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Phica.eu, la vergogna digitale che imbarazza il centrosinistra. Meloni: “Sono disgustata”

“Sono disgustata”. Due parole che suonano come uno schiaffo alla politica italiana, pronunciate dalla premier Giorgia Meloni dopo la scoperta di essere finita anche lei nel mirino del sito Phica.eu, il forum dell’orrore che per due decenni ha violentato digitalmente migliaia di donne. Mentre Palazzo Chigi reagisce con fermezza e chiede “giustizia senza sconti”, il centrosinistra si ritrova ancora una volta a navigare a vista, tra dichiarazioni di circostanza e una strategia che appare frammentata quanto inefficace.

La chiusura del sito, arrivata dopo l’esplosione dello scandalo e una petizione con oltre 140mila firme, certifica la fine di una delle pagine più buie del web italiano. Ma anche l’ennesima occasione mancata per un’opposizione che fatica a trovare la quadra su temi che dovrebbero unire trasversalmente.

Il tardivo risveglio dell’opposizione

“È avvilente constatare che nel 2025 ci sia ancora chi consideri normale calpestare la dignità di una donna nascondendosi dietro l’anonimato”, tuona Meloni al Corriere della Sera. Parole nette, di una leader che non esita a esporsi in prima persona su un caso che la tocca direttamente. Dall’altra parte, il Partito Democratico annuncia una “denuncia collettiva” delle parlamentari, una mossa che suona più come una toppa tardiva che come una strategia lungimirante. La premier invita le vittime a rivolgersi alla Polizia postale e al Garante della privacy, dimostrando una conoscenza degli strumenti giuridici disponibili che manca troppo spesso nel dibattito dell’opposizione. “Nel nostro ordinamento la diffusione senza consenso di contenuti privati è un reato e si chiama revenge porn”, ricorda Meloni, spiegando agli italiani ciò che la politica avrebbe dovuto fare da anni.

Dove erano, viene da chiedersi, quando Phica.eu mieteva vittime da vent’anni? La sensazione è quella di un centrosinistra sempre un passo indietro, capace di reagire solo quando il danno è ormai fatto e l’opinione pubblica si indigna. Elly Schlein, che pure ha fatto della lotta contro la violenza di genere una delle sue bandiere, appare stranamente in sordina su un caso che avrebbe dovuto scatenare la sua veemenza abituale.

Il paradosso delle denunce a orologeria

La senatrice di Italia Viva Raffaella Paita chiede che la questione arrivi in Parlamento, invocando “soluzioni legislative e culturali condivise”. Nobili intenti, se non fosse che il revenge porn è già reato dal 2019, con pene da uno a sei anni di reclusione. Il problema, ancora una volta, non è normativo ma di applicazione e prevenzione. Aspetti su cui l’opposizione ha brillato per assenza negli ultimi anni, preferendo le guerre di posizione alle battaglie concrete.

Il vero interrogativo è anche un altro: perché ci sono voluti vent’anni e uno scandalo mediatico per chiudere un sito che operava alla luce del sole? Perché la Polizia postale si muove solo ora, quando il danno è ormai incalcolabile? Domande scomode che investono trasversalmente la classe politica, ma che pesano di più su chi, dall’opposizione, avrebbe dovuto fare da sentinella sui diritti civili.

Il caso Phica diventa così l’ennesima cartina di tornasole di un centrosinistra che non riesce a capitalizzare nemmeno sui temi più trasversali. Mentre Meloni incassa consensi trasformando l’indignazione in azione politica, l’opposizione si limita a inseguire, sempre in ritardo, sempre divisa, sempre meno credibile.

“Barbarie del terzo millennio”, così la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella definisce il fenomeno, annunciando nuove iniziative di monitoraggio. Il governo non si limita alle parole ma promette fatti, con la Polizia postale già al lavoro per identificare i responsabili attraverso collaborazioni internazionali. Un approccio pragmatico che contrasta con le fumose dichiarazioni di un centrosinistra che sembra più interessato a cavalcare l’onda emotiva che a proporre soluzioni concrete.

L’anatomia di uno scandalo annunciato

Phica.eu non era un segreto. Per due decenni ha operato come uno dei principali hub italiani per la condivisione non consensuale di immagini intime, ospitato su server esteri per sfuggire ai controlli nazionali. I gestori, nell’annunciare la chiusura, hanno parlato di uno “spazio di condivisione personale” usato “scorrettamente da alcuni utenti”. Una giustificazione che insulta l’intelligenza e che le autorità hanno giustamente respinto.

La realtà è quella di una piattaforma nata e cresciuta per calpestare la dignità femminile, trasformando l’intimità in oggetto di scherno e violenza digitale. Un business dell’odio che ha prosperato nell’indifferenza generale, mentre la politica discuteva di quote rosa e parità di genere senza occuparsi delle donne reali, quelle violentate ogni giorno nei forum dell’orrore.

Il codice penale che non basta

L’articolo 612-ter del Codice Penale, introdotto nel 2019, punisce la diffusione di immagini intime con reclusione da uno a sei anni e multa fino a 15mila euro. La Cassazione, con la sentenza 14927 del 2023, ha chiarito che il reato si configura anche per immagini di zone erogene in contesti sessualizzati. Strumenti normativi esistono, ma l’applicazione resta debole.

Il problema non è legislativo ma culturale e operativo. Serve un cambiamento di mentalità che parta dall’educazione digitale nelle scuole e arrivi alla formazione degli operatori di polizia. Serve una rete di protezione che non lasci sole le vittime e che non aspetti gli scandali per attivarsi. Serve, in una parola, quella politica seria che il centrosinistra promette da anni senza mai realizzare.

L’opposizione che non si oppone

Il caso Phica.eu rappresenta l’ennesima occasione sprecata per un centrosinistra che dovrebbe fare dell’agenda sociale la sua forza distintiva. Invece di guidare la battaglia culturale contro la violenza digitale, si ritrova a rincorrere un governo di destra più attento ai diritti delle donne di quanto non sia stata l’opposizione negli ultimi anni.

La petizione per la chiusura del forum ha raccolto 140mila firme in pochi giorni, dimostrando che il Paese è pronto per una svolta. Ma questa energia civile trova nella politica di sinistra un interlocutore debole, diviso, incapace di trasformare l’indignazione in proposta politica credibile.

Mentre Meloni trasforma il caso in un banco di prova della sua leadership, Schlein naviga a vista tra le correnti del suo partito e De Luca affila i coltelli per la resa dei conti finale. Il centrosinistra, ancora una volta, perde l’occasione di essere protagonista del cambiamento. E le donne italiane continuano ad aspettare una politica che sia davvero dalla loro parte.

Pubblicato da
Eleonora Fabbri