Netanyahu parla all’Onu, in centinaia abbandonano l’aula. Poi accusa l’Occidente: “Cedete al ricatto sul riconoscimento della Palestina”
Un’accoglienza glaciale, con centinaia di delegati che abbandonano l’aula e fischi di protesta. È in questo clima teso che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha tenuto il suo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, un intervento segnato da durissime accuse ai Paesi occidentali per il recente riconoscimento dello Stato palestinese, definito una capitolazione di fronte al terrorismo. Un discorso in cui ha rivendicato con forza le azioni militari di Israele e dipinto una mappa regionale dominata dalla minaccia iraniana.
Mentre saliva sul palco, Netanyahu è stato accolto da una silenziosa ma plateale protesta: secondo i cronisti presenti, centinaia di diplomatici hanno lasciato la sala in segno di dissenso. Il premier israeliano ha subito affrontato l’argomento più spinoso, lanciando un duro attacco ai partner occidentali. “Questa settimana, i leader di Francia, Gran Bretagna, Australia, Canada e altri Paesi hanno riconosciuto incondizionatamente uno Stato palestinese. Lo hanno fatto dopo gli orrori commessi da Hamas il 7 ottobre, orrori elogiati quel giorno da quasi il 90% della popolazione palestinese”, ha tuonato, accusandoli di aver ceduto alle pressioni di chi accusa Israele di crimini di guerra.
L'”Asse del Terrore” e la rivendicazione della forza israeliana
Netanyahu ha quindi imbastito la sua difesa strategica, mostrando una sua consueta mappa per illustrare quella che ha definito “l’asse del terrore iraniano”. Con toni marziali, ha rivendicato il ruolo di Israele nel rimodellare il Medio Oriente attraverso una serie di azioni militari. “Abbiamo massacrato gli Houthi, anche ieri. Abbiamo annientato il grosso della macchina del terrore di Hamas. Abbiamo paralizzato Hezbollah”, ha dichiarato, elencando una serie di successi. Ha attribuito a Israele il merito della caduta di Bashar al-Assad in Siria, l’uccisione di leader come Hassan Nasrallah di Hezbollah, e di alti funzionari di Hamas e scienziati iraniani.
Il richiamo agli ostaggi e la minaccia a Hamas
Rivolgendosi alle “famiglie dei nostri cari ostaggi che languiscono nelle segrete di Gaza”, Netanyahu ha lanciato un ultimatum a Hamas: “Deponete le armi, lasciate andare il mio popolo, liberate gli ostaggi, tutti e 48, ora. Se lo farete, vivrete, altrimenti Israele vi darà la caccia”. Ha precisato che se Hamas avesse accettato le condizioni israeliane, la guerra sarebbe potuta finire immediatamente, con Gaza smilitarizzata e sotto controllo israeliano per la sicurezza.
L’alleanza con gli USA e l’attacco all’Iran
Un capitolo centrale del discorso è stato dedicato all’alleanza strategica con gli Stati Uniti, in particolare con l’amministrazione Trump, e alla minaccia esistenziale rappresentata dall’Iran. Netanyahu ha descritto il programma nucleare iraniano come una minaccia globale, non solo per Israele ma per gli Stati Uniti e il mondo intero. Ha raccontato con dettagli vividi quella che ha definito la guerra dei 12 giorni a giugno, durante la quale “i nostri audaci piloti hanno neutralizzato le difese missilistiche dell’Iran e preso il controllo dei cieli sopra Teheran”, operando insieme ai piloti americani.
La difesa dalle accuse di genocidio e la “verità capovolta”
Sull’onda delle polemiche internazionali, Netanyahu ha respinto con veemenza le accuse di genocidio mosse contro Israele, definendole una “falsa accusa” e una “barzelletta”. “I nazisti non chiedevano agli ebrei di abbandonare i propri luoghi”, ha argomentato, sottolineando come il suo governo avverta i civili prima dei raid. “Un Paese che commette un genocidio implorerebbe la popolazione civile di togliersi di mezzo?”, ha chiesto all’assemblea. Ha inoltre negato le accuse di carestia indotta, affermando che Israele ha portato a Gaza “più di due milioni di tonnellate di cibo e aiuti”.
In chiusura, il premier israeliano ha esortato il Consiglio di Sicurezza dell’ONU a ripristinare le sanzioni contro l’Iran per impedirgli di ricostruire le sue capacità nucleari. Un discorso che, tra proteste e rivendicazioni, ha delineato senza mezzi termini la posizione di un Israele determinato a proseguire la sua linea dura, sia sul campo militare che su quello diplomatico, sfidando apertamente la crescente insofferenza della comunità internazionale.
