Politica

Sfiducia a Schifani, in Sicilia parte la caccia ai 36 voti: opposizioni in pressing sulla maggioranza

Renato Schifani

La mozione di sfiducia al presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, riapre lo scontro politico all’Ars e avvia una fase di possibile contropiede istituzionale. Pd, M5s e Controcorrente hanno formalmente depositato il documento che ricostruisce le ragioni della sfiducia e ha raccolto al momento 23 firme. La cifra è nettamente al di sotto della soglia necessaria per far cadere l’esecutivo — 36 voti, la maggioranza assoluta dell’Aula — ma sufficiente per trasformare la questione in un banco di prova della tenuta della maggioranza.

La sfida dei numeri e il messaggio alle forze di maggioranza

La mozione non nasce esclusivamente come un tentativo immediato di rovesciare il governo, ma come leva politica per misurare crepe, malumori e disponibilità al dissenso all’interno del perimetro maggioritario. I promotori intendono costringere ogni deputato a prendere una posizione pubblica, con l’effetto collaterale di mettere in evidenza eventuali defezioni o fragilità interne. Per approvare la mozione è necessario il voto favorevole di 36 deputati — la maggioranza assoluta dell’Assemblea regionale siciliana.

Ismaele La Vardera, fondatore di Controcorrente e tra i promotori, ha invitato pubblicamente deputati della maggioranza ad avere “il coraggio” di firmare. La Vardera ha dichiarato di aver avuto contatti “con due deputati” del fronte opposto, alimentando la narrazione di malumori interni al gruppo di governo.

Sul piano politico il Partito democratico si presenta con un approccio misurato: riconosce le difficoltà numeriche ma non rinuncia a un’azione che consideri necessaria per rompere il blocco d’inerzia che, a giudizio dell’opposizione, caratterizza l’esecutivo.

Michele Catanzaro, capogruppo del Pd all’Ars, ha chiarito che “partiamo in salita ma non abbiamo preclusioni”, ribadendo l’apertura a eventuali adesioni esterne. Per il Movimento cinque stelle, attraverso la voce del presidente del gruppo Antonio De Luca, la mozione è un test di chiarezza: chi firma dichiara di essere contro il governo, chi non lo fa si pone nella sfera della complicità. Un’operazione, nelle parole del M5s, finalizzata a presentare una fotografia chiara all’elettorato.

I numeri all’Ars

Situazione numerica stimata relativa alle posizioni dichiarate sulla mozione di sfiducia.
Schieramento / Gruppo Seggi totali Posizione dichiarata Voti stimati
Partito Democratico (Pd) 11 Favorevole 11
Movimento 5 Stelle (M5s) 11 Favorevole 11
Controcorrente 1 Favorevole 1
Sud chiama nord (Scn) 3 Favorevole (annuncio) 3
Totale favorevoli dichiarati 26
Maggioranza di centrodestra (Forza Italia, FdI, Lega e alleati) 40 Contraria 40
Indipendenti / Non collocati 4 Variabile 4
Soglia di approvazione 36 voti

Le motivazioni della mozione: dossier tematici

Il documento presentato dall’opposizione sintetizza criticità su ambiti strategici: gestione dei rifiuti, sanità, infrastrutture, politiche di bilancio e la percezione di una maggioranza alle prese con conflitti interni. Le tabelle seguenti riassumono le contestazioni principali e il loro impatto politico.

Sintesi delle principali contestazioni rivolte al governo Schifani.
Area di intervento Criticità sollevata Impatto politico
Gestione rifiuti Ritardi negli impianti, emergenze locali non risolte Percezione di inefficienza amministrativa
Sanità Liste d’attesa, carenze di personale, governance frammentata Perdita di fiducia sui servizi essenziali
Infrastrutture Progetti a lentezza di attuazione su strade, ferrovie e portualità Rallentamento dello sviluppo economico regionale
Bilancio regionale Manovre giudicate insufficienti per rilancio strutturale Critiche alla strategia economica dell’esecutivo
Rapporti interni alla maggioranza Conflitti pubblici tra assessori e gruppi, segnali di frattura Aumento della percezione di instabilità politica

Cateno De Luca e la mossa di Sud chiama nord

Nel pomeriggio è giunta la notizia che i tre deputati di Sud chiama nord voteranno la sfiducia, una decisione che alza a 26 il numero teorico dei favorevoli. Tuttavia l’adesione di Scn non è stata accompagnata da un sostegno politico alle ragioni dell’opposizione: Cateno De Luca ha infatti definito l’operazione del Pd-M5s come “mera propaganda” se condotta senza i numeri necessari.

Nelle sue parole, la scelta “seria e coraggiosa” sarebbe un’altra: le dimissioni collettive per evitare quello che ha definito lo spettacolo dell’indignazione retribuita. La mossa introduce dunque un elemento di ambiguità: appoggio formale al gesto ma critica sostanziale alla strategia dell’opposizione.

Gli scenari possibili

Tre scenari ipotetici e le relative conseguenze politiche.
Scenario Probabilità stimata Conseguenze politiche
La mozione passa (36+ voti) Molto bassa Caduta immediata del governo; crisi istituzionale; probabili nuove elezioni o governo di transizione
La mozione non passa ma emergono defezioni nella maggioranza Media Indebolimento dell’esecutivo; possibili rimpasti; tensioni crescenti dentro il centrodestra
La mozione fallisce senza sorprese Alta Rafforzamento politico di Schifani; opposizione chiamata a ricalibrare la strategia

Qual è il vero obiettivo dell’operazione?

Considerata l’attuale geografia numerica, l’obiettivo realistico delle opposizioni non è tanto la caduta immediata del governo quanto la messa alla prova della sua coesione. In questo senso la mozione si configura come uno strumento di pressione: produce informazioni politiche utili — defezioni, alleanze inattese, segnali di instabilità — e crea un terreno mediatico che costringe il centrodestra a rispondere pubblicamente.

Per il governo, la sfida consiste nel trasformare la situazione in un’opportunità per consolidare i gruppi e neutralizzare equivoci. Per l’opposizione, viceversa, l’operazione mira a trasformare la mancanza di numeri in un vantaggio d’immagine, costringendo la maggioranza a esporsi in una fotografia pubblica che può essere sfruttata in chiave elettorale e comunicativa.

Prossime mosse e calendario politico

Nei giorni successivi si prevede un’intensa attività di consultazioni: incontri interni alle forze di maggioranza, sondaggio delle posizioni tra i non allineati e iniziative di comunicazione coordinate dall’opposizione. L’Aula sarà il luogo in cui si valuterà con precisione la consistenza del movimento trasversale ipotizzato dagli oppositori.

Se emergessero defezioni significative il percorso potrebbe rapidamente evolvere verso rimpasti o, in casi estremi, verso una crisi istituzionale che richiederebbe una soluzione politica a livello regionale. In assenza di sorprese, invece, la sfiducia resterà un momento simbolico e diagnostico della legislatura.

La mozione di sfiducia a Renato Schifani è oggi soprattutto uno strumento per misurare la tenuta del sistema politico regionale. Al di là dei numeri immediati, il voto porterà chiarezza su alleanze, frizioni e disponibilità a cambiare campo. Per questo motivo l’attenzione nei prossimi giorni non sarà solo sul dato aritmetico, ma sulle dinamiche di posizionamento che il documento ha saputo innescare.

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Redazione