Trump ammorbidisce toni, chiede unità per agenda ambiziosa. Molte idee, pochi dettagli

Trump ammorbidisce toni, chiede unità per agenda ambiziosa. Molte idee, pochi dettagli
1 marzo 2017

Davanti a un Congresso riunito, Donald Trump ha descritto la sua agenda ambiziosa e ha chiesto a democratici e repubblicani di “unire le forze” per il bene del Paese e del popolo americano. Il 45esimo presidente Usa sa bene che ha bisogno del Parlamento per attuare i suoi piani: l’abrograzione e la sostituzione di una riforma sanitaria che secondo lui è un disastro; il lancio di un piano infrastrutturale da 1.000 miliardi di dollari che anche il suo predecessore Barack Obama avrebbe voluto ma che il Gop non ha mai sostenuto; la riforma dell’immigrazione affinché si basi su un sistema meritocratico; l’aumento della spesa militare e l’approvazione di un budget federale che da qui alla sua forma finale verrà pesantemente riscritto per accontentare più o meno tutti. Quello che ha pronunciato nella notte di fronte a deputati e senatori riuniti per l’occasione a Capitol Hill, è stato forse il discorso più presidenziale di Trump.

Posato, fedele al testo preparato da più mani e visibilmente impratichito all’uso del gobbo elettronico, Trump ha usato toni sicuramente più ottimisti di quelli cupi che avevano caratterizzato il suo discorso d’inaugurazione. Se allora aveva parlato di una “carneficina” che doveva finire “qui e ora”, questa volta il magnate immobiliare ed ex star tv diventato leader degli Stati Uniti ha limitato i riferimenti agli “errori dei decenni recenti”, che lui non permetterà definiscano “la direzione del nostro futuro”. Se allora il discorso era ricco di nazionalismo e protezionismo, questa volta lo è stato meno meno anche se non sono mancate descrizioni celebratorie di “un’America che è forte, che è orgogliosa, e libera”. Lo ha detto chiaramente riferendosi “a tutte le nazioni del mondo, amiche e non” e chiamando in causa gli alleati: sappiano che “l’America è di nuovo pronta a fare da guida” forte di “un nuovo capitolo di grandiosità che sta iniziando”, fatto di “un aumento di ottimismo che permette ai sogni impossibili di essere raggiungibili”. Una quarantina di giorni sono passati dal suo giuramento, un periodo fatto di tensioni dentro e fuori la Casa Bianca (anche con la stampa “disonesta”) e di polemiche per ordini esecutivi controversi che uno a uno sono stati pensati per smantellare l’eredità di Obama. Trump vuole iniziare il suo secondo mese intero da presidente tendendo una mano anche a chi, tra la classe politica e l’elettorato, non ha mai condiviso la sua linea. Difficilmente riuscirà a spostare l’ago della bilancia ma a parole ci ha provato ricorrendo a frasi ad effetto come “siamo un popolo solo con un solo destino, sanguiniamo lo stesso sangue, salutiamo la stessa bandiera e siamo tutti fatti dallo stesso Dio”.

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Abrograre e sostituire l’Obamacare

Per quanto pieno di speranza, il suo discorso era pieno di grandi idee, ma pochi dettagli su come trasformarle nei fatti concreti di cui parla tanto presentandosi come “l’uomo dei fatti”, non delle parole. Non tutti i punti della sua agenda sono condivisi. Non a caso i democratici hanno mormorato in segno di disprezzo per l’intenzione di abolire l’Obamacare, un’idea che in linea teorica piace al Gop ma che ancora è tutta da definire. D’altra parte lo stesso Trump il giorno precedente aveva ammesso che la questione “è molto, molto complessa”. Come suo solito, Trump ha citato casi a favore della sua tesi, per dire che i premi assicurativi sono “saliti a due e tre cifre”. Della riforma approvata nel 2010 e tanto caldeggiata da Obama, il presidente Usa intende salvare una parte molto importante: quella che garantisce a persone già malate di non vedersi rifiutare una polizza dai gruppi assicurativi. Dicendo che “l’azione non è una scelta, ma un necessità”, Trump è tornato a promettere di abbassare i costi, anche dei medicinali, e di fornire una sanità migliore. Non si capisce come.

Mille miliardi per rifare strade e ponti

Come già promesso nell’Election Day nel suo discorso della vittoria, Trump ha ripetuto per l’ennesima volta che le infrastrutture in Usa si stanno “disintegrando” e che lui intende costruire “nuove strade, ponti, tunnel, aeroporti, ferrovie” in tutta la nazione. Quando e come finanziare questi progetti, resta per ora un mistero. Si sa che vuole fondi sia pubblici sia privati e che la linea sarà dettata dal suo motto “comprare americano, assumere americano”. Se imporrà che i tubi degli oleodotti destinati alla costruzione di Keystone XL e Dakota Access Pipelines (bloccati da Obama e da lui rilanciati) siano Made in America, Trump vorrà che lo siano anche cemento e asfalto necessari per queste opere. In segno di auto-approvazione per le sue capacità da negoziatore, Trump ha aggiunto che gli Usa “hanno speso circa 6.000 miliardi di dollari nel Medio Oriente” che sarebbero stati utili per “ricostruire il nostro Paese due volte e magari persino tre, se avessimo avuto le persone capaci di negoziare”.

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Meritocrazia (e muro) per gli immigrati

Forse l’unico elemento nuovo emerso dal discorso è quello relativo all’immigrazione, un tema su cui ha insistito facendo leva su immagini tragiche come quelle di famiglie di persone uccise da immigrati illegali e che sono stati “ignorati dai media”, l’unico attacco della serata (dal contenuto falso) alla stampa. Il suo intento è attuare leggi che “aumenteranno i salari, aiuteranno i disoccupati, permetteranno di risparmiare miliardi di dollari e renderanno più sicure le nostre comunità”. Come? Con un sistema meritocratico e non basato, come l’attuale, su “bassa manovalanza” (la stessa che lui è stato accusato di avere usato nei suoi hotel). E siccome Trump vuole sostituire il “caos” proteggendo i confini Usa, “presto inizieremo la costruzione di un bellissimo muro lungo il confine meridionale”, quello con il Messico.

Pronto un taglio alle tasse, ma quando?

In tema di tasse, Trump ha ribadito che “le aziende Usa sono tassate con una delle più alte aliquote al mondo”. Per questo il suo team di esperti economici sta sviluppando una “riforma storica del fisco che ridurrà le aliquote per le nostre aziende in modo tale che possano competere e crescere ovunque”. Il presidente ha promesso di nuovo un “taglio notevole” e una pressione fiscale decisamente più bassa per la classe media. Anche su questo fronte, non è chiaro quando i tagli verranno annunciati e come il governo intende comprire le mancate entrate. Trump è stato vago sull’ipotesi di dazi: ha solo ripetuto che “quando spediamo i nostri prodotti fuori dall’America, molti Paesi ci fanno pagare tasse e tariffe molto alte; quando le aziende straniere spediscono i loro prodotti in America, non gli facciamo pagare quasi nulla”. Trump ha detto di “credere fortemente nel libero commercio ma deve essere equo”.

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Sostegno alla Nato, più fondi per il Pentagono

Trump ha cambiato i toni anche sulla Nato, da lui spesso considerata “obsoleta”. Riallienandosi ai suoi segretari di Stato e della Difesa, il presidente ha spiegato che gli Usa “sostengono fortemente la Nato”; come suo solito, però, ha detto che “i nostri partner devono rispettare i loro obblighi finanziari”. Il referimento è a quello, non vincolante, di spendere il 2% del Pil in difesa. Lui si aspetta dai partner – siano essi nella Nato, in Medio Oriente o nel Pacifico – “un ruolo diretto e significativo in operazioni sia militari sia strategiche” e una “giusta condivisione dei costi”. Intanto, per tenere l’America al sicuro “dobbiamo fornire agli uomoni e alle donne dell’esercito americano gli strumenti di cui hanno bisogno per prevenire la guerra e, se devono farlo, per lottare e vincere”. Ecco perché a Trump serve l’appoggio del Congresso: per approvare un budget federale per l’anno fiscale 2018 (che inizierà il primo ottobre) che prevede uno “storico” aumento di 54 miliardi di dollari delle spese nella difesa. Dopo questo discorso, durato un’ora circa, Trump dovrà davvero dimostrare di essere un uomo dei fatti. Che chiede e ottiene una difficile e forse impossibile unità in un Paese decisamente diviso. Obama non era riuscito a ottenerla al Congresso. I democratici non sembrano disposti a concedergliela facilmente. Chuck Schumer, leader della minoranza democratica al Senato, ha giudicato il discorso di Trump “molto meno importante di quello di presidenti passati perché non ha indicato quello che farà esattamente”. Come l’opposizione, i mercati vogliono dettagli.

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