Politica

Primi passi del dialogo M5S-Pd. Di Maio: “Chiuso discorso con la Lega”

Non è un giro a vuoto il primo giorno delle consultazioni del presidente della Camera, Roberto Fico, incaricato dal capo dello Stato di verificare la possibilità di un patto di governo fra il Pd e il Movimento 5 stelle. La prima delegazione a presentarsi a Montecitorio è quella del Pd, guidata dal reggente Maurizio Martina, che parla di “fatto nuovo”, chiedendo e in qualche modo anticipando l’annuncio della chiusura delle trattative fra M5S e Lega. Chiusura che Luigi Di Maio, nel tardo pomeriggio, conferma dopo il colloquio con l’ex antagonista interno Fico: “Per me qualsiasi discorso con la Lega si chiude qui”. Altro segnale di fumo non da poco, l’ex vicepresidente della Camera non ribadisce la pregiudiziale sulla premiership che deve andare al candidato indicato dal primo partito del 4 marzo, cioè a lui. Argomento accantonato, per il momento.

Di Maio però non è pronto alla resa “in ginocchio” che qualche parlamentare Pd dice di volere. E se Martina sostiene che “l’asse fondamentale di riferimento sta attorno al programma del Pd, nei contenuti, nelle proposte, nelle idee sviluppate in quel programma”, il leader stellato ribatte: “Non rinunciamo ai nostri valori e alle nostre battaglie storiche: costo della politica, reddito di cittadinanza, lotta al business dell’immigrazione, pensioni, conflitto di interessi”. E avverte: “Qualsiasi contratto di governo dovrà essere approvato dai nostri iscritti sulla piattaforma Rousseau”.

A sciogliere il nodo sarà la direzione nazionale

Il terzo incomodo, Salvini, replica piccato ma prudente, lasciando uno spiraglio a una ripresa del dialogo con Di Maio, Silvio Berlusconi allude a un “governo di tutti”. Ma i riflettori sono ora puntati sul Partito democratico, che si spacca apertamente, con i renziani convinti di essere ancora in maggioranza ma l’ala trattativista che aumenta il suo peso e incassa la svolta del M5S. “Mi arrivano in queste ore molti messaggi di nostri elettori che chiedono chiarimenti sull’incontro con Fico – dice il presidente del Pd, Matteo Orfini -. Oggi abbiamo semplicemente detto che una eventuale apertura a un governo politico col m5s dovra’ essere discussa in direzione. Perche’ noi siamo un partito e le decisioni le prendiamo negli organismi e non sulla base di una telefonata del Casaleggio di turno”. Quindi, annuncia Orfini, “convocherò la direzione il prima possibile. Di Maio in questo momento ci sta chiedendo pubblicamente di fare un accordo sulla base di un confronto programmatico. Per chiarezza, sulla proposta di un accordo per un governo politico Pd-m5s la mia personale posizione resta la stessa di sempre: sono contrario”, conclude Orfini.

A sciogliere il nodo, dunque, sarà la direzione nazionale, che potrebbe essere convocata per lunedì (il M5S invece riunisce i parlamentari giovedì sera), ma c’è un passaggio nel discorso di Di Maio che potrebbe spostare gli equilibri al Nazareno: “Con 338 parlamentari o si va al governo o si va al voto, non esiste l’opposizione. Se dovesse fallire questo tentativo – avverte – per noi si dovrà tornare al voto. Decide il presidente della Repubblica ma se si dovesse fallire adesso, noi chiederemo che gli italiani tornino a esprimersi”. Con questa tempistica, in ogni caso, Fico, che giovedì dovrà riferire al capo dello Stato, Sergio Mattarella, sull’esito della sua “esplorazione”, non potrà che certificare l’apertura di una fase di dialogo, almeno fino al momento del pronunciamento degli organismi dirigenti del Pd. E non è escluso, secondo quanto filtra in ambienti parlamentari, che giovedì mattina Fico compia un secondo giro di consultazioni prima di risalire al Colle (presumibilmente a piedi, visto che questo “stile” pare essere diventato un tratto distintivo, nonostante le polemiche, della sua presidenza).

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