Salgono a nove le vittime in Italia del virus West Nile. L’ultima nel Casertano, dove così i morti sono quattro. Nel pomeriggio un uomo di 72 anni è deceduto presso l’ospedale Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta. Anche in questo caso si tratta di un paziente fragile. L’uomo si sottoponeva a dialisi 3 volte a settimana. Si tratta della seconda vittima in un giorno.
Infatti, in mattinata, sempre presso l’Ospedale Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta è spirato un uomo di 73 anni originario di Maddaloni. Una progressione che interroga l’efficacia delle misure preventive e riaccende il dibattito sulla sottovalutazione di un fenomeno in rapida espansione.
Il paziente, ricoverato in rianimazione e già affetto da altre patologie, rappresenta la quarta vittima nel Casertano, la quinta in Campania. Un quadro che si completa con i recenti decessi: l’86enne morto ieri all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, ricoverato dall’inizio di luglio, e il 74enne di Pomigliano d’Arco, deceduto venerdì scorso presso l’ospedale del Mare dopo un ricovero d’urgenza per emorragia il 20 luglio. Quest’ultimo caso, confermato solo oggi da fonti sanitarie, evidenzia possibili ritardi nella comunicazione che potrebbero compromettere la tempestività degli interventi.
La geografia del contagio si estende oltre i confini campani. Nel Lazio, i dati dello Spallanzani certificano 58 casi confermati nel 2025: sedici pazienti ricoverati in reparti ordinari, tre in terapia intensiva, trenta in cura domiciliare e sei dimessi. Tre i decessi registrati. La provincia di Latina emerge come epicentro del focolaio regionale, con dodici nuovi casi distribuiti tra Latina, Cisterna di Latina, Pontinia, Priverno, Sabaudia e Santi Cosma e Damiano.
La Lombardia presenta un quadro apparentemente più controllato con due pazienti infetti: una 38enne milanese e una 66enne pavese, quest’ultima l’unica ricoverata. “La situazione è assolutamente sotto controllo”, dichiara Mario Melazzini, direttore generale del Welfare regionale, minimizzando la portata del fenomeno. “Si tratta di una malattia praticamente endemica che nella quasi totalità dei casi non richiede ricovero”.
Tuttavia, dietro le rassicurazioni istituzionali si cela un sistema di sorveglianza complesso e capillare. La Lombardia ha dispiegato circa cento trappole attrattive ad anidride carbonica su aree ad alto rischio, con controlli quindicinali delle zanzare catturate. Il protocollo prevede misure restrittive immediate in caso di positività: controlli su sangue, organi e tessuti donati, allerta dei pronto soccorso e dei medici di base in un raggio di cinque chilometri dalla trappola positiva.
Francesco Vairo, direttore del Servizio regionale per Epidemiologia dello Spallanzani, legge nei numeri crescenti “l’efficacia della rete di sorveglianza regionale e dell’azione di sensibilizzazione dei medici”. Una lettura che rovescia la prospettiva: non più emergenza sanitaria, ma successo del sistema di monitoraggio.
Diversa la valutazione del virologo Roberto Burioni, che su Facebook lancia un monito diretto: “Non è un’emergenza, per fortuna. Però un problema c’è. Non abbiamo vaccino, non abbiamo una cura ma abbiamo pronta la soluzione: fare sul serio nella lotta contro le zanzare”. L’esperto dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano sfida le narrazioni rassicuranti: “Sottovalutando, minimizzando, dicendo che è una malattia lieve o che muoiono solo quelli già malati (non è vero) il problema non se ne andrà da solo”.
La contrapposizione tra approccio istituzionale e scientifico apre interrogativi cruciali sulla gestione dell’emergenza. Da un lato, sistemi di sorveglianza sofisticati e protocolli consolidati; dall’altro, l’evidenza di una diffusione che non conosce confini regionali e colpisce fasce d’età diverse. La partita si gioca sul terreno della prevenzione, dove l’efficacia delle misure anti-zanzare determinerà l’evoluzione di uno scenario ancora in divenire.
Il West Nile virus sfida così certezze consolidate e routine sanitarie, ponendo la questione di fondo: quanto siamo disposti a investire nella prevenzione prima che l’emergenza diventi inevitabile?