Vertice Italia-Vaticano, incognite speculari e legame forte. Cei verso nuova presidenza

Vertice Italia-Vaticano, incognite speculari e legame forte. Cei verso nuova presidenza
14 febbraio 2017

Incertezze speculari oggi e la certezza di un legame solido anche nel futuro fanno da paradossale sfondo al vertice per l’aniversario dei Patti lateranensi che ha luogo oggi, come ogni anno, all’ambasciata italiana presso la Santa Sede. Incognite diverse da quelle del febbraio 2014, quando a Palazzo Borromeo si presentò, scuro in volto, un Enrico Letta prossimo a lasciare la campanella di Palazzo Chigi nelle mani di Matteo Renzi, e un esitante Pietro Parolin, Segretario di Stato di papa Francesco ancora vestito di viola perché solo pochi giorni dopo avrebbe ricevuto la berretta rosso cardinalizia. Sono seguiti due anni, il 2015 e il 2016, nei quali tanto il premier Renzi, nelle vesti del padrone di casa, quanto Parolin e gli altri vescovi e cardinali erano saldamente al comando delle rispettive amministrazioni. Ora tanto i vertici dello Stato italiano quanto i maggiorenti della Santa Sede e, soprattutto, della Conferenza episcopale italiana vedono nel futuro qualche incognita.

LA CEI Paolo Gentiloni, un sicuro pedigree cattolico (suo zio era gesuita e divenne poi vaticanista del Manifesto), è personalità nota e apprezzata nel Palazzo apostolico, per stile e per contenuti. I rapporti con Oltretevere, già collaudati ai tempi in cui lavorava con Francesco Rutelli nel frangente del Giubileo del 2000, si sono riattivati, con contatti personali e discreti, nel periodo in cui Gentiloni ha svolto il ruolo di ministro degli Esteri. Ma la situazione politica è in evoluzione, non è esclusa una fine anticipata della legislatura né è chiaro quanto le dinamiche interne al Pd potranno creare fibrillazioni fin dentro la compagine governativa. Nella delegazione ecclesiale, invece, se la componente vaticana è salda, di meno lo è quella della Cei, dove il cardinale Angelo Bagnasco è in scadenza, così come sono vicini alla pensione tanto il cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, quanto l’arcivescovo di Milano Angelo Scola. Una triplice vacanza che permetterà in tempi relativamente brevi a Jorge Mario Bergoglio di incidere sul profilo della Chiesa italiana. La presidenza della Cei, in particolare, verrà decisa a maggio, quando l’assemblea dei vescovi per la prima volta applicherà una nuova legge elettorale, voluta dal papa, che sostituisce la prassi precedente (il presidente della Cei era scelto motu proprio dal papa) e prevede invece l’elezione dal basso di una terna di nomi e la successiva scelta da parte del pontefice, all’interno di questa terna, del successore di Bagnasco.

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LO STRAPPO Da settimane sono in corso contatti e riunioni tra vescovi per individuare i nomi da eleggere nella terna e fioccano illazioni e totonomine quando per promuovere quando per bruciare qualche nome. Di certo è prevedibile che, mentre il cardinale Bagnasco è stato eletto recentemente a capo del Consiglio delle conferenze episcopali europee ed ha accentuato la sua attenzione sulle questioni internazionali, la Cei del futuro proporrà al pontefice argentino figure di pastori che possano entrare facilmente in sintonia con il riformismo bergogliano. Nuovi equilibri si prospettano, dunque, tanto in seno alla Chiesa quanto nella politica italiana. Nei mesi scorsi la legalizzazione delle unioni civili da parte del governo Renzi ha rappresentato uno strappo rispetto all’epoca in cui il cardinale Camillo Ruini lanciava il cattolicesimo italiano sul campo di battaglia della bioetica e dei “valori non negoziabili”. A differenza di allora la Cei dell’era Francesco, soprattutto per iniziativa del segretario generale mons. Nunzio Galantino, non ha aderito al Family day, e se i rapporti con Matteo Renzi si sono successivamente guastati è stato piuttosto per la preoccupazione nata da una situazione economica che stenta a riprendersi e per l’instabilità derivata dalla bocciatura di un referendum costituzionale venato di personalizzazione.

BIOTESTAMENTO Anche su un altro tema, il biotestamento, l’attenzione del mondo cattolico è forte. Le critiche compatte di un area di parlamentari cattolici al progetto di legge in discussione in Parlamento – Paola Binetti (Udc), Gian Luigi Gigli (Des-Cd), Raffaele Calabro’ (Ap), Eugenia Roccella (Idea), Alessandro Pagano (Lega), Benedetto Fucci (Cor), Domenico Menorello (Ci) – lo dimostrano. Ma sull’altra sponda del Tevere c’è una posizione più sfumata. Nella nuova Carta degli operatori sanitari presentata di recente in Vaticano, ad esempio, si fa riferimento tra l’altro “all’espressione in anticipo da parte del paziente delle sue volontà (art. 150) circa i trattamenti ai quali desidererebbe o no essere sottoposto nel caso in cui, nel decorso della sua malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso. La carta – ha sottolineato in conferenza stampa Antonio Gioacchino Spagnolo, professore di bioetica e direttore dell’Institute of bioethics and medical humanities all’Università Cattolica, tra i redattori del documento – afferma che deve essere sempre rispettata la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente, ma il medico non è comunque un mero esecutore, conservando egli il diritto e il dovere di sottrarsi a volontà discordi dalla propria coscienza”.

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GALASSIA CENTRISTA Di certo però – e proprio le difficoltà del provvedimento sul bioetestamento lo dimostrano – ora che appare possibile il ritorno ad un sistema elettorale proporzionale, certo, nella galassia centrista torna una certa voglia di protagonismo e, senza pensare alla nascita di una nuova Dc, per superare le fratture recenti o remote e contare più di quanto fosse possibile nella stagione bipolare. La figura del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, cattolico democratico molto apprezato sia in Vaticano che in Cei, è garanzia di un legame forte anche in futuro tra le due sponde del Tevere. Così come il riferimento di Papa Francesco una certezza anche per il mondo politico italiano. “La nostra identità e presenza internazionale – ha scritto Carlo Cardia su Avvenire – trovano un sostegno ideale nel magistero di papa Francesco che, sfidando incomprensioni ma ottenendo consenso, da subito ha parlato il linguaggio profetico del dialogo, dell`accoglienza per chiunque soffra, qui e oggi, sul territorio nostro e su quello europeo. La profezia del Papa costituisce forse l`antidoto più forte contro la tentazione dei muri, le paure, la diffidenza per gli altri”.

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