Politica

Sanchez prepara strategia elettorale, premier spagnolo nella “rete” indipendentista

Con la prevedibile bocciatura della legge di bilancio, il governo di minoranza guidato da Pedro Sanchez è arrivato al suo capolinea politico: al premier socialista spagnolo resta ora decidere ed annunciare venerdì la data delle elezioni anticipate. La mozione contro la totalità della legge di bilancio – cioè prima ancora del dibattito dei singoli articoli del provvedimento – presentata dalla destra del Partido Popular e Ciudadanos e dai partiti indipendentisti catalani, è stata approvata oggi con 191 voti su 250. Questo genere di mozione era stata approvata solo una volta in passato, nel 1995, sotto il governo del socialista Felipe Gonzalez: anche in quel caso l’esecutivo dovette indire delle nuove elezioni. Poco dopo la bocciatura nell’aula del Congresso l’annuncio, da fonti di governo, che Sanchez avrebbe indicato le data delle nuove elezioni venerdì.

Un epilogo che tuttavia per il premier potrebbe rivelarsi il meno doloroso a lungo termine; per il leader del Psoe infatti la situazione in cui si era venuto a trovare potrebbe riassumersi in una semplice alternativa: finire la legislatura e perdere quasi sicuramente le elezioni del 2020, oppure gettare la spugna ma conservare qualche chance di riconferma nel 2019. Secondo la stampa spagnola la data più probabile del voto anticipato è il prossimo 28 aprile. Per portare a termine il mandato infatti Sanchez doveva necessariamente far approvare la legge di bilancio, e data l’aritmetica elettorale della sua coalizione ciò passava necessariamente per i voti dei partiti indipendentisti catalani, Erc e PdeCat. Ora, quando Sanchez ha fatto qualche (timido) passo conciliante nei confronti di Barcellona i risultati sono stati prima il tracollo alle regionali andaluse e poi una manifestazione di piazza a Madrid di tutta la destra unita, prove tecniche di una possibile futura coalizione. Un esito che ha convinto Sanchez a prendere le distanze dagli indipendentisti, il che ha condannato di fatto il suo governo (dato che sia Erc che Pdecat hanno ritirato il loro sostegno alla finanziaria) ma è servito a dimostrare alla destra – e anche a una buona parte del proprio elettorato – di non aver stretto alcun “patto segreto” con il governo regionale di Barcellona, spuntando così la principale arma elettorale del trio Partido Popular-Ciudadanos-Vox.

In altre parole, Sanchez si è preparata una “narrativa elettorale” in cui scaricherà la responsabilità della sua caduta sulla destra e gli indipendentisti, accomunati come minaccia alla Spagna “progressista”, sperando in tal modo di mobilitare i propri elettori per una missione che si annuncia ora come ora assai difficile. Le ultime rilevazioni – effettuate peraltro prima della bocciatura della legge di bilancio – danno infatti la suddetta Spagna progressista (Psoe più Unidos Podemos) in forte svantaggio: avrebbe il 39% delle preferenze, traducibile in 142-147 seggi contro il 51% e i 176-185 della destra, che, con l’esordio su base nazionale di un’alleanza con la nuova ultradestra di Vox, sarebbe accreditata quindi della maggioranza assoluta. Si vedrà quindi nelle prossime settimane se la strategia elettorale di Sanchez darà i suoi frutti: a breve termine è probabile un maggior irrigidimento nei confronti degli indipendentisti – nel pieno del processo apertosi ieri alla Corte Suprema – nella speranza che dalle urne esca una maggioranza più solida e legittimata a poter fare se necessario delle concessioni senza timore di pagare un prezzo immediato. Ad ereditare il confitto catalano e con ogni probabilità la sentenza del processo sarà infatti il prossimo esecutivo: un trionfo della destra allontanerebbe ancora di più le prospettive di una soluzione politica della crisi con Barcellona.

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