Silvia Salis
“Non siamo contro qualcuno o qualcosa, siamo a favore”. Silvia Salis prende il microfono e traccia una linea di demarcazione netta con la segretaria del Pd. Mentre Elly Schlein lancia l’allarme democratico e ingaggia duelli frontali con Giorgia Meloni, la sindaca di Genova rilancia con una ricetta opposta: proposta anziché contrapposizione, futuro anziché scontro. Accade al debutto romano di “Progetto Civico Italia”, la nuova creatura politica partorita dall’assessore capitolino Alessandro Onorato sotto la regia di Goffredo Bettini. Una rete di amministratori locali del centrosinistra senza etichette di partito che punta dritta a costruire la terza gamba riformista dell’opposizione.
La platea racconta tutto. Prima fila blindata: Gaetano Manfredi, Stefano Bonaccini, Alessandro Alfieri, Roberto Gualtieri e naturalmente Bettini, l’architetto politico dell’operazione. Sindaci che hanno vinto sul territorio senza sventolare bandiere troppo ingombranti, amministratori che incarnano quella dimensione civica che Onorato vuol trasformare in forza nazionale. E poi il colpo di scena: Giuseppe Conte arriva a sorpresa, non annunciato, e la sua presenza certifica che il progetto ha gambe per camminare. Le telecamere però cercano soprattutto lei, Silvia Salis, già nel mirino di Renzi come possibile candidata premier alle primarie di coalizione. E la sindaca non delude.
“Io non credo che sia il caso di attaccare, credo si debba proporre una politica diversa”, scandisce. “Una politica di proposta, non una parte contro l’altra. In questa politica urlata, di polemiche, devi parlare di quello che hai da dare, non di quello che hai più degli altri”. Parole che suonano come un manifesto alternativo alla linea Schlein, un contraltare alla dialettica dello scontro che la segretaria dem ha scelto come cifra distintiva. La sindaca genovese va oltre e affonda: “Basta questa corsa a chi è più di sinistra, a chi è più di centro, a chi è più radicale. Basta! Non è una gara a chi è più qualcosa. È una gara a stare uniti”.
L’arrivo non annunciato del leader M5s dà all’iniziativa uno spessore politico immediato. Bettini lo accoglie con un omaggio pubblico: “In questi anni hai fatto un lavoro difficile e fruttuoso, hai trasformato il Movimento, nato anti-politico, in una forza di governo”. Ma soprattutto gli regala le parole che Conte aspettava da tempo: “Non lasciamo la sicurezza alla destra e non trasformiamo il campo largo in una gabbia dentro la quale pretendere una disciplina impossibile. Ognuno deve avere autonomia, libertà di intercettare il proprio elettorato, da Fratoianni a Matteo Renzi”.
Il passaggio sembra cucito addosso all’ex premier, che da sempre rivendica spazio di manovra per i 5 Stelle senza costrizioni da alleati ingombranti. Conte incassa, ricambia e si sfila: “Ho ascoltato con interesse la relazione di Onorato. Ognuno deve lavorare per la sua forza politica, ma sono molto interessato a dare un contributo per un progetto fortemente marcato nel segno del progressismo”. Traduzione: il Movimento c’è, ma mantiene la sua identità. La geometria variabile del campo largo trova nel Progetto Civico un nuovo tassello che potrebbe risultare decisivo.
La presenza di Bonaccini assume una doppia valenza, tutta interna al Pd. Il presidente dem porta il sigillo ufficiale del partito all’iniziativa, ma deve fare i conti con una minoranza in rivolta che venerdì a Milano sancirà formalmente la scissione. I cosiddetti ribelli della corrente riformista non digeriscono affatto l’operazione Onorato-Bettini: per loro significa subappaltare all’esterno la rappresentanza delle posizioni moderate, sottrarre spazio alle anime riformiste che vivono dentro il Pd. Una battaglia nel partito che s’intreccia con la sfida più ampia per la leadership dell’opposizione.
Qui si gioca la partita vera. Silvia Salis si muove con determinazione crescente e la sua proposta politica – antidemagogica, propositiva, lontana dalla retorica dello scontro permanente – potrebbe rappresentare un’alternativa credibile allo schema attuale imperniato sull’asse Pd-M5s-Avs. La sindaca genovese rivendica un progressismo pragmatico, capace di parlare ai moderati senza rinnegare i valori della sinistra. Un profilo che Renzi ha già individuato come spendibile alle primarie, e che Schlein dovrà marcare stretto se non vuole vedersi soffiare consensi e leadership.
Onorato respinge l’etichetta di moderato (“Non sono moderato nemmeno di carattere”), ma di fatto costruisce uno spazio politico che guarda a quell’elettorato stufo delle polarizzazioni ideologiche e delle schermaglie quotidiane. Un’area che potrebbe dilatarsi rapidamente se il progetto riuscirà davvero a federare sindaci vincenti e amministratori radicati nei territori, trasformando il consenso locale in massa critica nazionale.
Il cantiere riformista si affolla. Accanto alla Casa di Renzi ora c’è il Progetto Civico di Onorato-Bettini, con Salis in prima linea a dettare una linea politica che stride con quella della segretaria dem. Il campo largo si allarga ancora, ma rischia di trasformarsi in un puzzle complicato dove i pezzi faticano a incastrarsi. E dove la battaglia per la leadership potrebbe consumarsi non solo tra destra e sinistra, ma dentro lo stesso fronte progressista.