Economia

Lo vogliono abolire, ma resta in piedi

Con una certa cadenza, torna nel dibattito politico il tema della soppressione del Cnel, che doveva essere gia’ abolito con il referendum sulla riforma costituzionale proposta da Matteo Renzi il 4 dicembre del 2016 ma che venne salvato dalla vittoria dei “No”. Nel testo si prevedeva l’abrogazione dell’articolo 99 della Costituzione, cioe’ quello con cui si regolamenta il Cnel, spiegando le sue funzioni e la sua composizione. “Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e’ soppresso”, si leggeva in particolare nel testo della riforma costituzionale. Dopo la vittoria dei “NO”, il Cnel e’ rimasto a quel punto in piedi. Eppure in campagna elettorale, il M5S aveva proposto il suo ‘funerale’ tra i punti del programma Affari Costituzionali, spiegando che per eliminarlo fosse sufficiente una legge costituzionale di poche righe. Nessun cenno invece nel programma della Lega. Ad ogni modo, il Cnel risulta tuttora piu’ vivo che mai, se si considera che proprio nel marzo scorso c’e’ stata un’infornata di 48 nuovi consiglieri. Arrivati a questo punto, la sua abolizione e’ tornata ad essere inserita stavolta nel programma che il M5S e la Lega, in trattativa per il nuovo Governo, stanno stipulando.

La sua nascita risale a più di cento anni fa

Si tratta di un tema ormai ricorrente nella politica italiana e derivante dal fatto che il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro viene considerato a tutt’oggi agli occhi dell’opinione pubblica un vero e proprio carrozzone di Stato, non essendo riuscito ad assumere la funzione che gli era stata assegnata, ossia quella di rappresentare una vera e propria cerniera tra interessi e istituzioni, tra economia e politica. La sua nascita risale a piu’ di cento anni fa quando si chiamava Consiglio Superiore del Lavoro: dopo l’Unita’ d’Italia, erano stati infatti istituiti i Consigli Superiori in qualita’ di enti preposti ad aiutare da un punto di vista tecnico i responsabili dei vari dicasteri. Erano poi stati Giuseppe Zanardelli e Giovanni Giolitti a dare impulso al nuovo organismo, un’assemblea nata nel 1903 che nel ventennio della sua esistenza svolse un ruolo incisivo nel promuovere leggi di forte impatto dal punto di vista sociale. Il CSL venne poi soppresso da Benito Mussolini.

Un organismo con un ruolo ‘enigmatico’

Dopo la caduta del fascismo, e con il cambiamento del quadro politico, venne a maturare la nuova Costituzione, che appunto all’articolo 99 prevedeva la nascita del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, visto come un organo ausiliario nei confronti del governo e del Parlamento, funzione svolta anche dalla Corte dei Conti e dal Consiglio di Stato. In particolare il Cnel rispondeva all’esigenza di stabilire un terreno di confronto nel quale l’economia e la politica avrebbero cercato motivi di unione e di comune agire. Il Cnel venne quindi istituito nel 1957, sotto la presidenza di Ruini. Ma una funzione piu’ dinamica venne assunta da Piero Campilli, che cerco’ di conferire all’ente un ruolo piu’ attivo. Tentativo che pure ebbe una certa riuscita negli anni Sessanta ma che poi spinse il Cnel ad un ruolo praticamente marginale tanto che nel 1977 Giulio Andreotti affido’ all’ente il compito di autoriformarsi per cercare di dare un senso alla sua esistenza. La riforma giunse in porto nel 1986, ma venne considerato un tentativo a vuoto, visto che l’organismo non riusci’ a riportare la sua attivita’ agli obiettivi originari.

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