Marino, indagare ciò che non vediamo

L’invisibile come luogo dell’immaginazione, ma è anche dell’amore, dell’intuizione, il luogo dei suoni e delle sensazioni. Nel libro di Veronica Marino “Il mondo invisibile e la Casa delle Rose Selvatiche” (Anima edizioni) questo salto dimensionale diventa anche un’avventura dove il gioco potrebbe anche essere il modo più “serio” per accedere a nuovi spazi sensoriali e, nelle parole dell’autrice, “nuove comprensioni sulla vita” .

La protagonista è Adelisa, una donna di 89 anni che, nella parte finale della vita, si accorge di non averla davvero vissuta. E dunque si lancia alla scoperta “dei tasselli perduti o mai compresi”. Essenziale l’incontro con un uomo dalle orecchie a forma di conchiglia che si è dato il compito di far ridere la gente, un comico dei nostri giorni, più fanciullesco, “più intimamente desideroso – aggiunge Marino – di offrire amore nel divampare di una risata. Le scoperte di Adelisa si susseguono di capitolo in capitolo e nulla è scontato”.

Come scontata non è Giada, la bambina di otto anni “incastrata” in uno strano cortocircuito che la tiene ferma mentre il mondo, ovviamente, continua a correre in avanti. E neppure John, un vecchio pittore in questo romanzo, assomiglia a un ordinario essere umano. I suoi quadri e i suoi gesti hanno molto da svelare. “Persino Violetta e Fiordaliso – conclude Veronica Marino – che, di primo acchito, vivono paciosamente secondo schemi sociali cui tutti siamo avvezzi, d’improvviso hanno la loro chance di fare il salto. Ma il salto verso dove? Dove vanno tutti questi personaggi? Il punto d’approdo sono forse le Cascate di Acqualuce? No. Ed è questo uno dei punti da indagare che lascio al lettore”.

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