Cultura e Spettacolo

Teatro Massimo “Verdura”: Giselle chiude il cerchio delle eroine romantiche

Nicoletta Manni ©Teatro alla Scala Brescia Amisano
Timofej Andrijashenko - ph Brescia-Amisano Teatro alla Scala
Timofej Andrijashenko e Nicoletta Manni ©Janira Tarquini
Timofej Andrijashenko e Nicoletta Manni ©Janira Tarquini
Timofej Andrijashenko e Nicoletta Manni ©Janira Tarquini

Dopo le tre Regine verdiane , Pretty Yende, Angela Meade e Violeta Urmana che hanno animato e reso unici i due appuntamenti operistici del “Verdura”, come protagoniste ne La Traviata e Il Trovatore, al teatro all’aperto palermitano, sede della stagione estiva del Teatro Massimo, stasera arriva il più classico dei balletti classici, Giselle,  su musiche di Adam e la coreografia originale di Perrot e Coralli, ripresa qui da Patrice Bart dell’Operà di Parigi. In scena il Corpo di Ballo del Teatro Massimo, diretto da Davide Bombana, protagonisti, nel Ruolo del Titolo e di Albrecht, i primi ballerini del Teatro alla Scala Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko. A dirigere l’orchestra torna il suo direttore musicale Omer Meir Wellber. Se Traviata e Trovatore sono considerate le opere punte di diamante del repertorio verdiano, dal punto di vista del dramma romantico che racchiudono ma anche della fama e della popolarità tra il pubblico, Giselle si può dire abbia la stessa importanza ne mondo del Balletto. La drammatica, tragica, storia d’amore tra Giselle e Albrecht: un amore impossibile e ostacolato dalle diversità sociale, ma che vive oltre la morte della protagonista è sicuramente l’epitome del pensiero romantico dove amore e morte si legano indissolubilmente tra sofferenza, rimpianto, perdono e salvezza.

Ma al di là della storia di Giselle il balletto incarna anche il banco di prova più arduo per le interpreti del balletto classico. Grandi stelle della danza hanno consacrato il loro nome a questo ruolo. Tra queste sicuramente Carla Fracci – la cui grazia, intensa espressività e perizia tecnica sono immortalate in una storica edizione, appena esordiente con il Balletto Danese a fianco di Eric Bruhm, forse uno degli Albrecht più iconici della storia della danza del ‘900 – cui il Teatro Massimo dedica questa rappresentazione come omaggio. ” Carla Fracci, recentemente scomparsa, – dice Davide Bombana -ha ispirato intere generazioni con la sua incomparabile interpretazione. Con il nostro omaggio vogliamo ricordare questa immensa artista a cui tutti noi siamo grati per l’ispirazione e la gioia che ci ha dato in ogni sua apparizione”.
Tra i principali interpreti, insieme alla Manni (Giselle) e Andrijashenko (Albrecht), anche Maria Chiara Grisafi (Myrtha), Vincenzo Carpino (Hilarion), Giada Scimemi (Berthe, madre di Giselle), Fabio Correnti (Wilfred, amico di Albrecht), Carmen Marcuccio (Bathilde, fidanzata di Albrecht), Gaetano La Mantia (Duca di Curlandia), le due coppie in alternanza Linda Messina e Michele Morelli e Yuriko Nishihara e Alessandro Cascioli (Contadini), Chiara Sgnaolin, Jessica Tranchina (Due villi). Le scene sono di Raffaele Del Savio, i costumi di Giusi Giustino, le luci di Salvatore Spataro. Maîtres de ballet Marco Pierin e Corina Dumitrescu.

La coreografia, quella storica di Patrice Bart tratta da Jean Coralli e Jules Perrot, è rimontata in modo fedele da Raffaella Renzi e è già stata presentata all’Opéra di Parigi, nonché alla Scala di Milano e poi a Berlino e Zurigo. Il balletto rievoca il mito germanico delle Villi, spiriti di donne morte di dolore, per amore, che perpetrano la loro vendetta sugli uomini che le hanno tradite. Di notte popolano i boschi dove si vendicano sugli uomini che attraversano la loro strada facendoli danzare fino allo stremo. Questi spiriti sono guidati nel loro rito macabro da Myrtha, loro spietata regina.  Anche Giselle, innamorandosi di Albrecht, un nobile, già promesso sposo a Bathilde. perde la ragione e muore di dolore quando scopre il tradimento dell’amato, andando così ad unirsi alle Villi. Al contrario però delle sue spietate compagne assetate di vendetta, Giselle salverà Albrecht dalla danza mortale che lo aspetta, tenendolo vicino alla croce della sua pietra tombale, proteggendolo fino al sorgere del sole e alla sparizione sua e delle Villi nel buio.

Anche Giselle, come Violetta, come Leonora, muore per amore. Destino tragico delle eroine romantiche la cui morte rappresenta più l’espressione ultima di un carattere che più che debole si dimostra forte. Per Giselle e Violetta tuttavia la morte giunge a causa di una malattia – Giselle soffre di cuore, è delicata, e la sofferenza del tradimento spezza quel cuore già minato; Violetta affetta da tubercolosi si consuma nel suo amore impossibile – ed è nella scelta del Perdono finale la loro forza. Per Leonora la morte invece è una scelta, la sua forza è in questo, nella ferma convinzione di rimanere fedele all’amato, e nell’dea che l’amore così valichi la morte stessa. L’Amore, questo tiene unite queste donne così diverse ed insieme così simili. L’Amore, quello che continuerà a compiere il miracolo sempre, a distanza di secoli, anni, da una pagina scritta, un palco, un’aria, una coreografia. L’Amore. E dunque che si ripeta il rito: stasera e domani, al “Verdura” con il Corpo di Ballo del Teatro Massimo, Omer Meir Wellber, Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko, in Giselle.

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