Zelensky tratta a Berlino con Washington, ma il Donbass blocca la pace
Volodymyr Zelensky (foto x.com/ZelenskyyUa)
A Berlino la diplomazia accelera, ma il traguardo resta lontano. Volodymyr Zelensky torna al tavolo con gli Stati Uniti per discutere un’uscita dalla guerra con la Russia, sotto la spinta di Washington a chiudere entro l’anno. I colloqui con gli inviati americani si chiudono senza accordi e con un nodo irrisolto: i territori occupati nel Donbass. Kiev resiste alle pressioni, mentre Mosca fissa i suoi paletti.
I colloqui nella capitale tedesca rappresentano la prosecuzione del confronto avviato il giorno precedente tra Zelensky e l’inviato speciale americano Steve Witkoff, insieme a Jared Kushner, genero e consigliere del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. L’incontro si è concluso dopo circa un’ora e mezza e, secondo fonti diplomatiche, non sono previsti ulteriori round nella giornata. Nessun comunicato congiunto, nessun dettaglio ufficiale.
Secondo una fonte governativa rimasta anonima, le due parti non avrebbero raggiunto un’intesa sulle questioni territoriali. Washington continuerebbe a spingere Kiev a cedere alla Russia l’intero oblast di Donetsk e quello di Lugansk, una richiesta che per l’Ucraina resta politicamente e costituzionalmente esplosiva.
Pressioni americane e linea ucraina
A frenare la lettura di uno scontro frontale è intervenuto il primo vice ministro degli Esteri ucraino, Sergiy Kyslytsya, che ha invitato a non “caratterizzare in modo errato” l’approccio degli Stati Uniti. Washington, ha assicurato, “resta pienamente impegnata nel processo di pace”. E ha aggiunto: “Ogni delegazione ascolta attentamente l’altra. La posizione ucraina è molto chiara. Le fonti anonime non sono corrette”, senza precisare a quali ricostruzioni facesse riferimento.
Dopo il faccia a faccia con gli emissari americani, Zelensky è stato ricevuto dal presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier nella residenza presidenziale del palazzo di Bellevue. Un passaggio istituzionale che conferma il ruolo della Germania come snodo diplomatico del confronto, ma che non scioglie i nodi politici sul futuro del conflitto.
Il piano Usa e le resistenze di Kiev
Witkoff ha parlato di “molti progressi” nei colloqui iniziali. Un giudizio che contrasta con quanto riferito da una fonte del Wall Street Journal, secondo cui l’incontro di cinque ore di domenica sarebbe stato difficile, con gli Stati Uniti poco inclini a rivedere la propria proposta di pace. L’obiettivo americano resta stringere i tempi e arrivare a un’intesa entro la fine dell’anno.
I negoziati si inseriscono in un rinnovato sforzo diplomatico avviato dopo il sostegno di Washington a un piano di pace in 28 punti, giudicato da Kiev particolarmente oneroso. Dopo consultazioni con rappresentanti ucraini ed europei, la proposta è stata ridotta a 20 punti, ma l’impianto resta duro sul fronte delle concessioni territoriali e della sicurezza.
Alla vigilia dell’incontro di Berlino, Zelensky ha respinto anche l’ipotesi americana di una “zona demilitarizzata” nel Donbass parzialmente occupato dalla Russia, che implicherebbe il ritiro delle truppe ucraine. Una linea considerata inaccettabile dal governo di Kiev.
Garanzie Nato e veto di Mosca
Sotto pressione affinché accetti concessioni nelle regioni orientali, Zelensky ha ribadito che qualsiasi decisione sui territori dovrà spettare al popolo ucraino, eventualmente attraverso un referendum. Un passaggio che segnala l’alto rischio politico interno di ogni compromesso imposto dall’esterno.
Il presidente ucraino ha inoltre insistito sulla necessità di garanzie di sicurezza “ferree”, paragonabili a quelle previste dall’Articolo 5 della Nato. Una richiesta che si scontra con l’opposizione degli Stati Uniti e di altri alleati alla piena adesione dell’Ucraina all’Alleanza atlantica.
Da Mosca, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha ribadito che l’esclusione dell’Ucraina dalla Nato resta una “pietra angolare” delle condizioni russe per qualsiasi accordo di pace. Un punto che, al momento, rende il compromesso ancora lontano.
