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Richiesta di arresti domiciliari per corruzione nella sanità, Cuffaro lascia la segreteria Dc

Salvatore Cuffaro si è dimesso questa mattina da segretario nazionale della Democrazia Cristiana dopo che la Procura di Palermo ha chiesto per lui gli arresti domiciliari con accuse di corruzione e turbativa d’asta. L’ex governatore siciliano ha comunicato la decisione sui social, rassegnando le dimissioni nelle mani del presidente del partito Renato Grassi e del segretario organizzativo nazionale Pippo Enea.

Le dimissioni, definite “irrevocabili” dallo stesso Cuffaro, saranno esaminate dal Consiglio Nazionale della Dc convocato per il 20 novembre. Nel messaggio di commiato l’ex presidente della Regione ha ringraziato “tutti coloro che in questi anni hanno condiviso con me un percorso di impegno e di servizio al Partito”. Il Consiglio dovrà anche definire le successive decisioni organizzative del partito.

L’inchiesta della magistratura palermitana ha rivelato elementi che contraddicono le dichiarazioni pubbliche di Cuffaro degli ultimi anni. Nonostante avesse ripetutamente sostenuto di non voler tornare in politica attiva, le intercettazioni dimostrano che pianificava una nuova candidatura alla presidenza della Regione Siciliana. Per proteggere le sue comunicazioni l’ex governatore utilizzava le utenze telefoniche della moglie e di un collaboratore, Antonio Abbonato.

La rete di informatori nelle forze dell’ordine

Gli investigatori hanno accertato che Cuffaro avrebbe costruito una rete di contatti per anticipare le mosse degli inquirenti. Tra questi figurano un colonnello dei Carabinieri, Stefano Palminteri, e un ex poliziotto, Filippo Paradiso, che secondo l’accusa erano pronti a rivelargli notizie riservate su inchieste in corso.

La cautela nelle comunicazioni dell’ex governatore rappresenta un elemento ricorrente negli atti dell’indagine. Tra i fascicoli dell’inchiesta emerge anche un capitolo sul Ponte sullo Stretto, ricco di omissis e dedicato agli interessi economici suscitati dall’opera infrastrutturale. I dettagli di questa sezione restano però coperti dal segreto investigativo.

Spartizione delle aziende sanitarie regionali

Il nucleo centrale dell’indagine riguarda la gestione della sanità siciliana. Le intercettazioni hanno registrato Cuffaro mentre discuteva della spartizione dei vertici delle aziende sanitarie provinciali. “Noi abbiamo Enna, Palermo e Siracusa” affermava l’ex governatore in una conversazione captata dalla Procura. Per i pubblici ministeri queste parole dimostrano “l’influenza e l’ingerenza nella gestione strategica dei posti di maggiore responsabilità nel mondo della sanità regionale”.

I magistrati sottolineano che le ragioni di tale interesse “sono di immediata intuizione e vanno ravvisate nell’enorme quantità di risorse economiche, e non solo, che circolano in questo settore, sulla cui regolamentazione, gestione e normazione, peraltro, la competenza è regionale”. Il piano ricostruito dagli investigatori prevedeva il controllo di un terzo delle posizioni apicali delle Asp siciliane, specificamente quelle di Palermo, Enna e Siracusa.

Secondo l’ipotesi accusatoria, collocare uomini fidati in posizioni chiave avrebbe permesso a Cuffaro di condizionare l’assegnazione degli appalti e di truccare i concorsi pubblici. L’obiettivo finale sarebbe stato il consolidamento del suo potere nel sistema sanitario regionale, con la possibilità di orientare decisioni che movimentano milioni di euro di risorse pubbliche.

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Redazione