Rapporto Oxfam: l’Italia dei ricchi, il 20% dei ‘Paperoni’ ha il 70% risorse

Rapporto Oxfam: l’Italia dei ricchi, il 20% dei ‘Paperoni’ ha il 70% risorse
16 gennaio 2017

Ricchi sempre piu’ ricchi e poveri sempre piu’ poveri: l’Italia delle diseguaglianze sociali avanza a dispetto della fine della crisi economica e dell’aumento della produttivita’. La fotografia di un ‘gap’ sempre piu’ accentuato e’ fornita dal nuovo rapporto della ong Oxfam “Un’Economia per il 99%” sulla distribuzione della ricchezza netta in Italia nel 2016, in occasione del World Economic Forum di Davos. Una rielaborazione basata su dati, modello econometrico e metodologia di stima utilizzati da Credit Suisse che riporta drammatici squilibri distributivi ed eccessi nella concentrazione della ricchezza. Nel 2016 la distribuzione della ricchezza nazionale netta (il cui ammontare complessivo si e’ attestato, in valori nominali, a 9.973 miliardi di dollari) vedeva il 20% piu’ ricco degli italiani detenere poco piu’ del 69% della ricchezza nazionale, un altro 20% controllare il 17,6% della ricchezza, lasciando al 60% piu’ povero dei appena il 13,3% di ricchezza nazionale.

Risultato il 10% top di tutti i ricchi italiani oltre 7 volte la ricchezza della meta’ piu’ povera della popolazione. Non solo: la ricchezza dell’1% dei Paperoni italiani (in possesso oggi del 25% di ricchezza nazionale netta) e’ oltre 30 volte la ricchezza del 30% piu’ povero dei nostri connazionali e 415 volte quella detenuta dal 20% piu’ povero della popolazione italiana. La classifica di Forbes dei primi sette miliardari nazionali (in tutto 151 nella famosa lista) equivaleva alla ricchezza netta detenuta dal 30% piu’ povero della popolazione. Oxfam, rielaborando i dati dalle indagini sui livello di reddito e dei consumi del World Panel Income Distribution Database di Lakner e Milanovic, ha anche ricostruito e analizzato la distribuzione del surplus di reddito pro capite registrato nel periodo 1988-2011 su scala globale. Quasi il 46% dell’incremento del reddito disponibile pro-capite globale e’ stato appannaggio del 10% piu’ ricco della popolazione mondiale a fronte di appena il 10% ricevuto dalla meta’ piu’ povera della popolazione del pianeta. I dati italiani rivelano per il periodo in esame un incremento complessivo del reddito nazionale pari a 220 miliardi di dollari (a parita’ del valore di acquisto nell’anno di riferimento 2005).

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Come per la ricchezza, anche per il reddito disponibile pro-capite nazionale quasi la meta’ dell’incremento (45%) e’ fluito verso il top-20% della popolazione, di cui il 29% al top-10%. In particolare, il 10% piu’ ricco della popolazione ha accumulato un incremento di reddito superiore a quello della meta’ piu’ povera degli italiani. La sperequazione desta ancor piu’ allarme se ci si sofferma sulla quota di incremento del reddito ricevuta nell’arco degli oltre vent’anni in esame dal 10% piu’ povero dei nostri connazionali: un risicato 1% corrispondente ad appena 4 dollari pro-capite all’anno. Lo studio Oxfam sottolinea anche che l’aumento della produttivita’ del lavoro non ha affatto determinato un miglioramento per la fascia piu’ povera della popolazione.

Dal 1999 al 2013 (ultimo anno in cui il dato e’ disponibile) la crescita dei redditi da lavoro salariato (su scala globale e in termini reali) e’ risultato infatti in netto ritardo sull’aumento della produttivita’ del lavoro. Un dato che evidenzia come la crescita della produttivita’ e un aumento di output globale non si traducono necessariamente in un incremento proporzionale delle retribuzioni dei lavoratori. Una conferma arriva anche dai dati Eurostat secondo cui i livelli retributivi non solo non ricompensano adeguatamente gli sforzi dei lavoratori, ma risultano sempre piu’ spesso insufficienti a supplire alle necessita’ dei singoli e delle famiglie. Non ne e’ esente il continente europeo, pur essendo tra le regioni con i redditi piu’ alti al mondo. L’Italia, in particolare, con un tasso di occupati a rischio di poverta’ pari nel 2015 a 11,5% dell’intera forza lavoro nazionale in eta’ compresa fra i 15 e i 64 anni, e’ sotto di ben due punti percentuali alla media europea (9,5%) stimata nel 2015.

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