Brexit, per il governo di Londra comunque vada l’economia soffrirà. E Trump teme danni a scambi commerciali Usa-Gb

Brexit, per il governo di Londra comunque vada l’economia soffrirà. E Trump teme danni a scambi commerciali Usa-Gb
28 novembre 2018

L’economia britannica soffrirà fuori dall’Unione europea qualunque sia lo scenario in cui avverrà il divorzio da Bruxelles. Lo afferma stesso governo britannico in un rapporto del Tesoro sulle conseguenze economiche della Brexit, che sottolinea che lo scenario peggiore resta quello del non accordo, nel quale il Pil del regno tra 15 anni sarebbe più piccolo del 9,3%. Il piano del governo, il cosiddetto piano di Chequers, per pilotare il Paese fuori dall’Unione, costerebbe al Pil il 3,9% in 15 anni. Il ministro delle Finanze Philip Hammond ha detto che l’accordo ratificato domenica dal capi di Stato e di governo europei è il modo migliore per minimizzare i danni economici.

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Perplesso anche il presidente degli Stati Uniti. Donald Trump, in pratica, teme che l’accordo per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea possa inavvertitamente danneggiare gli scambi tra Londra e Washington. “Sembra un grande accordo per la Ue – ha detto Trump alla Casa Bianca – dobbiamo capire seriamente se avranno la possibilità di commerciare con noi: in base all’accordo potrebbero non esserlo e questa non sarebbe certo una buona cosa”. Trump però ha espresso anche la speranza che May possa “riuscire a fare qualcosa in questo senso”.

E proprio la premier britannica, oggi porta l’accordo a una scettica Scozia, dove l’industria della pesca è preoccupata dell’accesso Ue alle acque britanniche. May ha meno di due settimane per convincere i parlamentari ostili a sostenere l’intesa al voto il prossimo 11 dicembre, evitando di far precipitare il Paese nel caos a quattro mesi dal 29 marzo 2019, data fatidica in cui il divorzio diverrà ufficiale. Il rapporto non fornisce proiezioni per l’impatto economico dell’accordo siglato con la Ue, i cui contorni sono ancora confusi. In ogni caso, secondo il documento del Tesoro di Londra, il calo dell’immigrazione dalla Ue costerebbe alla Gran Bretagna più che il mantenimento della libera circolazione.

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In qualunque modo Londra lascerà l’unione, l’economia britannica si contrarrà anche in presenza dei nuovi accordi commerciali che potranno essere sottoscritti, ad esempio con gli Stati uniti. “Questa analisi non mostra che saremo più poveri nel futuro di quanto siamo ora” ha detto May in parlamento. “Mostra che staremo meglio con questo accordo. Il nostro accordo è il migliore possibile per l’occupazione e per la nostra economia che ci consente di onorare il referendum” del 2016, nel quale ha vinto il no alla Ue.

Il leader laburista d’opposizione, Jeremy Corbyn, ha detto a May che guida “il governo più caotico a memoria d’uomo” e che dovrebbe “accettare la realtà” che il parlamento non approverà l’accordo. “Non è difficile che sia la soluzione migliore, se è l’unica”, ha detto. “Per definizione, è anche la peggiore”. Hammond ha insistito sul fatto che l’economia non è l’unica questione in campo e c’è un valore anche nel controllo dei confini della Gran Bretagna, della moneta e delle leggi. “Dobbiamo guardare non solo all’economia, ma alla necessità di guarire una nazione lacerata” ha detto il cancelliere dello scacchiere. “Ci sarà un costo per lasciare l’UE perché ci saranno ostacoli al nostro commercio. Ma l’accordo del primo ministro minimizza assolutamente questi costi”, ha detto alla radio della BBC. “Prevede un impatto molto modesto sulla dimensione complessiva dell’economia e quindi è il modo migliore per lasciare l’UE”.

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May guida un governo conservatore di minoranza e molti parlamentari del suo partito, insieme all’opposizione, sono contrari all’accordo. Alcuni falchi della Brexit pensano che Londra resti incatenata troppo strettamente a Bruxelles, mentre gli europeisti pesano che le penalizzazioni che il divorzio comporta siano peggio di una permanenza nell’Unione e vogliono un secondo referendum. Un sondaggio condotto ieri da Survation per il tabloid Daily Mail afferma che il 37% dei britannici sostiene l’accordo, un dieci per cento in più del 15 novembre, e il 25% è contrario, il 14% in meno. Il 41% vuole che il parlamento approvi l’accordo, il 38% che lo bocci. Se il parlamento dirà no all’intesa, il governo “penserà con molta attenzione a come muoversi” in un “territorio politico inesplorato”, cercando di capire quali deputati hanno votato per cosa. “E’ molto chiaro che non c’è un consenso in parlamento; ma è più difficile capire su cosa ci sia consenso” ha detto il cancelliere.

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