Verdi e Sinistra fuori da Strasburgo, il day after dei no-Pd

Verdi e Sinistra fuori da Strasburgo, il day after dei no-Pd
Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana
27 maggio 2019

La frammentazione e la tendenza alla sconfitta della sinistra sono diventate proverbiali quasi quanto le barzellette sui carabinieri. Fallisce, nelle urne delle elezioni europee del 26 maggio, l’ennesimo tentativo di invertire la rotta, realizzato attraverso la confluenza di Sinistra italiana (dopo che negli ultimi anni ha ceduto un cospicuo pezzo del suo gruppo dirigente al Pd) con Rifondazione comunista nella lista appunto denominata semplicemente Sinistra. Galvanizzati dal successo di qualche recente mobilitazione “antifascista” e “antirazzista”, i compagni ritrovati non si attendevano, almeno a giudicare dai toni della loro campagna elettorale, un tonfo così inappellabile. Anche i Verdi restano fuori da Strasburgo, ma il loro risultato è superiore alle attese dei sondaggisti e comunque arriva a dispetto di una scarsissima visibilità mediatica.

“Il nostro risultato è negativo, sotto tutte le attese. Ci ho messo la faccia e non posso certo negarlo”. Non si nasconde, Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana e frontman della Sinistra, commentando il drammatico 1,74 per cento, meno di mezzo milione di voti, raccolto dalla lista della maggior parte dei reduci, variamente organizzati, di quello che fu il partito di Fausto Bertinotti e Armando Cossutta, giunto a superare i tre milioni di voti e l’8 per cento nel lontano 1996 del primo Romano Prodi vincente. Non risponde su una possibile “rottamazione” dei gruppi dirigenti, ma ammette: “Occorre una riflessione. Io ho investito moltissimo in questa campagna elettorale, ho percorso 14mila chilometri, tenuto 75 iniziative, è possibile che dovremo trarre delle conseguenze”.

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Anche l’altro partner della lista, il segretario di Rifondazione, Maurizio Acerbo, non minimizza. “Non ci siamo mai fatte illusioni”, dice, parla di risultato “disastroso” ma chiede che non si smobiliti: “Sarebbe sbagliato – sostiene – rinunciare al percorso unitario avviato e disperdere le energie militanti e intellettuali che si sono aggregate”. E Fratoianni giura che l’assemblea unitaria prevista per il 9 giugno “si farà”. Ma per quale prospettiva? La ex “sinistra radicale” ha vissuto per quasi un quarto di secolo al traino di quella “moderata”, poi evolutasi nel Pd del renzismo. Fratoianni avanza dubbi sul rilancio del bipolarismo, anche se critica con molto garbo l’esultanza dei vertici dem alla comparsa dei primi exit poll di ieri.

“Dall’alto del nostro risultato – commenta con un pizzico di autoironia – non mi permetto di giudicare i festeggiamenti di chi comunque avanza ma è un festeggiamento amaro. Anche facendo una somma virtuale, ammesso che sia possibile, dei nostri e di altri voti con i loro (del Pd, ndr) dà un esito per cui non c’è competizione. Restano 20 punti di distacco dall’area di centrodestra e quella che regge il Governo, anche se cambia di segno, cresce di due punti percentuali…”. L’unico che sembra contento è Marco Rizzo, leader del piccolo Partito comunista, presente alle elezioni senza la necessità di raccogliere firme grazie al legame col Kke greco. Non aspirava ad eleggere nessuno ma a presidiare un’area, e commenta così: “Rispetto all’anno scorso finiamo con 240 mila voti 0.9%. Triplicata la percentuale, più che raddoppiati i voti. IL PARTITO COMUNISTA C’È (maiuscole sue, ndr). Ora avanti nelle fabbriche, università, scuole e territori. Alleanze sociali, nessun compromesso politico”.

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Più defilata la posizione degli ecologisti. Europa Verde, dopo il no alla confluenza nel Pd di Nicola Zingaretti ma anche all’alleanza con i “rossi” di sinistra, ha raggiunto un risultato di tutto rispetto fra i “piccoli”: 609.678 voti, pari al 2,29 per cento. Inutile per mandare qualcuno a Strasburgo, ma buono per il posizionamento in vista delle elezioni politiche, anche se non è per ora dato sapere quando si terranno. “Non ho capito – dice il coordinatore Angelo Bonelli – l’entusiasmo dei dirigenti del Pd di fronte ai primi risultati. Capisco che segnano una ripresa, ma mi è sembrato un entusiasmo psicologico, autoreferenziale. Non vedo un rilancio del vecchio schema del centrosinistra”. Quanto ai Verdi, “dobbiamo essere – avverte – una forza autonoma, sfuggire allo schema della coalizione e poi confrontarci sui contenuti e sui programmi, come accade dove i Verdi mietono successi, in Francia e in Germania”.

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