con conseguenze imprevedibili per l’intera regione sudamericana.