L’amministrazione statunitense propone la costruzione di sei nuovi insediamenti residenziali nella porzione della Striscia di Gaza sotto controllo militare israeliano, un piano destinato a ospitare fino a un milione di palestinesi. La proposta, finalizzata a creare una “nuova Gaza” sul lato orientale della Linea Gialla, sta incontrando resistenze da parte di potenziali paesi donatori del Golfo Persico, fondamentali per il suo finanziamento.
Il ritiro completo delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) dalla Striscia è subordinato al successo di una Forza di Stabilizzazione Internazionale (ISF), un contingente di peacekeeping non ancora istituito. Questo corpo, incaricato di garantire il cessate il fuoco e il disarmo di Hamas, rappresenta la condizione preliminare affinché Israele abbandoni il 53% del territorio che attualmente controlla. Fonti diplomatiche confermano che Hamas ha accettato il ritiro dei suoi militanti attraverso corridoi della Croce Rossa, pur non avendo mostrato intenzione di rinunciare alle armi.
Intanto, domenica sera le IDF hanno ricevuto dalla Croce Rossa i resti di tre ostaggi, restituiti da Hamas in base agli accordi di cessate il fuoco. Secondo l’emittente panaraba Al Arabiya, citando fonti di Hamas, tra i corpi vi sarebbe quello del colonnello israeliano Assaf Hamami, ucciso lo scorso 7 ottobre e ritrovato a Khan Younis.
Il piano di ricostruzione americano, sostenuto dal consigliere Jared Kushner, prevede tempi di due anni per la costruzione delle nuove aree residenziali, indipendentemente dal ritiro militare. Tuttavia, l’idea ha incontrato l’opposizione di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, considerati finanziatori chiave. Parallelamente, è allo studio la creazione di una “cintura umanitaria” con 16 centri di distribuzione, elaborata dal Centro di coordinamento civile-militare israeliano di Kiryat Gat.
I mediatori sono al lavoro per ottenere l’approvazione israeliana al piano per il ritiro sicuro dei combattenti di Hamas dalle aree oltre la Linea Gialla. Il gruppo ha già dato il suo assenso all’operazione, che prevede l’uso di mezzi della Croce Rossa attraverso corridoi designati.
L’obiettivo dichiarato è evitare qualsiasi attrito con le unità delle IDF ancora schierate nell’area. La riuscita dell’intera road map dipende dalla costituzione della forza internazionale, il cui mandato operativo rimane l’ostacolo principale da risolvere nel prossimo futuro.