Cronaca

Violenza di gruppo, condanna per Ciro Grillo e tre amici: fino a otto anni di carcere

Ciro Grillo

Il tribunale di Tempio Pausania ha condannato Ciro Grillo, figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle, e tre suoi amici per violenza sessuale di gruppo: i fatti risalgono a luglio 2019, nella villa della famiglia Grillo a Porto Cervo. La corte ha inflitto otto anni di reclusione a Ciro Grillo, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria; sei anni e mezzo a Francesco Corsiglia.

Tre anni e mezzo di processo sotto i riflettori

La pronuncia è giunta dopo tre ore di camera di consiglio, al termine di un procedimento durato tre anni e mezzo che ha attirato forte attenzione mediatica sin dalle prime udienze. Il pubblico ministero Gregorio Capasso aveva richiesto pene pari a nove anni per ciascuno degli imputati; le difese avevano invece invocato l’assoluzione sostenendo che i rapporti fossero stati consenzienti.

Al momento della lettura della sentenza l’aula del Tribunale di Tempio Pausania era priva dei protagonisti: né i quattro ragazzi né la principale persona offesa erano presenti. La studentessa italo-norvegese che all’epoca aveva 19 anni era rappresentata dall’avvocata Giulia Bongiorno.

La vittima rappresentata dall’avvocata Bongiorno

All’uscita dal palazzo di giustizia, l’avvocata Giulia Bongiorno ha commentato la decisione con voce commossa: “Nonostante le prove fossero poderose, non ci si abitua mai ad attendere una sentenza simile. La mia assistita è scoppiata in lacrime: erano le prime lacrime di gioia dopo anni di sofferenza”. Per Bongiorno la sentenza è “granitica” e segna la vittoria di chi denuncia.

La legale ha aggiunto che la decisione rappresenta, secondo lei, un messaggio forte contro la cultura del silenzio: “Dimostra che quando ci sono violenze chi ha il coraggio di parlare non resta solo”.

Le argomentazioni delle difese

Le linee difensive hanno mantenuto fino all’ultimo la richiesta di assoluzione. L’avvocato Gennaro Velle, che assiste Francesco Corsiglia insieme ad Antonella Cuccureddu, ha sostenuto che “il rapporto era consenziente” e che andava applicato il principio del ragionevole dubbio.

Mariano Mameli, difensore di Edoardo Capitta, ha anch’egli ribadito l’innocenza dell’assistito: “Il racconto della ragazza non sta in piedi da solo”, ha detto, sottolineando il forte impatto psicologico della vicenda sui giovani coinvolti.

La vicenda trae origine dalla denuncia presentata ai carabinieri di Milano pochi giorni dopo la notte tra il 16 e il 17 luglio 2019, quando le due studentesse avrebbero subito le violenze nella villetta di Porto Cervo. Negli anni successivi, il fascicolo ha raccolto testimonianze, consulenze tecniche e accertamenti che hanno portato il pubblico ministero a formulare la richiesta di condanna.

Un verdetto che divide

Il coinvolgimento del cognome Grillo e la delicatezza delle accuse hanno reso il processo un tema di dibattito pubblico persistente: da una parte chi ha sottolineato la necessità di tutela delle vittime e della credibilità delle denunce; dall’altra chi ha evidenziato i rischi di processi percepiti come mediatici e le richieste di garanzie per gli imputati.

La condanna di primo grado emessa dal collegio presieduto dal giudice Marco Contu chiude per ora il capitolo processuale a Tempio Pausania, ma non esclude sviluppi: le difese hanno già fatto sapere che valuteranno i passi successivi, con probabile ricorso in appello.

Oltre all’esito giudiziario, il caso avrà ripercussioni sulla discussione pubblica intorno ai temi del consenso, della responsabilità e del ruolo dei media nei procedimenti penali. L’attenzione si sposterà ora sulle motivazioni della sentenza e sui tempi e gli argomenti che potrebbero essere portati nelle future impugnazioni.

Pubblicato da
Maurizio Balistreri