Attacco trasversale a Conte: “No trattative all’oscuro di Parlamento sul Mes”

Attacco trasversale a Conte: “No trattative all’oscuro di Parlamento sul Mes”
Giuseppe Conte
19 novembre 2019

Tutti contro il premier Giuseppe Conte, sul cosiddetto Fondo salva Stati (Mes). I primi a scendere in campo i Cinquestelle che chiedono al capo politico, Luigi Di maio, al Capo Politico di far convocare un vertice di maggioranza, perche’ sul Mes noi non siamo d’accordo”. “Il Parlamento aveva dato un preciso mandato al Presidente del Consiglio Conte – dicono i pentastellati -. La discussione sul Mes deve essere trasparente, il Parlamento non puo’ essere tenuto all’oscuro dei progressi nella trattativa e non e’ accettabile alcuna riforma peggiorativa del Mes, ad esempio prevedendo che l’aiuto sia condizionato al ricatto di riforme strutturali che di fatto porterebbero ad un commissariamento degli Stati in difficolta’. Oggi e’ chiaro, invece, che la riforma del Mes sta andando proprio nella direzione che il Parlamento voleva scongiurare. Chiediamo al Capo Politico di far convocare un vertice di maggioranza, perche’ sul Mes noi non siamo d’accordo”.

Una furia, anxche la Lega. Giuseppe Conte “subito in Parlamento a dire la verita’, il Si’ alla modifica del Mes sarebbe la rovina per milioni di italiani e la fine della sovranita’ nazionale”, tuona Matteo Salvini. Secondo il leader leghista, Conte avrebbe firmato un accordo per cambiare il fondo salva-Stati, “di notte, di nascosto, un fondo ‘ammazza-Stati’, e via Facebook, lancia l’allarme sul nuovo accordo che il governo Conte avrebbe firmato in Ue “senza chiedere il via libera del Parlamento”. Il deputato di Liberi e uguali, Stefano Fassina, invece, si rivolge al titolare dell’Economia: “Caro ministro Gualtieri, su che basi afferma che ‘la riforma del Mes sara’ firmata a dicembre’? Chi ha dato al presidente Giuseppe Conte il mandato a firmare? Basta colpi tecnocratici all’interesse nazionale – avverte – Abbiamo gia’ dato. Deve votare il Parlamento”.

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A stretto giro arriva la replica di Palazzo Chigi, in particolare alle accuse mosse da Matteo Salvini su una presunta revisione del Mes. “La Presidenza del Consiglio ha l’obbligo di chiarire le notizie infondate e false diffuse, anche oggi, dal senatore Matteo Salvini. Innanzitutto, la revisione del Trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) non è stata ancora sottoscritta né dall’Italia né dagli altri Paesi e non c’è stato ancora nessun voto del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, o degli altri Capi di Stato e di governo europei sul pacchetto complessivo di questa riforma. In definitiva, nessuna firma né di giorno né di notte” puntualizzano, piccate, fonti di Palazzo Chigi. “La sottoscrizione è calendarizzata per il prossimo mese di dicembre e il ministro dell’Economia Gualtieri ha già chiarito, per iscritto – viene inoltre precisato – la sua disponibilità a riferire alle Camere l’avanzamento dei lavori e a illustrare nel dettaglio i contenuti della riforma, anche con riguardo all’intero pacchetto. Si ricorda che, in ogni caso, il Parlamento ha un potere di veto sull’approvazione definitiva della revisione Trattato Mes e avrà modo di pronunciarsi in sede di ratifica, quindi prima di ogni determinazione finale in merito alla sua entrata in vigore”.

E ancora: “Il fatto che il senatore Salvini scopra solo adesso l’esistenza” di un negoziato sul Mes, il trattato che regola il meccanismo europeo di stabilità, “è molto grave. Denota una imperdonabile trascuratezza per gli affari pubblici. Chi pretende di guidare l’Italia senza premurarsi di studiare i dossier dovrebbe quantomeno evitare di diffondere palesi falsità. Con la propaganda intrisa di menzogne non si curano certo gli interessi dei cittadini italiani” dicono le fonti. “Il senatore Salvini, all’epoca era vicepresidente del Consiglio dei ministri nonché ministro dell’Interno – rimarcano da Palazzo Chigi, entrando a gamba tesa sulla polemica – e avrebbe dovuto prestare più attenzione per l’andamento di questo negoziato, tanto più che l’argomento è stato discusso in varie riunioni di maggioranza, alla presenza di vari rappresentanti della Lega (viceministri all’Economia e presidenti delle Commissioni competenti)”.

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A replicare a Palazzo Chigi pensa il deputato della Lega, Claudio Borghi, presidente della Commissione Bilancio della Camera. “Le precisazioni di Palazzo Chigi sul Mes non hanno chiarito un bel nulla. Anzi, hanno aumentato la preoccupazione. Come si fa a dire che il Parlamento potrà esprimersi ‘in sede di ratifica’? Il testo è ormai pubblico e l’Italia doveva e deve opporsi prima, in sede di Eurogruppo e Consiglio. Perché non l’ha fatto a fronte di un testo che comporta ‘rischi enormi’ (parole del Governatore di Bankitalia)? Conte ha spiegato al M5S che questo trattato – al quale lui, contrariamente al mandato, non si è opposto – include l’immunità totale da qualsiasi forma di processo giudiziario (artt. 32 e 35)? Il governo toglie l’immunità all’Ilva per darla al Mes? Perché poi Palazzo Chigi afferma che la riforma è stata discussa con i ‘presidenti di commissione competenti’, quando invece il sottoscritto – essendo il presidente di commissione competente per la Camera – a giugno non ha avuto il piacere di incontrare in proposito il presidente del Consiglio? Non sono permaloso. Basta che il presidente Conte dica chiaro e tondo che l’Italia non approverà mai la riforma del Mes per fugare qualsiasi dubbio. Attendiamo con fiducia queste semplici parole”.

COS’E’ IL MES

Nato nel 2012 per sostituire i preesistenti Fondo europeo di stabilità finanziaria e Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria, il Mes (o Esm, secondo l’acronimo inglese) vuole essere una sorta di Fondo monetario europeo per sostenere i membri dell’area euro in difficoltà cui si offre un programma di aiuti in cambio di riforme strutturali. La riforma del Mes desta allarme per il nostro Paese perché prevede che il supporto finanziario sia attivato in caso di turbolenze sui mercati del debito pubblico ma qualora ricorrano alcune condizioni: non trovarsi in procedura d’infrazione, avere da due anni un deficit sotto il 3% e un debito pubblico sotto al 60%. Dunque, l’Italia sarebbe esclusa dal supporto cui potrebbe accedere – in seconda battuta – solo se accettasse una ristrutturazione del debito.

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