Regionali, Marche al voto: il testa a testa che può cambiare gli equilibri politici

Un margine di soli tre punti separa i due principali candidati alla presidenza delle Marche. Francesco Acquaroli, governatore uscente sostenuto dal centrodestra, e Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro e oggi europarlamentare del Partito Democratico, si giocano la guida della Regione in una sfida che si preannuncia decisiva non solo a livello locale, ma anche come segnale politico nazionale.

Domani, domenica 28, e lunedì 29 settembre, oltre un milione e mezzo di marchigiani saranno chiamati alle urne per eleggere presidente e consiglio regionale. Le Marche sono la prima regione al voto nel 2025, in contemporanea con la Valle d’Aosta, che voterà soltanto nella giornata di domenica. Nei mesi successivi toccherà a Calabria, Toscana, Veneto, Campania e Puglia.

La sfida dei programmi: continuità contro discontinuità

La campagna elettorale si è giocata attorno a due visioni contrapposte. Acquaroli ha puntato tutto sulla continuità, presentandosi come garante di stabilità e ricordando i risultati raggiunti negli ultimi cinque anni, dalla ricostruzione post-sisma agli investimenti per i giovani e il turismo.

Ricci, invece, ha insistito su un messaggio di discontinuità. Con il sostegno del Partito Democratico, del Movimento 5 Stelle e di altre forze progressiste, ha promesso un rilancio della sanità territoriale, più welfare e un’attenzione particolare allo spopolamento delle aree interne. La sua piattaforma ha inoltre una forte impronta europeista, basata su cooperazione e diritti.

I blocchi politici in campo

Il centrodestra si presenta compatto. Con Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati e l’appoggio dell’UdC e di diverse liste civiche, Acquaroli può contare su una coalizione solida. La sua figura resta simbolica: nel 2020 è stato il primo governatore di centrodestra nella storia della Regione, dal 1995 a oggi.

Sul fronte opposto, il centrosinistra ha costruito un’alleanza larga ma non completa. Al fianco di Ricci ci sono PD, M5S, Alleanza Verdi-Sinistra e numerose liste civiche, tra cui Progetto Marche e Avanti con Ricci. Restano fuori però i centristi di Azione: il leader Carlo Calenda ha attaccato duramente il candidato, accusandolo di incoerenza politica e criticandone la posizione contraria alla costruzione di un termovalorizzatore.

Gli outsider e il peso delle rilevazioni

Oltre ai due candidati principali, in corsa ci sono Claudio Bolletta per Democrazia Sovrana Popolare, Lidia Mangani per il Partito Comunista Italiano, Beatrice Marinelli con Evoluzione della Rivoluzione e Francesco Gerardi per Forza del Popolo. Nessuno di loro era presente alla competizione del 2020, e gli analisti prevedono un impatto marginale sul risultato finale.

I sondaggi, sei in totale negli ultimi due mesi, raccontano un quadro teso. Cinque danno in vantaggio Acquaroli, con distacchi compresi tra i due e i sei punti percentuali, mentre solo una rilevazione – quella di Izi – accredita Ricci in vantaggio di un punto. La media delle rilevazioni fotografa una forbice ridotta: 50,3% per Acquaroli e 46,8% per Ricci.

Un voto con ricadute nazionali

La posta in gioco supera i confini regionali. Le Marche, con il loro equilibrio fragile tra i due schieramenti, rappresentano un test significativo per le alleanze politiche in vista delle prossime scadenze elettorali. Un’eventuale vittoria del centrosinistra ribalterebbe un trend che vede il centrodestra prevalere in molte regioni italiane; una conferma di Acquaroli rafforzerebbe invece la leadership della coalizione guidata da Fratelli d’Italia.