Politica

Zingaretti ribalta i pronostici e blinda la leadership

Si parlava di congresso anticipato, di “uscite di sicurezza” per il segretario, di “piani B” per gestire la sconfitta e invece il Pd esce “rafforzato”, come Nicola Zingaretti aveva anticipato qualche giorno fa in tv. Il risultato di regionali e referendum blinda il leader del partito, l’offensiva degli “amministratori” Giorgio Gori e Stefano Bonaccini viene fermata sul nascere e Zingaretti può presentarsi in tv a dire “siamo vincitori”, tutti, “non solo io. Ha vinto la squadra”. Quando lo spoglio è ancora solo all’inizio, il leader Pd decide di presentarsi in tv per rivendicare il sì al referendum e il successo in Toscana e Puglia, le due regioni che si temeva potessero diventare terra di conquista del centrodestra. Alla fine, il centrosinistra e il Pd perdono una regione, le Marche, ma rispetto agli scenari tracciati nelle scorse settimane è un risultato che pare un successo.

Di sicuro, escono subito alcune voci autorevoli a sostegno di Zingaretti. Dario Franceschini dice: “Grazie a Nicola Zingaretti che in mezzo a pressioni e pessimismi di ogni tipo ha tenuto il timone del partito nella direzione giusta, sia sul referendum che sulle regionali. Non era facile e ora che lui e il Pd sono più forti”. Lo stesso fa Paolo Gentiloni: “Bella serata. Grazie a chi ha combattuto. Grazie Nicola Zingaretti”. Parole simili a quelle di Enrico Letta: “Evvai, in questo pazzo 2020 il 21 settembre è l’inizio della primavera? Sintesi della sintesi: bravo Zingaretti”. Il leader Pd incassa, pur consapevole che non sono tutte rose e fiori. In quel 30% di no al referendum ci sono parecchi elettori Pd e Zingaretti lo sa bene. Non a caso, dopo aver rivendicato la scelta di posizionare il partito sul sì, aggiunge: “Il risultato conferma che il Pd è il partito del cambiamento. Ma rappresentermo anche le ragioni del no, ce ne faremo garanti nella stagione di riforme che si deve aprire”. Il leader democratico rimbrotta gli alleati (“Uniti avremmo vinto quasi in tutte le regioni”) e rassicura Giuseppe Conte: “Il rimpasto? Non cado in questo tranello”. La priorità, insiste, ora è la gestione dei soldi del Recovery fund, che devono essere “spesi bene”. Su questo il Pd si farà sentire, come sui tanti punti dell’agenda di governo rimasti finora in un cassetto, dai “decreti-sicurezza” da riformare al Mes. Ma, precisa, “senza ultimatum”, perché “quello che conta sono i risultati”. Una linea paziente, di basso profilo, che fin qui ha pagato.

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