“Non faccio in tempo a segnalarle”, ha dichiarato la premier riferendosi alle minacce ricevute, puntando il dito contro chi alimenta questo clima con accuse gravissime. “C’è chi dice che hai le mani sporche di sangue, chi fa parte della classe dirigente e dice che questo governo è complice di genocidio”, ha affermato Meloni, aggiungendo che tali affermazioni vengono fatte “sapendo che è falso, per fare propaganda”. La presidente del Consiglio ha tracciato un parallelo storico inquietante: “Questa storia l’Italia l’ha già attraversata. Diamo per normali cose che normali non sono”.

L’intervento televisivo si è trasformato in un atto d’accusa contro l’opposizione, con la premier che ha avvertito: “Si sta sottovalutando il clima anche da chi ha pensato di fomentare la piazza. Attenzione che poi le cose sfuggono di mano”. Parole che assumono particolare gravità nel contesto delle recenti tensioni sociali e delle manifestazioni di piazza che hanno visto episodi di violenza.

La denuncia all’Aja: “Un attacco senza precedenti”

Il fatto più eclatante emerso durante l’intervista riguarda la denuncia presentata alla Corte Penale Internazionale. Secondo quanto rivelato da Meloni, l’esecutivo italiano sarebbe sotto accusa per presunto “concorso in genocidio”, un’iniziativa che la premier non esita a definire straordinaria nella sua gravità istituzionale. “Credo che sia un caso unico a livello mondiale”, ha ribadito, sottolineando come si tratti di un tentativo di delegittimare il governo attraverso strumenti giudiziari internazionali.

La premier ha collegato questo episodio a quella che definisce una strategia sistematica dell’opposizione, citando le parole del ministro dell’Economia Giorgetti: “La sinistra non arriva al governo tramite elezioni, di solito ci arriva o con un golpe giudiziario o finanziario”. Un’accusa pesantissima che Meloni ha corroborato con esempi concreti: “È storia, è quello che abbiamo visto in questi anni e in questi mesi. Ora siamo arrivati alla Corte penale internazionale, non sanno più dove denunciarci per tentare di intervenire per via giudiziaria”.

Piazze e violenza: lo scontro frontale con i sindacati

Sul fronte delle tensioni sociali, la presidente del Consiglio ha riservato parole durissime per le recenti manifestazioni, distinguendo nettamente tra il diritto di protesta, che dichiara di rispettare profondamente, e quella che definisce violenza “organizzata e preordinata”. Il caso simbolo citato da Meloni riguarda la presenza di striscioni inneggianti al 7 ottobre, data dell’attacco terroristico di Hamas contro Israele. “Sono rimasta choccata”, ha ammesso la premier, aggiungendo che “quando si consente a chi inneggia al terrorismo di stare in testa al corteo, la tesi degli infiltrati sia riduttiva”.

L’attacco si è esteso alla CGIL, con l’accusa esplicita di strumentalizzazione politica: “Lo sciopero generale era pretestuoso. La CGIL sembra più interessata a difendere la sinistra che i lavoratori”. Un affondo che segna un ulteriore inasprimento dei rapporti tra governo e sindacati, in un momento di forte tensione sociale sul fronte delle politiche economiche e del lavoro.

La premier ha anche denunciato il tentativo di censura nei confronti di voci critiche, citando il caso di Charlie Kirk e tracciando un parallelo con la situazione italiana: “Quando impediscono alla gente di parlare all’università, quando Francesca Albanese dice che un direttore di quotidiano che lei non condivide non deve essere invitato a parlare in televisione. Lo vediamo in mille occasioni che però vengono sempre da esponenti di sinistra”.

Le riforme come risposta: giustizia e premierato

Di fronte a quello che descrive come un attacco sistematico, Meloni ha rilanciato l’agenda delle riforme costituzionali, presentandole come la risposta strutturale alla crisi del sistema. La riforma della giustizia viene definita “un’occasione storica” per “liberare la magistratura dai condizionamenti della politica, dalla mala pianta delle correnti, rafforzare la terzietà del giudice”. Un messaggio chiaro rivolto anche a quella parte della magistratura che il governo considera politicizzata.

Sul premierato, il capo del governo ha chiarito che la riforma “va avanti”, suggerendo che qualsiasi futura legge elettorale dovrebbe prevedere “l’indicazione del premier sulla scheda”. Ha respinto con fermezza le speculazioni su una sua possibile candidatura al Quirinale, liquidando le provocazioni di Renzi con una battuta tagliente: “Il problema di quelli che hanno pensato solo a che incarico dovessero ricoprire è che credono che gli altri la pensino come loro”.

La strategia economica e la sfida internazionale

Nonostante il clima di tensione denunciato, Meloni ha voluto lanciare segnali di stabilità sul fronte economico. Ha ricordato come “lo spread è bassissimo” nonostante le previsioni catastrofiche dell’opposizione durante la campagna elettorale, quando “si è fatta tutta la campagna a parlare di tempesta finanziaria”. Per la prossima legge di bilancio, ha anticipato l’intenzione di “dare un segnale al ceto medio”, con misure allo studio per la fascia di reddito fino a 50mila euro, dopo essersi concentrati finora sui redditi più bassi.

Sul fronte internazionale, la premier ha difeso l’aumento delle spese per la difesa, respingendo l’accusa di essere “guerrafondai” e spiegando che “si spende in difesa per garantire la pace, che non si costruisce decantandola o sventolando le bandiere, si costruisce con la deterrenza”. Ha minimizzato l’impatto dei dazi americani sull’economia italiana, esprimendo ottimismo sulla possibilità di negoziare con Washington.

Riguardo all’Europa, infine, Meloni ha ribadito la sua distanza dal Partito Popolare Europeo: “Non ho nessuna intenzione di avvicinarmi al PPE”, precisando che semmai “a volte il PPE si avvicina alle nostre posizioni” quando si rende conto che “rincorrendo le tesi della sinistra non riesce a dare risposte ai cittadini”.