Pd, Gentiloni lancia la rivolta contro Schlein: “L’opposizione non è credibile”
L’ex premier guida l’offensiva di Picierno e Guerini contro la segretaria, accusata di sudditanza a Conte. Appuntamento decisivo venerdì a Milano per ridisegnare gli equilibri del partito.
Paolo Gentiloni e Elly Schlein
La leadership di Elly Schlein è sempre più in bilico. Venerdì a Milano, Paolo Gentiloni e i riformisti del Partito Democratico presenteranno una nuova corrente che suona come un atto d’accusa senza appello contro la segretaria: incapace di costruire una coalizione credibile, subalterna a Giuseppe Conte, priva di una visione di governo. L’iniziativa promossa da Pina Picierno e Lorenzo Guerini non è un semplice dibattito interno, ma l’inizio della fine per una segretaria che ha condotto il partito in un vicolo cieco ideologico e strategico. L’ex premier si candida a traghettare il Pd fuori dal disastro Schlein.
La resa dei conti è stata rinviata troppo a lungo. Ora i riformisti hanno deciso di passare all’attacco frontale, liberandosi prima del “guardiano” Stefano Bonaccini, troppo morbido con la segretaria, e poi costruendo un polo alternativo strutturato. La minoranza non si nasconde più dietro i formalismi dell’unità di facciata: vuole cacciare Schlein e riportare il Pd su una linea europeista, atlantista e credibile agli occhi dell’elettorato moderato che ha abbandonato il partito.
La pattuglia che si ritroverà nel capoluogo lombardo rappresenta il meglio della classe dirigente democratica: oltre a Picierno e Guerini, ci saranno Giorgio Gori, Lia Quartapelle, Filippo Sensi, Simona Malpezzi e Marianna Madia. Nomi che hanno esperienza di governo, competenza istituzionale e una visione pragmatica della politica. Tutto ciò che manca drammaticamente alla segretaria attuale. Il “Circolo Matteotti” milanese è diventato il quartier generale di questa insurrezione democratica, dove si elabora l’alternativa alla deriva schleiniana.
L’errore fatale: la sudditanza a Conte
Il peccato originale della gestione Schlein è l’alleanza con Giuseppe Conte. I riformisti lo denunciano senza mezzi termini: la segretaria si è piegata sistematicamente alle intemerate dell’avvocato di Volturara Appula, consegnandogli le chiavi della strategia politica del centrosinistra. Un suicidio elettorale certificato dai numeri: le elezioni toscane hanno dimostrato che il contributo dei Cinque Stelle è “praticamente inutile”. Il Pd avrebbe vinto anche senza di loro, ma Schlein continua ostinatamente a inseguire un’alleanza che non porta voti e toglie credibilità.
Non è solo una questione numerica, ma di sostanza politica. Il posizionamento internazionale di Conte è incompatibile con quello di un partito che dovrebbe essere europeista e atlantista. Sul riarmo europeo, il gruppo dem a Bruxelles si è spaccato esattamente a metà: una parte ha seguito la linea oltranzista della Sinistra europea contro la proposta di Ursula von der Leyen, l’altra ha votato responsabilmente a favore. Una frattura devastante, figlia della confusione identitaria imposta da Schlein.
Anche sul Piano Trump per il Medio Oriente, il Pd ha mostrato al mondo la sua incoerenza: una parte dei deputati democratici ha votato la mozione di Italia Viva, sconfessando implicitamente la linea della segretaria. Quando un partito si spacca su ogni dossier internazionale, significa che la leadership è evaporata. E che il re, o meglio la regina, è nuda.
Paradossalmente, anche dal M5S arrivano segnali di insofferenza. Chiara Appendino ha chiesto pubblicamente di “allentare l’intesa con il Pd”, dimettendosi da vicepresidente del partito. Una richiesta che trova eco proprio nell’ala riformista dem, convinta che questa alleanza sia un cappio al collo del partito. La sintesi è spietata: nessuno vuole più stare con Schlein, nemmeno Conte.
Gentiloni smonta il bluff: “Non siete credibili”
L’ex presidente del Consiglio ha sferrato il colpo più duro con dichiarazioni che azzerano le ambizioni di Schlein. Sulla possibilità che la segretaria possa diventare premier, Gentiloni ha risposto con una sentenza lapidaria: le opposizioni non sono pronte per vincere le elezioni né per rappresentare “una vera alternativa” al governo Meloni. Il problema? La mancanza di credibilità. Una carenza che ha un nome e un cognome: Elly Schlein.
“Le opposizioni hanno da fare moltissimi passi in avanti per guadagnare la credibilità necessaria”, ha dichiarato Gentiloni, che dal 2016 al 2018 ha guidato Palazzo Chigi e fino allo scorso anno è stato commissario europeo agli Affari economici. Traduzione: con questa segretaria il Pd non andrà da nessuna parte. L’errore più grande, ha avvertito l’ex premier, sarebbe dare per scontata l’alternanza. Con Schlein alla guida, l’alternanza è un miraggio.
Le tensioni con i governatori sono esplose, le critiche sulla gestione delle alleanze si moltiplicano, e ora una corrente strutturata le dichiara guerra aperta. Schlein aveva minacciato per settimane un congresso anticipato, convinta che i risultati delle regionali d’autunno le avrebbero dato la forza di annientare l’opposizione interna. Ma le urne l’hanno smentita, e ora si ritrova senza armi e senza strategia. “Non sa letteralmente che pesci prendere”, dicono al Nazareno.
Il 2026 e la trappola delle primarie
L’agonia potrebbe prolungarsi fino al 2026, anno delle possibili primarie del centrosinistra con Giuseppe Conte. Uno scenario da incubo per Schlein: battuta dall’interno e costretta a misurarsi con il leader pentastellato di fronte alla base. I riformisti sperano in un “incidente di percorso” che la faccia cadere prima, risparmiando al partito l’umiliazione pubblica di una segretaria bocciata dai suoi stessi elettori.
Il bivio è netto. Da una parte c’è la strada fallimentare di Schlein: battaglie identitarie, alleanze suicide, irrilevanza politica. Dall’altra si apre il cantiere Gentiloni: europeismo convinto, pragmatismo riformista, riconquista del centro. La nuova corrente vuole imporre un “cambio di menù” radicale, sostituendo la ricetta ideologica con una proposta di governo concreta e credibile.
Venerdì a Milano non si terrà una semplice assemblea di presentazione perché l’evento ha già il sapore di una resa dei conti. Gentiloni e i riformisti hanno deciso di non aspettare oltre: vogliono riprendersi il partito, ricostruirne la credibilità, restituirgli una prospettiva di governo. La segretaria rischia di assistere impotente alla demolizione della sua leadership. Perché quando tutti complottano contro di te, forse il problema non sono gli altri. Sei tu.
