Mentre il Governo e la maggioranza sono impegnati sull’iter parlamentare della Legge di Bilancio (la cui opposizione più dura, finora, è venuta dai due sindacati che hanno indetto lo sciopero generale), i partiti sembrano più concentrati a prepararsi all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Pertanto, con alcune eccezioni – che vedremo fra poco – la dialettica politica sembra essersi in qualche modo “messa in pausa”. In particolare, nelle ultime settimane si sono affievolite (e di molto) le polemiche relative agli strumenti di contrasto alla pandemia, segnatamente il cosiddetto “Super Green Pass” e la campagna per la terza dose di vaccino.
Non si contano più, ormai, i sondaggi che certificano un vasto e trasversale orientamento favorevole degli italiani nei confronti di questi strumenti, la qual cosa – insieme alla preoccupazione per la variante Omicron, di cui sono stati accertati diversi casi anche in Italia – sembra aver indotto anche le forze politiche meno entusiaste (cioè Lega e FDI) a mettere da parte le polemiche. Tutto questo sembra aver avuto un qualche effetto sulle intenzioni di voto: infatti, secondo la Supermedia dei sondaggi di questa settimana, è il centrodestra ad aver fatto registrare il maggior aumento di consensi negli ultimi 15 giorni. In questo lasso di tempo, infatti, hanno guadagnato terreno sia i 3 partiti principali – FDI, Lega e Forza Italia – sia i “cespugli” centristi della coalizione. Anche il Partito Democratico però ha guadagnato qualcosa (+0,4%), il che consente ai democratici di mantenersi al primo posto tra i partiti.
Chi perde terreno è, ancora una volta, il Movimento 5 Stelle (15,4%); ma anche Azione di Carlo Calenda, che perde ben mezzo punto. È possibile che entrambi i partiti stiano pagando la forte ostilità reciproca che li ha contraddistinti nell’ultimo periodo, alimentando polemiche che probabilmente agli italiani interessano poco. Come si diceva, però, ad aver tratto i maggiori benefici nell’ultimo periodo sembra essere stato il centrodestra. Dopo alcune settimane di “crisi” (le virgolette sono d’obbligo, vista la tenuità della flessione registrata in precedenza), la coalizione conservatrice guadagna ben 2,3 punti. L’inversione di tendenza emerge in modo evidente osservando il grafico con lo storico da inizio legislatura (in particolare, la parte finale della linea azzurra). A fronte di una grande instabilità riscontrata tra i partiti (che negli ultimi anni si sono scambiati posizione numerose volte, anche per ciò che riguarda la vetta alla classifica), questo grafico ci ricorda che a livello aggregato le preferenze degli italiani si distribuiscono in modo molto più stabile nel tempo. Da quasi tre anni, e con pochissime eccezioni, il centrodestra si mantiene infatti entro una forbice compresa tra il 45 e il 50% dei voti virtuali.
Ma come si tradurrebbero questi numeri in seggi, in caso di elezioni? Questa è la domanda che si fanno – più o meno costantemente – gli osservatori dei partiti, per misurare le possibilità di vittoria (o, più semplicemente, di rielezione) di ciascun attore in campo. Possiamo provare a dare una risposta con le simulazioni di YouTrend per Cattaneo Zanetto, realizzate da Giovanni Forti e Alessio Vernetti basandosi sulla Supermedia della settimana scorsa. La premessa necessaria è che, con la legge elettorale in vigore, esistono diversi scenari possibili a seconda di come i partiti scelgono di coalizzarsi per presentare candidati comuni nei collegi uninominali. La simulazione ipotizza quindi tre diversi scenari. Nel primo (scenario A) si ipotizza uno scenario tripolare, con i giallo-rossi da un lato (PD, M5S, sinistra e Verdi), il centrodestra sovranista dall’altro (Lega-FDI) e in mezzo una coalizione composta dai vari pezzi centristi con l’aggiunta di Forza Italia.
Questo “centro largo”, secondo la nostra simulazione, risulterebbe decisivo per la formazione di un governo, dal momento che la coalizione giallo-rossa vincerebbe una maggioranza solo relativa di seggi, restando – leggermente – al di sotto di quella assoluta. Diversa la situazione nello scenario B, dove si ipotizza che Forza Italia e Toti restino coalizzati con Lega e FDI: in tal modo, il centrodestra diventerebbe nettamente più competitivo della coalizione giallo-rossa, vincendo molti più collegi uninominali rispetto allo scenario A, e conquistando una –pur risicata – maggioranza assoluta sia alla Camera (202 seggi su 400) che al Senato (101 su 200). Negli uninominali, il CDX unito risulterebbe ampiamente favorito in quasi tutto il Nord, compresi settori dell’Emilia, della Romagna e della Toscana, ma anche in circa metà dei collegi dell’Italia centro-meridionale, dall’Abruzzo alla Sicilia.
Ma esiste anche un terzo scenario, forse un po’ meno realistico: quello in cui nel centrosinistra viene a crearsi effettivamente un “campo largo” come quello teorizzato dal segretario del PD Enrico Letta, una mega-coalizione che tenga insieme dal M5S a Renzi, da Calenda alla sinistra radicale. Il centrodestra sarebbe favorito in quasi tutti i collegi del Nord e in buona parte di quelli della fascia centrale del Paese che va dal Lazio all’Abruzzo, mentre numerosi seggi del Sud risulterebbero in bilico, in particolare tra Puglia e Sicilia. Nello scenario C si avrebbe quindi una sorta di riedizione delle elezioni politiche del 2006, con due sole coalizioni a fronteggiarsi: una di centrodestra “tradizionale” e una, molto più frammentata ed eterogenea, di centrosinistra. Quest’ultima, grazie a un lieve vantaggio in termini di voti assoluti (50% circa contro 47%), e soprattutto grazie a una distribuzione territoriale dei voti leggermente migliore, avrebbe la maggioranza assoluta sia alla Camera che al Senato, vincendo molti più collegi uninominali rispetto al centrodestra (85 contro 60 alla Camera, 45 contro 27 al Senato).
Ciascuno scenario, ovviamente, presenta limiti in termini di verosimiglianza: in altre parole, è molto difficile ipotizzare ad oggi, a 15 mesi dalla fine della legislatura, come saranno effettivamente composte le coalizioni che si affronteranno alle urne; inoltre, come abbiamo visto più volte, gli equilibri possono cambiare anche in modo radicale nei mesi – e persino nelle settimane – che precedono il voto, rendendo vana qualunque proiezione. Infine, c’è da fare una considerazione nient’affatto banale: anche grazie alla recente riforma che ha ridotto di oltre un terzo il numero di seggi parlamentari, chiunque vincerà le prossime elezioni potrà disporre, nella migliore delle ipotesi, di una maggioranza parlamentare basata su una manciata di seggi di vantaggio. Anche nella prossima legislatura, quindi, la ricerca di una soluzione per formare un governo stabile potrebbe rivelarsi molto complicata. (Agi)