Pedofilia, il Vaticano responsablizza i vescovi del mondo

Pedofilia, il Vaticano responsablizza i vescovi del mondo
17 luglio 2020

Concepito al vertice sulla pedofilia voluto dal Papa in Vaticano dal 21 al 24 febbraio del 2019 con i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo, il “Vademecum su alcuni punti di procedura nel trattamento dei casi di abuso sessuale di minori commessi da chierici” pubblicato oggi dalla congregazione vaticana per la Dottrina della fede mette ai vescovi del globo una serie di paletti che ribadiscono la centralità di Roma nel contrasto a “un delictum gravius che costituisce, per tutta la Chiesa, una ferita profonda e dolorosa che domanda di essere guarita”. Quella tra centro e periferia, tra Roma e le Chiese locali, tra spinte centrifughe e centripete è una tipica dialettica di Santa Romana Chiesa. Il Vaticano ha lentamente, ma decisamente, preso atto dell’estensione del dramma degli abusi sessuali sui minori da parte di preti e religiosi, con Benedetto XVI, più che con Giovanni Paolo II, e ancor di più con Francesco.

Jorge Mario Bergoglio ha però sempre avuto chiara la necessità di coinvolgere maggiormente le “periferie” nella vita della Chiesa. Ha caldeggiato l’apertura di una Chiesa “in uscita” a peccatori, non credenti, diversamente credenti, ha potenziato il sinodo dei vescovi, ha cooptato cardinali di tutto il mondo nella riforma della Curia romana. E anche sulla pedofilia ha realizzato, in particolare dopo il suo contrastato viaggio in Cile, che la Chiesa doveva fare decisi passi avanti, e che lo doveva fare coinvolgendo tutti i livelli. A febbraio del 2019, per questo, ha convocato i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo a Roma per un convegno di quattro giorni iniziato con le testimonianze choc di alcune vittime.

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I partecipanti hanno notato, all’epoca, che il primo, e più sottile, frutto di quell’incontro fu permettere alle diverse anime della Chiesa di conoscersi e capirsi: vescovi settentrionali e meridionali, conservatori e progressisti, soprattutto presuli di paesi che hanno già affrontato, e capito, il dramma degli abusi sessuali sui minori, le sue radici profonde e le sue implicazioni devastanti, e presuli di paesi che non hanno ancora colto in pieno il problema, per inesperienza, freni culturali, o tendenza a un certo negazionismo. Con quel vertice, Papa Francesco ha responsabilizzato i vescovi di tutto il mondo. Ora, con il vademecum della congregazione per la Dottrina della fede, dà ai vescovi di tutto il mondo una serie di stringenti indicazioni che sarà opportuno, in necessario, che seguano. Il documento non presenta novità normative, ma ricorda e spiega il diritto canonico esistente, e fornisce indicazioni pratiche e operative. “Concretamente i casi dall`inizio alla fine, ovvero dalla prima notizia di un possibile delitto (notitia de delicto) alla conclusione definitiva della causa (res iudicata)”, ha spiegato il cardinale Luis Ladaria, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. “Tra questi due estremi vi sono tempi da osservare, passaggi da compiere, comunicazioni da attivare, decisioni da prendere”.

Tra le molteplici e dettagliate indicazioni, dalla raccomandazione di non cestinare le denunce anonime alla necessità di non spostare un prete sospetto, dalla raccomandazione di inoltrare le denunce alle autorità civili all’importanza di archiviare ogni decisione relativa alla scelta di non procedere con un processo penale, la congregazione “suprema”, come si diceva una volta, dissemina il testo di una lunga serie di riferimenti al proprio ruolo. Una sottolineatura che ribadisce, così, la linea “centralizzatrice” avviata, in questa delicata materia, dall’allora cardinale Joseph Ratzinger. La congregazione per la Dottrina della fede, “per proprio giudizio, per esplicita richiesta o per necessità, può anche chiedere ad un Ordinario o a un Gerarca terzo di svolgere l`indagine previa”, ricorda il Vademecum.

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Il vademecum sottolinea, poi, che “è consigliabile che l`Ordinario o il Gerarca dia alla CDF (Congregazione della dottrina della fede, ndr.) comunicazione della notitia de delicto e della decisione di soprassedere all`indagine previa per manifesta assenza di verisimiglianza”. Ancora, “se un Ordinario o un Gerarca riscontra problemi per avviare o svolgere l`indagine previa, si rivolga senza indugio alla CDF, per consiglio o per dirimere eventuali questioni”. Inoltre, “può succedere che la notitia de delicto sia giunta direttamente alla CDF, senza il tramite dell`Ordinario o del Gerarca. In tal caso, la CDF può chiedergli di svolgere l`indagine, o, secondo l`art. 17 SST (motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela”, ndr.), svolgerla essa stessa”.

Ancora, “qualora sembri opportuno attendere la fine delle indagini civili per acquisirne eventualmente le risultanze o per altri tipi di motivazione, è bene che l`Ordinario o il Gerarca si consigli in proposito con la CDF In questi delicati atti preliminari, l`Ordinario o il Gerarca può ricorrere al consiglio della CDF (cosa che può avvenire in ogni momento del trattamento di un caso), come anche liberamente consultarsi con esperti in materia canonica penale”. Infine, “l`acquisizione delle risultanze delle indagini civili (o dell`intero processo di fronte al Tribunale statale) potrebbe rendere superflua l`indagine previa canonica. Si deve comunque prestare la dovuta attenzione alla valutazione delle indagini civili da parte di chi deve svolgere l`indagine previa, perché i criteri di esse (per esempio in merito ai tempi di prescrizione, alla tipologia del delitto, all`età della vittima…) possono sensibilmente variare rispetto al prescritto della Legge canonica. Anche in questo caso, può essere consigliabile, in caso di dubbio, ricorrere al confronto con la CDF”. I vescovi sono responsabilizzati. E ormai, fa sapere Roma, non hanno più scuse. askanews

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