Regling: con prestito Mes Italia risparmierebbe 7 miliardi in 10 anni

Regling: con prestito Mes Italia risparmierebbe 7 miliardi in 10 anni
Il direttore del Mes, Klaus Regling
12 maggio 2020

“L’unica condizione legata alla linea di credito anti crisi pandemica del Mes sarà che il denaro fornito sia utilizzato per spese relative al settore sanitario, ai suoi costi diretti e indiretti”, e “non ci sarà nient’altro, neanche in seguito” in termini di sorveglianza finanziaria speciale; all’Italia, se deciderà di richiederlo, il prestito con scadenza a 10 anni a tassi d’interesse prossimi allo zero permetterà di risparmiare “7 miliardi di euro”. Lo ha affermato il direttore del Mes, Klaus Regling, in un’intervista alle maggiori agenzie di stampa di Italia, Germania, Spagna, Olanda e Francia (Ansa, Dpa, Efe, Anp, Afp,), pubblicata nella sua versione integrale inglese sul sito web del Fondo salva Stati. “Tutti e 19 gli stati membri hanno concordato questo nuovo strumento” e ora “tutti sanno che è disponibile per ognuno di essi. Io non farò alcuna raccomandazione a nessun paese in particolare”, ha detto Regling, rispondendo a una domanda sui paesi che potrebbero chiedere i prestiti del Mes. “I fatti – ha affermato il direttore del Mes – sono chiari: tutti i nostri 19 Stati membri avranno deficit di bilancio molto elevati quest’anno; quindi finanziare una parte di questo deficit in modo sicuro, con bassi tassi di interesse, potrebbe essere interessante per molti paesi. Soprattutto perché non vi è alcuna condizionalità, solo la condizione che il denaro venga speso per i costi del settore sanitario, diretti e indiretti, legati alla pandemia. E questa condizione sarà facile da rispettare da parte di tutti i paesi”.

Regling ha quindi spiegato che siccome si possono ricevere prestiti che valgono fino al 2% del proprio Pil, “ogni paese può effettuare il calcolo del vantaggio in termini di costi”, considerando il livello dei tassi d’interesse che paga per il suo debito, e confrontandolo con quello del Mes è vicino allo 0%. Per la Spagna, ad esempio, visto il rendimento delle sue obbligazioni a 10 anni che oggi è di poco inferiore all’1%, saremmo “appena sotto i 200 milioni di euro all’anno, che in un orizzonte di 10 anni”, la durata del prestito, “arriverebbero a 2 miliardi di euro”. E “se si fa il calcolo per l’Italia”, il risparmio “sarebbe di 7 miliardi di euro, perché i tassi di interesse sono più alti”. “Ma, ovviamente – ha avvertito il direttore del Mes – i tassi di interesse fluttuano ogni giorno, quindi questi sono ordini di grandezza riferiti alla situazione di oggi”. Comunque, ha rilevato, “per metà dei nostri Stati membri ci sarebbero risparmi con il ricorso al prestito del Mes. E in un certo senso si tratterebbe anche di ‘denaro sicuro’, perché noi non scapperemo nella prossima crisi”. Gli Stati membri “sanno che i nostri soldi nel loro paese sono al sicuro: siamo i maggiori creditori, non li ritireremo se c’è un grosso problema”; quindi il ricorso al Mes “è affidabile ed economico. Quindi questi sono i vantaggi. Ma ogni governo – ha ripetuto Regling – deve decidere da solo se vuole fare una richiesta o meno”.

Leggi anche:
Decarbonizzare e non delocalizzare, l'Ue approva nuove norme per industria 

Sulla questione della “sorveglianza finanziaria rafforzata” a cui il Trattato Mes sottopone normalmente i paesi che richiedono i suoi prestiti, Regling ha detto di essere al corrente del fatto, “che sono state sollevate domande in diversi paesi, e non solo in Italia”. E ha sottolineato: “È importante capire che il Mes ha cambiato il suo ruolo rispetto all’ultima crisi, perché quella, la crisi dell’euro, è stata molto diversa. Era stata innescata a causa delle politiche sbagliate in molti paesi per molti anni. Questo è il motivo per cui quei paesi presentavano deficit di bilancio molto elevati, ingenti disavanzi delle partite correnti e commerciali, ciò che indicava una forte perdita di competitività”. Era, ha continuato, “una situazione che doveva essere corretta, e quindi le condizioni dovevano essere mirate a quei problemi. È così – ha osservato il direttore del Mes – che ci siamo fatti la reputazione di essere sempre molto duri. Ma dovevamo essere duri in quel momento perchè c’erano problemi che dovevano essere corretti”.

“Questa crisi – ha rilevato Regling – è diversa. È una crisi che non è stata innescata da politiche sbagliate. Nessun governo può essere incolpato di ciò che sta accadendo in questo momento. È una crisi che colpisce tutti i paesi del mondo, non solo in Europa, e quindi è molto appropriato che la condizionalità che avevamo 10 anni fa non si applichi ora. Quindi – ha insistito -, l’unica condizione legata a questo sostegno anti crisi pandemica ((‘Pandemic Crisis Support’, ndr) sarà che il denaro fornito dal Mes sia speso per questioni relative al settore sanitario, costi diretti e indiretti. Quindi il sostengo del Mes è collegato a questa crisi, in modo molto pertinente, e non c’è nient’altro, neanche in seguito”. Regling ha quindi aggiunto che anche il sistema di allerta rapido (‘Early Warning System’, ndr) previsto dal Trattato Mes, che consiste in un controllo periodico sulla capacità di rimborso dei prestiti ricevuti, non presenta condizioni particolari. “Facciamo – ha spiegato – ciò che fa ogni creditore. Se prendi un mutuo da una banca, la banca vorrà anche esaminare il tuo conto economico una volta all’anno per essere sicuro che il prestito un giorno verrà rimborsato; noi facciamo la stessa cosa. Analizziamo la capacità di rimborso per i prossimi 12 mesi, e se esiste il rischio che i pagamenti dovuti possano non essere effettuati. Tra l’altro, anche 10 anni fa non era diverso”. Insomma, “il sistema di allarme rapido esamina solo i rischi per il rimborso”.

Leggi anche:
Intelligenti, sostenibili e sicure: ecco le autostrade del futuro

Invece, 10 anni fa, tutto “era completamente diverso riguardo alla condizionalità”. Ma “non vi è alcuna giustificazione perché si ripeta ora, in questo tipo di crisi,” quella condizionalità che era prevista allora, ha ribadito il direttore del Mes. Nella lettera dei commissari economici Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovskis al presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno, ha ricordato Regling, “la Commissione ha chiarito che non ci sarà un monitoraggio speciale. La Commissione farà ciò che fa sempre con tutti gli Stati membri. Si chiama sorveglianza e questo è il suo mandato dal trattato Ue. Non ha nulla a che fare con la crisi di oggi”. La Commissione “esaminerà la situazione economica e di bilancio in ogni stato membro. Ma il fatto che un paese possa attingere al sostegno della linea di credito anti pandemica del Mes non porterà a ulteriori controlli o missioni aggiuntive nei paesi”, ha assicurato. Regling ha anche fornito una stima approssimativa dell’ammontare complessivo dei prestiti che realisticamente saranno richiesti: “Sappiamo che in teoria, se tutti e 19 gli Stati membri dell’Eurozona dovessero richiederli e utilizzarli, i prestiti arriverebbero fino a 240 miliardi di euro. Ma questo non accadrà, è molto chiaro. Non tutti i paesi dell’Eurozona li chiederanno, e non tutti coloro che li chiederanno poi li utilizzeranno, e questo è un secondo ‘se’. Facendo una stima molto approssimativa, forse un terzo dei crediti potrebbe essere attivato. Ciò rappresenterebbe 80 miliardi di euro”.

Leggi anche:
Decarbonizzare e non delocalizzare, l'Ue approva nuove norme per industria 

Quanto alla destinazione d’uso dei prestiti, il direttore del Mes ha precisato che “dalla fine della scorsa settimana, ora è abbastanza chiaro, la Commissione europea avrà il compito di monitorare il modo in cui i soldi vengono spesi se un paese decide di attingervi”. In pratica, “ci sono tre elementi: il primo è un costo diretto”, ovvero i costi sanitari “aggiuntivi previsti a causa della pandemia”. Poi c’è “un secondo costo, ed è probabilmente qui che verrà utilizzata una parte importante del denaro: riguarda una determinata quota degli attuali costi del settore sanitario in ogni paese, che sarà ammissibile. Questo perché l’infrastruttura disponibile viene utilizzata anche per la pandemia. Quindi non è solo ciò che deve essere speso per costruire un altro ospedale, ma anche la spesa per gli ospedali esistenti che vengono utilizzati dalle persone che soffrono del virus. Medici e infermieri che erano già lì, e che devono essere pagati, sono stati impegnati per una parte del loro lavoro a far fronte alla crisi”. Il terzo elemento da considerare, infine, “è che alcuni costi indiretti sono costi di contenimento. Perché un certo contenimento è necessario per mantenere bassi i costi complessivi” del sistema sanitario, “che altrimenti sarebbero più alti”, ha spiegato il direttore del Mes. Secondo Regling, “ogni paese che richiede i prestiti del ‘Pandemic Crisis Support’ dovrebbe essere in grado di dimostrare di poter facilmente spendere il 2% del proprio Pil”, calcolato al 2019, “per i costi correlati all’assistenza sanitaria, direttamente e indirettamente. Questo è ciò che conta e la Commissione farà il monitoraggio”, ha concluso il direttore del Mes.

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it


Commenti