Proposta shock dal premier iracheno: un’Alleanza araba contro Israele. “Vogliono Gaza inabitabile”

In un summit infuocato a Doha, il premier iracheno lancia l’idea shock di un’alleanza araba-islamica stile Nato contro le “aggressioni” israeliane. L’emiro del Qatar accusa Netanyahu di voler distruggere Gaza e dominare la regione: escalation imminente?

In un vertice che potrebbe ridisegnare le alleanze mediorientali, il primo ministro iracheno Mohammed Shia al-Sudani ha lanciato una proposta audace: un patto di difesa collettiva per il mondo arabo-islamico, modellato sull’Articolo 5 della Nato. Un attacco a uno Stato sarebbe considerato un’aggressione a tutti. Parole pronunciate a Doha, durante un summit straordinario che unisce leader arabi e islamici in una condanna unanime contro Israele, accusato di un recente attacco al Qatar.

Il contesto è infuocato. L’assalto israeliano a Doha ha scatenato reazioni a catena, minando la fragile stabilità regionale. Al-Sudani non ha esitato: “La sicurezza di uno dei Paesi arabi è parte del sistema di sicurezza degli altri”. Ha invocato un’alleanza musulmana unita, pronta a fronteggiare minacce economiche e di sicurezza. Un appello che riecheggia le tensioni accumulate, da Gaza al Libano, dalla Siria allo Yemen, fino all’Iran.

Solidarietà irachena al Qatar e ai palestinesi, ha ribadito il premier. Ha esortato a una posizione compatta: condanna dell’attacco e azioni diplomatiche coordinate per trascinare Israele davanti alla comunità internazionale. Non solo parole: al-Sudani ha delineato un piano per la pace. Cessate-il-fuoco a Gaza sotto supervisione Onu, seguito da una “road map” per la ricostruzione, gestita congiuntamente da Nazioni Unite e Stati arabi.

“Vogliono rendere Gaza inabitabile”

Ma le sue parole vanno oltre. Ha messo in guardia contro gli sfollamenti forzati, la distruzione di infrastrutture e le crisi umanitarie a Gaza. “Questi atti alimentano un ciclo di violenza infinito”, ha detto, prevedendo instabilità regionale se non fermati. Un’analisi che mescola urgenza narrativa con implicazioni geopolitiche, in un Medio Oriente già sull’orlo del baratro.

Dall’altra parte del tavolo, l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, ha affondato il colpo contro Israele. “Vogliono rendere Gaza inabitabile”, ha accusato, puntando il dito contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Secondo l’emiro, gli sforzi negoziali di Tel Aviv sugli ostaggi sono solo “camuffamenti per prolungare la guerra”.

Netanyahu, a suo dire, nutre sogni espansionistici: trasformare il mondo arabo in una sfera d’influenza israeliana. “Una pericolosa illusione”, ha tuonato Al Thani, evocando l’attacco della scorsa settimana a Doha come prova di una strategia aggressiva. Parole che narrano un dramma regionale, ma analizzano anche le mosse di un leader israeliano sotto pressione.

Il vertice di Doha segna un turning point. Da qui emerge un fronte unito, pronto a sfidare lo status quo. Ma le proposte di al-Sudani e Al Thani pongono interrogativi: un’alleanza araba-islamica potrebbe davvero contrastare Israele? O rischierebbe di accendere nuovi conflitti?

Verso un fronte unito: le implicazioni della proposta irachena

Analisti vedono in questa mossa un tentativo di Baghdad di riaffermare il suo ruolo regionale, dopo anni di instabilità interna. L’Iraq, dilaniato da conflitti settari e influenze esterne, cerca ora di posizionarsi come mediatore. Ma l’idea di un patto difensivo collettivo solleva dubbi: chi ne farebbe parte? Iran e Turchia, potenze islamiche non arabe, potrebbero aderire?

Nel frattempo, la condanna a Israele si intensifica. L’attacco al Qatar è visto come escalation deliberata, che viola il diritto internazionale. Al-Sudani ha legato questo episodio ai broader conflitti, inclusi quelli in Libano e Siria, dove milizie filo-iraniane combattono proxy wars.

La “road map” proposta per Gaza include non solo ricostruzione, ma anche garanzie internazionali contro future aggressioni. Un approccio che bilancia narrazione umanitaria con analisi strategica: senza pace a Gaza, l’intera regione rischia collasso.

L’emiro Al Thani ha aggiunto profondità al dibattito. Accusando Netanyahu di sabotare i negoziati, ha dipinto un quadro di inganno sistemico. “Mezzi di camuffamento”, li ha definiti, narrando una storia di opportunità perdute per la pace. Ma dietro le accuse, c’è analisi: Israele mira a un dominio regionale? L’illusione di Netanyahu, secondo Al Thani, ignora la resilienza araba. Un monito che riecheggia nei corridoi del potere mediorientale.

Il summit potrebbe evolvere in azioni concrete: boicottaggi economici, appelli all’Onu, o persino sanzioni coordinate. Eppure, divisioni interne – tra monarchie del Golfo e repubbliche rivoluzionarie – potrebbero minare l’unità.

Sfide e prospettive: dal vertice alla realtà geopolitica

Mentre il vertice si conclude, le proposte di al-Sudani rimbalzano sui media globali. Un’alleanza musulmana contro sfide comuni: economica, securitaria. Ma realizzabile? Storici paralleli con la Lega Araba, spesso inefficace, invitano alla cautela.

La solidarietà espressa verso Palestina, Libano, Siria, Yemen e Iran traccia una mappa di alleanze potenziali. Al-Sudani ha enfatizzato: un attacco a uno è attacco a tutti. Un concetto che, se adottato, potrebbe deterrere aggressioni future.

Tuttavia, l’analisi rivela rischi: escalation con Israele, o tensioni con l’Occidente, alleato di Tel Aviv. La Nato, modello citato, ha basi atlantiche; un equivalente arabo-islamico affronterebbe divisioni sunnite-sciite.

Al Thani ha chiuso con un affondo narrativo: Netanyahu sogna egemonia, ma è illusione. Una frase che cattura l’essenza del conflitto: ambizioni contro realtà. In sintesi, Doha non è solo un vertice: è un catalizzatore. Potrebbe forgiare un nuovo ordine mediorientale, o sfociare in maggiore instabilità. Il mondo osserva.