Romanzi, la riscossa di fantascenza e noir

C’erano una volta i generi romanzeschi. Una distinzione formale che negli ultimi decenni sembra avere perso senso, soprattutto alla luce di opere che hanno spesso contaminato i vari ambiti. Il dibattito è stato rilanciato dagli interventi di Michael Cunningham e Ursula LeGuin sulle colonne de La Repubblica, con entrambi gli scrittori a sostenere la necessità di andare oltre.

Una teoria che alcuni scrittori, come per esempio il premio Pulitzer Jennifer Egan, hanno già messo in pratica: nel suo romanzo “Il tempo è un bastardo” la scrittrice americana ha sperimentato molto a livello formale. “Io ho usato PowerPoint e altri espedienti – ci aveva raccontato – ma non sono riuscita a fare molte cose che avrei voluto: avrei voluto che ci fosse un capitolo in forma di poesia epica, un altro in forma di spettacolo teatrale… insomma, molte cose sono rimaste fuori”.

In fondo, a ben guardare, la fantascienza ha storicamente svolto la funzione di raccontare una verità, quella dell’era nucleare, che non trovava spazio nella narrazione ufficiale. E il noir ha indagato in profondità negli abissi del nostro cuore, a volte allontanandosi da Shakespeare, ma sempre guardando allo stesso argomento, ossia l’umano. E sperimentare tra i generi è un’operazione che ha illustrissimi predecessori, come per esempio “Moby Dick” di Melville…

Tra gli autori italiani uno dei casi più interessanti di nuove forme romanzesche è rappresentato dal libro “La produzione di meraviglia” di Gianluigi Ricuperati, che unisce il testo tradizionale a immagini create ad hoc. “Non volevo immagini che si intrecciassero con il testo – ci ha spiegato l’autore – volevo una narrazione puramente per immagini e puramente di testo”.

Senza più vincoli di genere, liberi di amare Joyce quanto “Il signore degli anelli”, forse abbiamo anche l’opportunità di arrivare più vicini a quello che, nelle parole del filosofo francese Alain Finkielkraut, potrebbe essere uno dei molteplici significati della lettura. “Noi – ci ha spiegato durante un’edizione di Festivaletteratura a Mantova – non abbiamo bisogno della letteratura per imparare a leggere, ma ne abbiamo bisogno per sottrarre il mondo alle letture sommarie”.

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