Premierato, ok a “anti ribaltone”. Ma pesano nuovi dubbi della Lega

Premierato, ok a “anti ribaltone”. Ma pesano nuovi dubbi della Lega
Maria Elisabetta Alberti Casellati
10 aprile 2024

Quando si scrive la Costituzione contano anche le virgole, si usa dire. Che non si tratti di un’iperbole lo dimostra anche il dibattito che ha impegnato questa mattina la commissione Affari costituzionali del Senato che sta esaminando il ddl sul premierato. Accade infatti che una ipotesi di riformulazione – di mero “drafting” secondo il governo – faccia emergere nuove tensioni non soltanto, come ci si può facilmente aspettare, tra maggioranza e opposizione ma anche all’interno dello stesso centrodestra. Tutto ruota intorno all’emendamento presentato dalla ministra delle Riforme, Elisabetta Casellati, all’articolo 4, quello insomma che tratta dei casi in cui il premier eletto può chiedere lo scioglimento del Parlamento e che contiene anche la cosiddetta norma anti ribaltone.

Ieri, un po’ a sorpresa, la maggioranza decide di accogliere una proposta di modifica di Avs che elimina l’aggettivo “volontarie” dalle ipotesi di dimissioni contemplate, appunto, per chiedere la fine della legislatura. “Ci hanno tolto le castagne dal fuoco”, dice un alto esponente di Fratelli d’Italia. E questo perché, a giudizio dei meloniani, si rende più esplicitamente chiaro che un premier abbia questa facoltà anche qualora non ottenga la fiducia su un atto parlamentare. A giudizio di Fdi, insomma, quasi un ‘simu-simul’. Un’interpretazione che non viene sposata da Peppe De Cristofaro, che di quell’emendamento è il proponente. Ma ad aver voluto quell’aggettivo, proprio per tenere aperta la porta a un maggiore arbitrio nella gestione di questo tipo di crisi, all’epoca era stata la Lega nella persona del ministro Roberto Calderoli.

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E infatti, se ieri il Carroccio ha votato la norma senza proferire parola, oggi il suo rappresentante in commissione, Paolo Tosato, ha di fatto riaperto la questione. Tutto parte, appunto, dalla proposta avanzata dal senatore di Fdi, Marcello Pera, di fare delle correzioni “meramente formali” al testo del governo. Un modo per scriverlo più chiaramente in italiano, la sua versione sposata anche dalla ministra e dal relatore Alberto Balboni: una virgola in meno qui, un soggetto precisato in più lì, un “può proporre” che diventa “ha facoltà di chiedere”. Non mero drafting, però, a giudizio della opposizione che chiede al governo semmai di presentare un nuovo emendamento e a quel punto di riaprire anche il termine per i sub. E’ allora che la ministra Casellati decide che per ora è meglio mettere il testo in votazione così com’è e che Balboni annuncia di fatto che per l’aula ci sarà una nuova formulazione. Il via libera alla modifica arriva così a maggioranza, senza sorprese.

Tuttavia, a suscitare stupore è la dichiarazione di voto del leghista che in pratica invita il resto del centrodestra a inserire tra le correzioni due novità di non poco conto. Da una parte esprime dubbi proprio sulla chiarezza della norma nella parte che riguarda le dimissioni in caso di mancata fiducia su un testo, dall’altra colpisce al cuore uno dei bastioni eretti dal melonismo a difesa del premierato, ossia l’idea che non vengano toccati i poteri del presidente della Repubblica. “Io ritengo – dice parlando dei casi di scioglimento – che il presidente della Repubblica debba avere un ruolo notarile, che non ci debba essere il protagonismo visto in altre circostanze”. Protesta il Pd con Dario Parrini: “Una voce all’interno della maggioranza rompe la coltre di ipocrisia e dice la verità, cioè che l’obiettivo numero uno, la conseguenza numero uno di questa riforma è una limitazione pesante delle prerogative e del ruolo del presidente della Repubblica”, sottolinea.

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