Strage antisemita a Bondi Beach: 16 morti durante Hannukkah, ucciso il rabbino

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È salito a 16 il bilancio delle vittime dell’attacco armato avvenuto a Bondi Beach, a Sydney, tra cui un bambino. Una tragedia che ha avuto come teatro la spiaggia simbolo dell’Australia. Domenica sera (orario locale), mentre duemila ebrei celebravano l’inizio di Hannukkah a Bondi Beach, due uomini armati hanno preso di mira la comunità ebraica aprendo il fuoco sulla folla. Tra le vittime anche il rabbino di Sydney Eli Schlanger oltre una trentina di feriti. Un attacco che il premier del Nuovo Galles del Sud, Chris Minns, non esita a definire: “Hanno deliberatamente preso di mira gli ebrei nel giorno della loro festa. È antisemitismo puro”.

Gli aggressori sono un uomo di 50 anni ed uno di 24 che sono padre e figlio, quello di 50 anni è morto, quello di 24 al momento è in ospedale”, ha detto il commissario di polizia Mal Lanyon, sottolineando che gli attentatori erano solo due e la polizia “non sta cercando nessun altro aggressore” per l’attacco di ieri. Ha poi aggiunto che il padre aveva licenze per sei diverse armi da fuoco, lo stesso numero delle armi trovate sul luogo dell’attacco. “Le indagini balistiche determineranno se queste sei armi sono quelle che erano state autorizzate all’uomo ma anche usate per l’attacco di ieri”, ha aggiunto il capo della polizia.

L’attacco è scattato alle 18.45 ora locale lungo Campbell Parade, nel cuore delle celebrazioni della “festa delle luci”. Due uomini vestiti di nero, volto coperto, sono scesi da un veicolo e hanno aperto il fuoco con fucili semiautomatici contro le famiglie ebraiche radunate per accendere la menorah. Non un attacco casuale, non una sparatoria indiscriminata: un pogrom in piena regola su una spiaggia australiana nel 2025. Un video girato tre minuti prima delle 18.45 mostra centinaia di persone in fuga mentre risuonano i colpi. “Pensavamo fossero fuochi d’artificio per la festa”, racconta Elizabeth Mealey, ex giornalista. “Poi abbiamo capito: stavano sparando sugli ebrei”.

L’antisemitismo colpisce nel giorno sacro

La scelta del momento non è casuale. Hanukkah non è solo una festa religiosa: è la celebrazione della resistenza ebraica, della vittoria contro chi voleva cancellare l’identità ebraica. L’accensione pubblica delle candele è un gesto di affermazione, di visibilità, di rifiuto di nascondersi. Colpire proprio in quel momento significa una cosa sola: voler terrorizzare gli ebrei, impedire loro di vivere apertamente la propria identità. “È esattamente questo che l’antisemitismo ha sempre fatto”, spiega Jeremy Leibler, presidente della Federazione Sionista d’Australia. “Colpire gli ebrei quando si mostrano, quando celebrano, quando esistono pubblicamente. La comunità ebraica è sotto shock ma non si nasconderà”.

Un fruttivendolo di Sydney ha disarmato uno degli attentatori con un gesto di straordinario coraggio. Le riprese mostrano l’uomo accovacciato dietro un’auto che si precipita verso il killer mentre questi spara. Gli salta addosso, gli strappa il fucile e lo punta contro di lui. La polizia ha identificato il secondo attentatore fermato: Naveed Akram, 24 anni, ora in condizioni critiche. Nell’ambito delle indagini, un uomo e una donna sono stati arrestati. Un ordigno esplosivo improvvisato è stato trovato nell’auto di uno dei killer. “L’ordigno era collegato all’attentatore deceduto”, ha dichiarato ancora Lanyon. Sul posto è intervenuta un’unità per lo smaltimento bombe.

“Volevano colpire gli ebrei perché ebrei”

Il premier del Nuovo Galles del Sud, Chris Minns, non usa giri di parole nella conferenza stampa: “Questo attacco ha deliberatamente preso di mira la comunità ebraica di Sydney. Non c’è altro modo di dirlo: è stato un attacco antisemita. Quella che avrebbe dovuto essere una notte di pace e gioia è stata distrutta da questo orribile atto di odio antiebraico. Il nostro cuore sanguina per la comunità ebraica australiana”. Il primo ministro Anthony Albanese aggiunge: “Gli ebrei australiani hanno il diritto di celebrare le loro festività senza paura. Questo attacco ci riguarda tutti, perché quando si colpisce una comunità per la sua identità, si colpisce la democrazia stessa”.

Tra le vittime c’è il rabbino Eli Schlanger, guida spirituale della comunità ebraica di Sydney. Un uomo che dedicava la vita al dialogo, all’educazione, alla costruzione di ponti. Ucciso mentre celebrava la festa della luce. “Il rabbino Schlanger rappresentava tutto ciò che l’antisemitismo odia”, dice un membro della comunità. “La cultura ebraica viva, visibile, orgogliosa. Lo hanno ucciso per questo”. L’Unione Giovani Ebrei d’Italia sottolinea: “L’attacco durante Hanukkah è un messaggio preciso. Vogliono che gli ebrei tornino a nascondersi, a celebrare in privato, a vivere nella paura. È esattamente ciò che Hanukkah commemora e rifiuta: la pretesa di cancellare l’identità ebraica”.

L’ondata antisemita che attraversa il mondo

Uno degli attentatori

L’attacco di Bondi Beach non è un caso isolato. Negli ultimi due anni, dall’ottobre 2023, gli atti antisemiti sono aumentati in modo allarmante in tutto il mondo occidentale. Sinagoghe incendiate, ebrei aggrediti per strada, studenti ebrei intimiditi nei campus, negozi con simboli ebraici vandalizzati. “Siamo in stato di massima allerta”, conferma Leibler. “L’antisemitismo che pensavamo sconfitto è tornato, violento come non mai. E stavolta si nasconde dietro altre bandiere, altre cause, ma la sostanza non cambia: odiare gli ebrei perché ebrei”. L’Australian National Imams Council ha dichiarato: “Tutti gli australiani, compresa la comunità musulmana, devono unirsi contro questo odio. L’antisemitismo non è solo un problema ebraico, è un problema di civiltà”.

Il Muslim Council of Elders, guidato dal grande imam di Al-Azhar Ahmed Al-Tayeb, ha condannato duramente: “Prendere di mira civili innocenti per la loro fede è un crimine che contraddice l’Islam e tutte le religioni. L’antisemitismo è una piaga che va estirpata”. Ma le parole, per quanto necessarie, non bastano più. “Serve un’assunzione di responsabilità collettiva”, dice l’Unione Giovani Ebrei d’Italia. “Di fronte all’aumento allarmante degli atti antisemiti nel mondo, ribadiamo che la lotta contro l’odio antiebraico non è una battaglia della sola comunità ebraica, ma una responsabilità di tutti. Chi tace, chi minimizza, chi relativizza, è complice”.

“Il clima d’odio ha conseguenze reali”

Sant’Egidio si è stretta attorno ai familiari delle vittime: “Una ‘festa delle luci’ trasformata in un massacro antisemita. Un così grave attentato fa riflettere sul clima d’odio che si è insinuato nelle nostre società”. La Comunità punta il dito: “Occorre rimuovere i sentimenti di violenta contrapposizione. Non possono prevalere tra i popoli e, a maggior ragione, non possono mai basarsi sull’appartenenza religiosa”. Il primo ministro britannico Keir Starmer ha scritto su X: “L’antisemitismo è un veleno che non può avere spazio nelle nostre società”. Ma molti nella comunità ebraica australiana si chiedono se le parole di condanna basteranno. “Abbiamo sentito molte condanne dopo ogni attacco antisemita”, dice un sopravvissuto.

“Ma gli attacchi continuano. Serve protezione concreta, serve che chi diffonde odio antiebraico paghi, serve che la società smetta di tollerare l’intollerabile”.
L’attacco di Bondi Beach lascia una domanda agghiacciante: fino a che punto gli ebrei potranno ancora celebrare pubblicamente le loro festività in Occidente? “Non torneremo a nasconderci”, assicura Leibler. “Hanukkah celebra proprio questo: il rifiuto di rinunciare alla propria identità di fronte alla persecuzione. Accenderemo le candele anche domani, anche dopodomani, anche se dovessero esserci mille attentati. Perché è esattamente questo che gli antisemiti vogliono impedirci di fare”.

Confermato intanto il ritrovamento di un ordigno esplosivo in un veicolo appartenente a uno dei presunti autori: “Abbiamo rilevato un ordigno esplosivo rudimentale in un’auto collegata a uno dei due terroristi. Gli artificieri della polizia stanno lavorando sul luogo del ritrovamento”, ha dichiarato il capo della polizia. Al momento, l’Australia sta indagando su tutti i riscontri nel tentativo di capire se si sia trattato di un attacco “spontaneo” o se sia stato diretto da uno Stato o da un’organizzazione terroristica.