Fmi: allarme corruzione, costo annuo tangenti di 2mila miliardi Usd

Fmi: allarme corruzione, costo annuo tangenti di 2mila miliardi Usd
Christine Lagarde
11 maggio 2016

di Maurizio Balistreri

dollariIl Fondo monetario internazionale lancia l’allarme corruzione, che minaccia la crescita e lo sviluppo economico con il suo “impatto corrosivo”. In un rapporto intitolato “Corruption: Costs and Mitigating Strategies”, l’istituto di Washington sostiene che i costi associati alla corruzione sono “sostanziali”. “Sebbene sia difficile da misurare adeguatamente, un’idea delle dimensioni di questo fenomeno può essere data dalle tangenti pagate ogni anno sia nei Paesi in via di sviluppo sia nelle economie avanzate. Una recente stima mette il costo annuale solo delle tangenti a circa 1.500-2.000 miliardi di dollari, circa il 2% del Pil globale”. Secondo l’Fmi, i costi economici e sociali della corruzione sono probabilmente ancora più grandi dal momento che le mazzette rappresentano soltanto una delle possibili forme di corruzione. Per questo “è urgente affrontare il problema”, identificato sempre più come uno dei “più importanti” con cui il mondo si trova a che fare oggi. La ricerca si concentra principalmente sulla corruzione derivante “dall’abuso d’ufficio per ottenere guadagni privati” e dunque sul settore pubblico, cosa che – precisa l’Fmi – “non significa che i comportamento di quello privato non sia rilevante”. “Sebbene i costi economici diretti della corruzione siano ben noti, i costi indiretti potrebbero essere ancora più sostanziali e debilitanti, portando a una crescita bassa e a una maggiore ineguaglianza dei redditi”, avverte Christine Lagarde, direttore generale dell’Fmi.

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“Dato l’impatto potenziale della corruzione sulla stabilità macroeconomica e su una crescita economica sostenibile, l’Fmi è stato attivamente coinvolto nell’aiutare i suoi membri a mettere a punto e a implementare strategie anti-corruzione”, ha aggiunto. Nel suo studio, l’Fmi dimostra come la corruzione colpisca in vari modi l’economia; “indebolisce la capacità di una nazione di tassare, riducendo le entrate collezionate”: da un lato crea “disincentivi per i contribuenti nel versare le tasse” e dall’altro “riduce l’impeto di uno Stato a raccogliere tasse perché in Paesi altamente corrotti e dipendenti dagli aiuti, l’incentivo a mobilitare entrate a livello locale può essere basso; inoltre, le nazioni che non riescono a rastrellare tasse sono incapaci di costruire istituzioni che sostengono l’attività economica risultando in un feedback negativo. Anche i programmi di spesa ne sono colpiti. “Un controllo debole delle spese, transazioni fuori bilancio e mancanza di una supervisione erano dietro ai recenti fallimenti dell’integrità finanziaria nell’Africa sub-sahariana”, scrive il Fondo che cita uno studio di Pwc del 2013 secondo cui la corruzione ha alzato i costi dei progetti pubblici in media del 13% in otto Stati europei (Francia, Ungheria, Italia, Olanda, Polonia, Romania, Spagna e Liechtenstein). Spese pubbliche inutili e meno entrate, continua il Fondo, si traducono in “deficit fiscali maggiori e in un accumulo sostanziale del debito”.

fmi fondoSu questo fronte l’istituto di Washington cita il rapporto Transparency International sull’Ue del 2012 secondo cui la corruzione ha avuto un ruolo nella crisi del debito dell’Eurozona perché alcune nazioni avevano gravi mancanze e problemi radicati di inefficienze. E una compliance tributaria scarsa è vista come uno dei fattori dietro la crisi fiscale in corso in Grecia. La corruzione, continua l’Fmi, indebolisce la supervisione e la stabilità del sistema finanziario e può persino aumentare il costo per accedere ai mercati finanziari. “In casi estremi”, si legge nel rapporto, “una corruzione sistemica può portare a instabilità politica e a conflitti”. Il Fondo propone quattro soluzioni. La prima è la trasparenza. “Le nazioni devono adottare standard internazionali sulla trasparenza fiscale e finanziaria”. In questo contesto, “una stampa libera gioca un ruolo chiave nell’esporre le pratiche di corruzione”. La seconda è un rafforzamento dello stato di diritto: “una minaccia credibile di un’azione penale deve esistere”. In certi casi, consiglia l’Fmi, nuove istituzioni specializzate devono essere messe a punto dove quelle esistenti sono corrotte. E un framework efficace contro il riciclaggio di denaro deve essere attuato. La terza ricetta passa attraverso la deregulation e la semplificazione. Infine, serve un impianto legale chiaro. “Le banche centrali indipendenti con competenze tecniche adeguate sono importanti; i governi devono mettere in atto gli incentivi giusti e i leader devono rappresentare un esempio e garantire che un’azione decisiva sia adottata quando necessario”.

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