In un momento di profonda trasformazione per la Chiesa d’Inghilterra, Re Carlo III ha approvato la nomina di Sarah Mullally come prima donna a ricoprire il ruolo di arcivescova di Canterbury, il massimo vertice spirituale degli anglicani. L’annuncio, reso noto dal governo britannico, segna un epochale cambiamento in un’istituzione millenaria, con Mullally che assumerà l’incarico a gennaio e sarà insediata ufficialmente in una cerimonia alla Cattedrale di Canterbury il prossimo marzo 2026.
Sarah Mullally, 63 anni, attualmente vescova di Londra, porta con sé un background unico: ex infermiera di professione e madre di due figli, rappresenta un ponte tra il servizio sanitario e il ministero ecclesiastico. La sua ascesa arriva in un contesto di crisi, sostituendo Justin Welby, l’arcivescovo uscente costretto alle dimissioni nel novembre 2024 dopo accuse di aver coperto abusi sessuali su minori all’interno della Chiesa.
Il primo ministro britannico Keir Starmer ha accolto la notizia con entusiasmo, definendola “un passo avanti storico”. “La Chiesa d’Inghilterra è un pilastro fondamentale per il nostro Paese: le sue chiese, cattedrali, scuole e opere benefiche tessono il tessuto delle nostre comunità”, ha dichiarato, sottolineando il ruolo sociale dell’istituzione oltre i confini religiosi.
Paradossalmente, è stato proprio Welby a spianare la strada a questa nomina. Durante il suo decennio alla guida, le riforme da lui promosse hanno finalmente aperto le porte alle donne nei ruoli vescovili, culminando in un cambiamento che Welby stesso aveva sostenuto con convinzione. La consacrazione delle prime donne a prete risale al 1994, ma ci sono voluti altri vent’anni – fino al 2014 – perché una di loro potesse ascendere al rango di vescova, un’evoluzione che oggi sboccia nel soglio di Canterbury.
Sopra Mullally, come arcivescova, svetta solo il sovrano in carica, Re Carlo III, in qualità di Governatore Supremo della Chiesa d’Inghilterra. Questa struttura gerarchica risale al XVI secolo, quando Enrico VIII, con l’Atto di Supremazia del 1534, ruppe i legami con Roma e si proclamò “Capo Supremo in terra” dell’istituzione, fondando di fatto la Chiesa anglicana.
La scelta di Mullally è frutto di un meccanismo secolare, gestito dalla Commissione per le Nomine della Corona, presieduta da Jonathan Evans, ex direttore dell’MI5, il servizio di intelligence interno britannico. Composta da 17 membri votanti, la commissione identifica un candidato di preferenza, sul quale il primo ministro – in questo caso Starmer – esprime il suo assenso formale. L’ultima decisione, tuttavia, spetta al monarca, che ratifica la nomina con un sigillo di approvazione reale.
Questa procedura, intrisa di riservatezza e tradizione, garantisce che il leader spirituale rifletta i valori contemporanei della nazione, pur rispettando le radici storiche. Con Mullally al timone, la Chiesa d’Inghilterra si affaccia a un’era di maggiore inclusività, pronta a affrontare le sfide del XXI secolo con una voce femminile per la prima volta nella sua storia.