Pensieri&Parole

Vitalizi, cassa integrazione e scuola. Un Paese alla rovescia

I vitalizi degli ex parlamentari torneranno presto a essere più pesanti. La decisione non è una sorpresa visto che l’avevamo anticipata proprio sul “Tempo” alcuni mesi fa. All’epoca avevo riportato le tre argomentazioni che la Commissione Contenziosa (l’organo giurisdizionale di Palazzo Madama) aveva messo nero su bianco per sostenere che la delibera approvata dall’Ufficio di presidenza per ricalcolare gli assegni con il metodo contributivo fosse illegittima. Ieri è arrivata la sentenza. Dunque addio ai tagli dei vitalizi.

Non entro nella discussione tecnica sui rilievi della Commissione perché sarebbe fuorviante. Il quadro più generale ci restituisce un Paese alla rovescia, in cui gli sforzi di “rimettere l’uomo con i piedi per terra”, come avrebbe detto Marx, sono inutili e beffardi. Stiamo affrontando un tornante decisivo della nostra storia. Dopo l’emergenza sanitaria stiamo cercando di far ripartire l’economia. È un’impresa disperata visto che nel giro di tre mesi è cambiato il mondo intero, le sue priorità, le modalità del lavoro, le esigenze sociali. Una sfida che dovremmo affrontare uniti, immaginando nuovi piani di sviluppo e puntando sulle energie migliori del nostro Paese, marginalizzando “quelli che hanno già visto tutto” (e purtroppo hanno visto solo quello) e lavorano per il fallimento o il caos (anche tanti giornalisti lo fanno).

Possiamo accettare un Paese in cui gli ex parlamentari hanno uno, due, tre vitalizi (più la pensione) ma in cui la riduzione dei loro assegni viene bocciata perché ritenuta illegittima quando tanti italiani non sanno se torneranno a lavorare e aspettano il contributo di 600 euro o la cassintegrazione? Possiamo accettare un Paese in cui i genitori continuano a sostituire maestri e professori perché la scuola è rimasta chiusa e non c’è stato un piano per organizzare adeguatamente le videolezioni e l’impegno dei prof è rimasto, di fatto, facoltativo? Ma che Paese è quello in cui un parlamentare o un consigliere regionale è andato in pensione a 50 anni (magari dopo solo 5 anni di mandato) e tutti gli altri italiani devono attendere la soglia dei 70? Altro che legittimità, diritti acquisiti e tecnicismi. Il nostro è un paese alla rovescia che proprio ora dovrebbe approfittare per ristabilire un po’ di giustizia.

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