Tragedia sulle strade tanzane: suore Carmelitane decimate in un incidente mortale, Italia in lutto

Un tragico incidente stradale ha sconvolto la comunità religiosa internazionale, mietendo vittime tra le suore carmelitane missionarie in Tanzania. Tra le perdite, spicca suor Nerina De Simone, italiana di origine campana, insieme alla superiora generale Lilian Kapongo e altre consorelle tanzane. L’autista del veicolo non è sopravvissuto. Il dramma si è consumato mentre il gruppo rientrava verso la sede italiana della congregazione, a Santa Marinella, vicino Roma.
Le suore stavano concludendo un periodo di attività missionarie in Africa orientale, quando il mezzo su cui viaggiavano si è schiantato in circostanze ancora da chiarire. Fonti locali parlano di strade dissestate e traffico caotico, elementi endemici in regioni remote del paese. La Farnesina, il Ministero degli Esteri italiano, ha immediatamente attivato i canali diplomatici: “Siamo in stretto contatto con l’ordine religioso e le autorità tanzane per gestire le formalità burocratiche e il rimpatrio delle salme”, ha dichiarato un portavoce.
La perdita di Suor Nerina De Simone
Suor Nerina De Simone, nata a Castellammare di Stabia (Napoli), ricopriva ruoli cruciali come consigliera e segretaria generale della congregazione. La sua perdita rappresenta un colpo al cuore per l’istituto, fondato cento anni fa dalla beata Maria Crocifissa Curcio, che scelse Santa Marinella come base operativa. Lilian Kapongo, superiora generale da anni residente nella cittadina laziale, era un ponte vivente tra l’Africa e l’Europa, simboleggiando l’essenza multiculturale della missione carmelitana.
La vicaria generale, suor Zelia da Conceiçao Dias, ha lanciato un appello accorato: “In questo momento di profonda sofferenza, che investe l’intera famiglia religiosa, chiediamo preghiere per le nostre sorelle defunte”. Il messaggio riflette il dolore collettivo, amplificato dalla diocesi di Porto-Santa Rufina, che ha espresso vicinanza: “Partecipiamo al grave lutto e ci uniamo in preghiera di suffragio per le care suore carmelitane”.
Condoglianze sono giunte anche dall’Unione Internazionale delle Superiore Generali (Uisg): “Con profondo dolore, ci uniamo a voi in questo tempo di grande sofferenza”. Queste parole sottolineano l’impatto globale dell’evento, che tocca reti ecclesiastiche estese dall’Italia all’Africa subsahariana.
Il legame storico con l’Italia
L’incidente non è solo una tragedia umana, ma un’interruzione brutale di un filo missionario centenario. La congregazione delle Suore Carmelitane Missionarie della Beata Maria Crocifissa Curcio ha radici profonde in Italia: la fondatrice arrivò a Santa Marinella nel 1925, trasformando la località in un hub spirituale. Oggi, con membri sparsi in vari continenti, l’ordine affronta una crisi di leadership improvvisa.
Analisti ecclesiastici osservano come tali eventi mettano in luce i rischi delle missioni in aree ad alto pericolo stradale. In Tanzania, dove le infrastrutture sono spesso precarie, incidenti simili non sono rari, ma raramente colpiscono figure di spicco religiose. La Farnesina, già impegnata in operazioni di assistenza ai connazionali all’estero, potrebbe accelerare protocolli per la sicurezza di missionari italiani.
La narrazione di suor Nerina emerge come emblematica: da Napoli alla Tanzania, la sua vita era dedicata al servizio dei più bisognosi, tra educazione e assistenza sanitaria. Le consorelle tanzane, inclusa Kapongo, rappresentavano l’anima africana dell’ordine, fusionando tradizioni locali con il carisma carmelitano.
Reazioni e prospettive future
Mentre le indagini procedono, la comunità di Santa Marinella si prepara a un funerale che potrebbe diventare un momento di unità intercontinentale. Preghiere e veglie sono già in corso in conventi italiani e africani, a testimonianza della resilienza della fede di fronte alla perdita.
Esperti di affari religiosi prevedono che la congregazione, ora orfana di guide chiave, debba affrontare un periodo di transizione. “È un test per la vitalità dell’ordine”, commenta un teologo romano. Nel frattempo, l’appello alla preghiera si trasforma in un richiamo alla solidarietà, ricordando che la missione non si ferma, nemmeno di fronte alla morte improvvisa.
