Il labirinto dell’opposizione, quando l’ambizione supera la strategia
Giuseppe Conte e Elly Schlein
C’è qualcosa di tragicamente familiare nel teatrino politico che si consuma quotidianamente tra le fila dell’opposizione italiana. Elly Schlein continua a evocare il fantasma del “campo largo” con la costanza di un mantra buddista, mentre Giuseppe Conte risponde picche con la freddezza di un giocatore di poker che sa di avere in mano carte migliori. Il risultato? Un’opposizione che assomiglia più a una compagnia teatrale senza copione che a un’alternativa credibile di governo.
L’illusione del comando
La segretaria del PD ha scelto la strada più impervia: quella di chi vuole guidare prima ancora di aver dimostrato di saper camminare. È un vizio antico della sinistra italiana, questa fretta di proclamarsi leader senza prima costruire le fondamenta del consenso. Schlein parla di “campo largo” come se bastasse nominarlo per farlo esistere, dimenticando che le alleanze politiche non nascono dai comunicati stampa ma dalla condivisione di visioni e interessi concreti.
Conte, dal canto suo, ha imparato la lezione più dura della politica contemporanea: meglio essere padroni di una casa piccola che inquilini in un palazzo altrui. Il Movimento 5 Stelle ha scoperto il sapore dell’autonomia e non intende tornare a fare da Sancho Panza a nessun Don Chisciotte democratico.
Il vuoto al centro
Ma il vero problema del Partito Democratico non sta nelle alleanze mancate, bensì nell’identità smarrita. È un partito che prova a essere tutto per tutti e che finisce per non essere niente per nessuno. Oscillare tra sinistra radicale e riformismo moderato non è flessibilità politica, è schizofrenia programmatica.
Il PD di oggi ricorda quegli attori che cambiano costume a ogni scena sperando che il pubblico non se ne accorga. Ma l’elettorato ha memoria, e soprattutto ha fame di autenticità. Non cerca perfetti trasformisti, ma leader che abbiano il coraggio delle proprie convinzioni, anche quando queste possono risultare impopolari.
I numeri non mentono
I sondaggi sono spietati come un contabile: il PD fermo al 20%, Fratelli d’Italia al 30%, il Movimento 5 Stelle che resiste soprattutto al Sud. Sono cifre che raccontano una storia precisa: l’Italia ha scelto, e non ha scelto l’opposizione così come oggi si presenta.
Giorgia Meloni governa anche perché dall’altra parte c’è il vuoto pneumatico della proposta alternativa. Non basta essere contro qualcosa, bisogna essere convincentemente per qualcos’altro.
Giuseppe Conte ha compreso un principio elementare che sfugge a molti colleghi: la politica è l’arte del possibile, non dell’immaginabile. Prima di pensare a governare il Paese, bisogna riuscire a governare se stessi e la propria area politica. È una lezione di umiltà che dovrebbe far riflettere chi ha fretta di sedersi a Palazzo Chigi.
La strada in salita
L’opposizione si trova oggi di fronte a un bivio: continuare a giocare al piccolo teatrino delle alleanze impossibili o iniziare il faticoso lavoro di ricostruzione dall’interno. Significa definire priorità, scegliere battaglie, accettare che in politica non si può vincere tutto subito.
Schlein ha il tempo e la possibilità di dimostrare che la sua non è solo ambizione personale ma visione politica. Ma il tempo della politica ha ritmi diversi da quelli dei social network, e l’elettorato italiano ha già dimostrato di saper aspettare prima di premiare chi promette mari e monti.
In sostanza, il “campo largo” resterà un miraggio finché non diventerà prima di tutto un progetto credibile. E la credibilità, in politica come nella vita, si conquista un passo alla volta.
