D’Alema all’attacco: Pd non è comitato elettorale del leader

13 aprile 2014

Tregua finita. Ammesso che sia mai iniziata veramente. Archiviato l’idillio del 18 marz scorso, quando Matteo Renzi partecipò alla presentazione del suo libro, Massimo D’Alema torna a essere pposizione interna, situazione in cui dice di trovarsi “particolarmente a mio agio”. E lo fa ammonendo la maggoranza renziana: “Il Pd sta morendo, facciamolo funzinare noi o sarà un dramma”, dice intervenendo a Roma alla convenzione della minoranza cuperliana. Il Partito democratico – dice D’Alema – vive un “processo di impoverimento che può prendere una piega drammatica. Il Pd è il punto debole vero della visione della maggioranza, che lo ha considerato più un peso e un ostacolo che una straordinaria opportunità”. Il riferimento è all’”idea di partito-comitato elettorale del leader, di partito servente che è stata parte fondamentale della cultura politica della attuale maggioranza”.

D’Alema mette in guardia sul “rischio di un mutamento qualitativo del sistema” e sollecita: “Questo è il punto su cui noi dobbiamo mettere in campo la nostra responsabilità. Questo partito lo dobbiamo far funzionare noi, dobbiamo aprire i circoli e fare il tesseramento anche se non si stampano piu tessere. Sarebbe un atto importante se la minoranza stampasse le tessere del Pd”. “Questo partito – prosegue il presidente della Feps – noi non lo possiamo lasciare morire e spegnere, non possiamo accettare che diventi altra cosa. Bisogna organizzarsi non come minoranza, lanciare una sfida alla maggioranza: noi ci siamo, speriamo ci siano anche loro”. D’Alema chiarisce il concetto: “Considero essere minoranza un accidente e non sostanza, è una condizione in cui non mi trovo particolarmente a mio agio. Mi è capitato raramente e sono situazioni a cui uno non è preparato. Ma bisogna essere coerenti ed è troppo facile diventare maggioranza con il pensiero degli altri, qualcuno lo ha fatto”.

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“Noi dobbiamo essere il Pd, non la minoranza. Una minoranza deve innanzitutto aspirare ad essere una maggioranza – esorte il lìder Massimo – Dobbiamo fare vivere il partito sui territori”. Non mancano critiche da parte dell’ex premier all’attuale presidente del Consiglio dei ministri, in particolar modo sulla spending review. “L’accanimento contro i redditi dei manager pubblici è solo una piccola parte della redistribuzione del reddito – spiega D’Alema – Bisogna intervenire su tutti i super redditi perché altrimenti si crea uno svantaggio competitivo per le aziende pubbliche, in quanto i manager più competenti saranno portati verso quelle private”. Anche sulle riforme D’Alema è piuttosto critico, soprattutto sulla legge elettorale: l’Italicum è stato scritto dal plenipotenziario di Silvio Berlusconi per le riforme, Denis Verdini; per questo il Parlamento, che è sovrano, ha il dovere di modificarlo e di migliorarlo.

“Il presidente del Consiglio deve capire che sulle riforme costituzionali e sulla legge elettorale il Parlamento ha i suoi diritti di discutere e correggere – è l’ammonimento a Renzi dell’ex premier – Nessuno toglierà a lui il merito di aver rimesso in moto questo processo, anche se la legge elettorale verrà fuori un po’ meglio di come è nata, anche perché era fortemente condizionata dall’impronta berlusconiana. L’ha scritta Verdini, non veniva fuori da un circolo di riformatori illuminati”. Parlando di “dubbi costituzionali” e aspetti di “scarso buon senso”, il presidente della Feps sottolinea: “Essendo la legge elettorale nata per costringere la destra a mettersi attorno a Berlusconi porterebbe all’assurdo che dieci liste con 4,4% vincono e non hanno diritto di entrare in Parlamento. È giusto rivederla in Parlamento, anche perché nel frattempo la situazione politica è cambiata”. (Il Tempo)

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