PLASTICA NERA nel cibo in cucina: allarme sicurezza ai fornelli I Arriva il DECALOGO degli utensili vietati: emergenze e paura in tutta Italia da Luglio

Utensili di plastica nera (pexels) - IlFogliettone.it

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Plastica nera in cucina, cosa c’è davvero dentro le spatole che usiamo ogni giorno: uno studio che lancia un allarme mondiale

Nell’autunno del 2024, una ricerca pubblicata su Chemosphere e promossa dal gruppo statunitense Toxic-Free Future ha attirato l’attenzione globale. Lo studio segnalava la presenza di ritardanti di fiamma sostanze chimiche usate per ridurre l’infiammabilità di alcuni materiali – in utensili da cucina in plastica nera. Titoli allarmistici come «Gettate la vostra spatola di plastica nera» si sono diffusi rapidamente, alimentando ansie e dubbi. Ma ciò che sembrava una scoperta clamorosa si è rivelato ben più complesso e, soprattutto, metodologicamente debole.

Il gruppo di ricerca ha esaminato 203 oggetti in plastica nera – da utensili da cucina a giocattoli – selezionando i 20 con maggior presenza di bromo, elemento usato nei ritardanti di fiamma bromurati. Solo su questi ha condotto analisi approfondite, trovando sostanze come il BDE-209 in 17 campioni. I dati sono però stati riportati dai media in modo impreciso: quel «85%» di oggetti contaminati non si riferiva al totale, ma solo ai 20 selezionati. Così si è generata una percezione distorta e amplificata del problema.

Il BDE-209 è un ritardante vietato in Europa nei materiali a contatto con gli alimenti (MOCA). Lo studio sosteneva che l’esposizione giornaliera attraverso l’uso degli utensili fosse di 34.700 nanogrammi, molto vicina – secondo gli autori – al limite di 42.000 stabilito dall’EPA statunitense. Ma quel valore di riferimento era sbagliato: i ricercatori avevano confuso i calcoli, dimenticando uno zero. Il vero limite era 420.000 nanogrammi, non 42.000. Inoltre, la stima si basava su uno scenario poco realistico: frammenti di spatole lasciati per 15 minuti in olio bollente.

Dopo le segnalazioni di divulgatori come Joe Schwarcz e Ruggero Rollini, la rivista Chemosphere ha pubblicato una rettifica. Tuttavia, gli autori hanno difeso la validità generale delle loro conclusioni. Col tempo è emerso un ulteriore errore in una formula, che ha ridimensionato l’esposizione stimata a meno del 2% rispetto a quanto inizialmente riportato. In molti, nella comunità scientifica, hanno chiesto il ritiro dello studio, considerato ormai inaffidabile.

La disinformazione corre più veloce delle smentite

Nonostante le critiche e le correzioni, lo studio continua a circolare sui social. Video virali e post allarmistici invitano a non usare utensili in plastica nera, alimentando un clima di sfiducia. È un esempio emblematico di come una notizia scientifica, anche mal costruita, possa diventare virale e influenzare le abitudini quotidiane, molto più rapidamente di quanto serva per correggere gli errori.

In Europa, i ritardanti di fiamma sono regolati in modo rigoroso. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) valuta costantemente le sostanze chimiche impiegate nei MOCA e la Commissione Europea stabilisce i limiti e le eccezioni. Le plastiche a contatto con alimenti devono essere sicure anche se riciclate, purché provengano da filiere controllate e adatte all’uso alimentare.

Utensili di plastica nera (pexels) – IlFogliettone.it

Plastica riciclata e rischio reale

L’ipotesi che plastiche nere riciclate da vecchi dispositivi elettronici – contenenti ritardanti di fiamma vietati – finiscano negli utensili da cucina è considerata improbabile, almeno nell’Unione Europea. Qui, le plastiche riciclate per uso alimentare devono provenire da materiali già destinati a quell’uso, o essere trattate con nuove tecnologie approvate da EFSA. Il rischio che una spatola venduta regolarmente in UE sia pericolosa è quindi molto basso.

La vicenda delle spatole di plastica nera dimostra quanto sia fragile l’equilibrio tra corretta informazione scientifica, comunicazione mediatica e percezione pubblica del rischio. Gli utensili venduti in Europa sono soggetti a controlli severi e, allo stato attuale delle conoscenze, non esistono evidenze che suggeriscano un pericolo concreto per la salute se utilizzati correttamente. Le vere insidie, spesso, non si nascondono nelle spatole, ma nei titoli sensazionalistici.