Migranti, la linea dura del Viminale: “E’ lo Stato che contrasta i trafficanti, non le Ong”
La stretta di Piantedosi si intensifica, scatenando un’ondata di polemiche e fermi amministrativi. Mentre le navi umanitarie denunciano intimidazioni e pericoli, il governo rivendica la propria sovranità sul soccorso in mare.
“È lo Stato che contrasta i trafficanti di esseri umani e gestisce e coordina i soccorsi in mare. Non le Ong”. Con questo post lapidario sul suo profilo X, il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha riacceso i riflettori sulla stretta governativa nei confronti delle organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo. Un’affermazione che arriva mentre due imbarcazioni umanitarie, la Trotamar III e la nave di Mediterranea, si trovano sotto il peso di un fermo amministrativo, in una escalation di tensione che segna un nuovo capitolo nella complessa gestione dei flussi migratori.

La mossa del Viminale non è casuale. Il fermo della nave di Mediterranea è scattato dopo la presunta disobbedienza all’ordine ministeriale di sbarcare i migranti soccorsi in un porto diverso da quello assegnato. Una scelta che, per le autorità, rappresenta una chiara violazione delle disposizioni, mentre per gli equipaggi umanitari è un atto di necessità dettato dalle condizioni a bordo e dalla sicurezza dei naufraghi. Il braccio di ferro tra le ONG e il governo si fa sempre più serrato, con accuse e contraccuse che alimentano un dibattito infuocato.
La stretta del Viminale sulle ONG
L’episodio che ha coinvolto la nave Trotamar III della CompassCollective, a Lampedusa, aggiunge un ulteriore tassello a questo scenario. Il fermo amministrativo, in vigore dal 25 agosto, è scattato a seguito di un soccorso avvenuto il giorno precedente. La motivazione ufficiale? Non aver informato la guardia costiera libica dell’operazione. Un’accusa che la ONG respinge, descrivendo un contesto di grave pericolo in mare e una minaccia incombente di respingimento.
L’equipaggio della Trotamar III ha raccontato di aver avvistato una barca in vetroresina in difficoltà al largo delle coste libiche, con 22 persone a bordo. Di fronte al rischio imminente di annegamento e al timore di un “respingimento illegale” da parte della cosiddetta guardia costiera libica, lo skipper Matthias Wiedenlübbert ha deciso di prendere a bordo i naufraghi. La stessa organizzazione ha denunciato di essere stata spinta fuori rotta il giorno prima da una motovedetta libica che, via radio, avrebbe addirittura minacciato di usare le armi da fuoco.
Dichiarazioni contrastanti e dati ufficiali
In un clima di dichiarazioni contrastanti, i numeri diffusi dal Ministero dell’Interno offrono una prospettiva ufficiale. Al 26 agosto 2025, gli arrivi irregolari in Italia ammontano a 40.510, un calo significativo rispetto ai 109.441 registrati nello stesso periodo di due anni fa. Una riduzione del 65% che, secondo il Viminale, dimostra inequivocabilmente “l’efficacia dell’azione dell’Esecutivo in questo ambito”, superando ogni “narrazione di parte”.
La questione che emerge con forza non è solo statistica, ma si posiziona al crocevia tra la sovranità dello Stato, la sicurezza dei confini e l’obbligo di soccorso in mare. Il governo, attraverso i suoi ministeri, rivendica il diritto e il dovere di coordinare ogni operazione, mentre le ONG si considerano un anello fondamentale di una catena di salvataggio che, a loro dire, lo Stato non è in grado di coprire interamente.
Il braccio di ferro
Questo braccio di ferro tra la linea dura del governo e l’azione delle navi umanitarie solleva questioni complesse sul ruolo dei soccorsi privati e sulle loro responsabilità. Le direttive del Viminale sono un tentativo di riprendere il controllo su un fenomeno che il governo considera caotico e strumentalizzato dai trafficanti.
La gestione dei flussi migratori continua a essere un terreno minato, dove la politica si scontra con l’etica e l’emergenza umanitaria. Le cifre, sebbene in calo, non raccontano la totalità della storia, lasciando aperte domande cruciali sul futuro dei soccorsi in mare e sul destino di migliaia di persone. L’equilibrio tra il rigore della legge e l’imperativo morale del salvataggio rimane una sfida aperta, un’ombra che continua a proiettarsi sulle onde del Mediterraneo.
