Erano le 20.30 di domenica scorsa quando Elie Sultan, 52 anni, cittadino francese di religione ebraica, si è fermato all’autogrill Villoresi Ovest sulla Milano-Laghi. Una sosta di routine: il figlio di sei anni aveva bisogno del bagno, stavano rientrando da una gita al lago Maggiore. In pochi minuti, quella pausa si è trasformata in un incubo di violenza e odio razziale che ha scioccato l’opinione pubblica e mobilitato la magistratura milanese.
La scintilla è scattata appena padre e figlio, entrambi con la kippah, sono entrati nella struttura. “Un ragazzo alla cassa mi ha visto e ha iniziato a urlare ‘Free Palestine'”, racconta Sultan nella denuncia presentata alla polizia stradale di Busto Arsizio. Da quel momento, l’uomo ha iniziato a riprendere con il cellulare quello che stava per degenerare in una caccia all’uomo.
Le immagini girate dal turista francese documentano una spirale di violenza verbale che cresceva di intensità. “Andate a casa vostra, assassini”, “Palestina libera”: le urla si moltiplicano mentre diverse persone si avvicinano minacciose. Un avventore, tazzina di caffè in mano, aggiunge con disprezzo: “Qui non è Gaza, siamo in Italia, siamo a Milano. Assassini”. Sultan reagisce in francese: “Vieni fuori che ti spacco la faccia”, poi urla “Viva Israele” prima che il video si interrompa.
Ma il peggio doveva ancora arrivare. Dopo aver accompagnato il figlio nei servizi igienici al piano inferiore, Sultan si è trovato di fronte tre persone che lo aspettavano. Gli hanno intimato di cancellare il video. Al suo rifiuto, lo hanno aggredito fisicamente: gettato a terra, colpito con calci e pugni insieme ad altri due complici, tutto davanti agli occhi terrorizzati del bambino di sei anni. “Ho visto bestie selvagge”, ha dichiarato l’uomo agli inquirenti.
La Procura di Milano, guidata dal procuratore Marcello Viola e coordinata dall’aggiunto Eugenio Fusco, ha aperto un fascicolo per percosse aggravate dall’odio razziale. Gli agenti della Digos stanno acquisendo le immagini delle telecamere di sicurezza dell’autogrill e del parcheggio, raccogliendo testimonianze e analizzando le targhe delle auto presenti. Sultan non si è recato in ospedale per farsi refertare le ferite, impedendo alla magistratura di procedere anche per lesioni.
Un addetto alle pulizie dell’autogrill ha fornito la sua testimonianza agli investigatori: “Stavo passando con il carrello nel corridoio delle toilette quando mi sono trovato bloccato da un muro di gente che urlava. C’era quest’uomo in mezzo e accanto il bambino silenzioso, sembrava scioccato”. L’uomo descrive scene di caos: “Non ho capito come fosse iniziato tutto, sentivo solo urla, qualcuno che diceva di chiamare la polizia”.
“Quello che temo di più è quello che già sta succedendo: un odio legittimato”, ha dichiarato all’ANSA il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib. “L’odio ci può essere, purtroppo fa parte dei fenomeni umani, ma quando sento che è legittimato, perdo i freni inibitori”. Le parole del rabbino risuonano come un campanello d’allarme per una città che sta vivendo “un’atmosfera molto pesante di fortissima crescita dell’antisemitismo”.
I numeri che Arbib fornisce sono inquietanti: “A Milano si verificano un paio di episodi a settimana”, dalle aggressioni fisiche alle scritte offensive nel quartiere ebraico. L’episodio dell’autogrill, per quanto scioccante, non lo ha sorpreso: “Purtroppo questa notizia non mi ha colpito”.
L’aggressione di Lainate va oltre la cronaca nera. Solleva interrogativi profondi sulla direzione che sta prendendo il dibattito pubblico, sulla sottile linea che separa la legittima critica politica dall’odio razziale, sulla responsabilità collettiva di fronte alla normalizzazione della violenza. In quell’autogrill, domenica sera, non si è consumata solo un’aggressione: si è manifestato il volto più brutale di una società che rischia di perdere la bussola morale.
Mentre gli investigatori cercano di identificare i responsabili materiali, resta aperta una domanda più ampia: come siamo arrivati al punto che un bambino di sei anni deve assistere impotente alla violenza contro il padre, colpevole solo di essere ebreo? Le indagini chiariranno le responsabilità penali. Ma la ferita inferta alla convivenza civile richiederà tempo e impegno collettivo per rimarginarsi.