Economia

Pirateria audiovisiva, 2 su 5 piratano film

Un miliardo e 200 milioni di euro: e’ la stima del danno all’economia italiana che, secondo una ricerca realizzata da Ipsos, causerebbe la pirateria audiovisiva. La ricerca commissionata dalla Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali (Fapav), precisa che tale somma corrisponde al fatturato perso da tutti i settori economici italiani a causa della pirateria audiovisiva. Il numero di posti di lavoro a rischio a causa della pirateria audiovisiva sarebbe invece pari a 6.540. A 686 milioni ammonta poi la stima del fatturato perso direttamente a causa della mancata fruizione attraverso i canali legali di film e serie TV piratate nel 2016 (518 milioni per i film, 181 milioni per le serie TV). Sempre secondo la ricerca, a 427 milioni di euro e’ stimato il danno sull’economia italiana in termini di Pil, mentre la stima dei mancati introiti fiscali (Iva, imposte sul reddito e sulle imprese) e’ pari a 198 milioni. Nel 2016, due italiani su cinque (il 39% dell’intera popolazione, per esattezza) almeno una volta hanno guardato illegalmente film, serie TV o programmi televisivi e di intrattenimento. E nel complesso sono stati stimati quasi 669 milioni di atti di pirateria compiuti. E’ quanto emerge da una ricerca realizzata da Ipsos per conto della Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali (Fapav). Nel corso della presentazione della ricerca, avvenuta oggi a Roma, e’ stato sottolineato come questi dati siano “allarmanti”. Inoltre, e’ stato spiegato, i film sono il contenuto piratato piu’ spesso e dal maggior numero di persone: il 33% della popolazione adulta, con oltre 370 milioni di atti di pirateria (oltre la meta’ del totale stimato di atti). Nonostante sia il piu’ diffuso, il fenomeno della pirateria di film risulta inferiore rispetto a sei anni fa: -4% (era 37% nel 2010) e -3% in termini di atti. Sono aumentati nettamente i pirati di serie e di programmi televisivi: nel 2010 erano, rispettivamente, il 13% e l’11% della popolazione, oggi il 22% e il 19%.

La tipologia di pirateria piu’ diffusa, e’ stato ancora spiegato, e’ quella digitale, che coinvolge il 33% della popolazione italiana e mostra un trend in crescita rispetto a sei anni fa. Questo andamento e’ particolarmente evidente guardando alle stime degli atti di pirateria di film: tra il 2010 ed oggi si e’ assistito ad un aumento del 78% degli atti di pirateria digitale. Al contempo sono diminuiti dell’81% e del 50%, rispettivamente, gli atti di pirateria fisica e indiretta. Per scaricare le serie TV, il ricorso a siti BitTorrent e’ diffuso tanto quanto il download da Cyberlocker (57%) mentre i software P2P (peer-to-peer) sono fonte per serie TV solo per il 28% dei pirati. Per i film appare maggiormente diffuso il download da internet (Cyberlocker 59%), senza ricorso a BitTorrent o P2P (54% e 24%, rispettivamente). Per lo streaming, sia di film sia di serie TV, i siti web collegati ai Cyberlocker sono la fonte principe (93%): la ricerca dei siti avviene per lo piu’ attraverso i motori di ricerca online (56%) o grazie al passaparola di amici/conoscenti (42%). Lo streaming attraverso IPTV, seppur fenomeno marginale, appare piu’ diffuso tra i pirati di serie TV (16% vs. 12% tra i pirati di film). Inoltre, se tra gli adulti i pirati risultano essere il 39% della popolazione, tra i piu’ giovani la percentuale e’ superiore: 1 ragazzo su 2 tra i 10 e i 14 anni dichiara di aver visto illegalmente negli ultimi 12 mesi almeno un film, una serie o un programma televisivo. La pirateria di film e’ sempre la piu’ diffusa: nel complesso coinvolge infatti il 46% della popolazione tra i 10 e i 14 anni (vs. 28% programmi TV e 25% serie). Anche in termini di atti di pirateria il film e’ il contenuto piu’ piratato dagli adolescenti, ma meno rispetto a quanto questo conti per gli adulti (46% degli atti vs. 56% per gli adulti). Relativamente alle diverse tipologie di pirateria, come per gli adulti, e’ la pirateria digitale a prevalere (45%): streaming in primis (34%), ma con un peso del prestito di copie digitali (19%) non molto inferiore al download/P2P (22%). E’ stato anche delineato l’identikit del nuovo pirata digitale: e’ principalmente uomo (55%), lavoratore (54%), in posizioni direttive o autonome piu’ frequentemente della media della popolazione italiana, con un titolo di studio mediamente piu’ elevato (62% diplomati).

Questo identikit, viene ancora sottolineato, smonta l’idea diffusa che la pirateria derivi da oggettive difficolta’ economiche. I pirati sono inoltre piu’ giovani della media italiana, specie quelli digitali, e appaiono piu “connessi e tecnologici”: lettori DVD e/o Blu-ray, smart TV e consolle per videogiochi connesse a internet sono strumenti che li caratterizzano piu’ della media. Piu’ degli altri sono inoltre coinvolti o interessati alle forme della cosiddetta “sharing economy” (crowdfunding, couch-surfing, car/bike-sharing, co-working, ecc). E se rispetto a 6 anni fa e’ aumentata tra i pirati adulti la consapevolezza che la pirateria e’ un reato, ed e’ cresciuta anche l’inclinazione ad adottare alternative legali a pagamento, la strada e’ comunque ancora lunga: solo 1 pirata adulto su 4 (e 1 su 5 tra i piu’ giovani) ritiene che piratare possa considerarsi un gesto grave. “I dati presentati oggi – ha detto Federico Bagnoli Rossi, segretario generale Fapav – evidenziano come a fronte della naturale evoluzione del mercato audiovisivo, con una sempre piu’ ampia e diversificata offerta legale di contenuti, frutto di un investimento rilevante dell’industria verso le nuove tecnologie, si sia evoluta anche la pirateria e il livello culturale e di competenza tecnologica di chi compie atti illeciti. L’indagine ci dice che non possiamo abbassare la guardia, che dobbiamo lavorare sempre di piu’ e con maggiore determinazione sul fronte della comunicazione e della sensibilizzazione, soprattutto nei confronti dei nativi digitali. Occorre puntare principalmente su due livelli: da un lato la consapevolezza sulla percezione del reato e dall’altro, in una prospettiva di crescita del mercato, una maggiore responsabilizzazione degli intermediari del web. L’impianto normativo oggi esistente in Italia e’ ancora valido, va solo applicato e implementato con forza da tutti quanti: autorita’, forze dell’ordine, magistratura e operatori”.

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