Antonio Conte
Il Napoli conquista la Supercoppa italiana e Antonio Conte si prende la scena con un messaggio netto, senza sconti. A Riad, nella finale contro il Bologna, gli azzurri alzano il trofeo al termine di un percorso impeccabile. Il tecnico celebra i suoi giocatori, ringrazia i tifosi e richiama tutti alla realtà: nel calcio resta solo chi vince, ma la strada per comandare in Italia è ancora lunga.
Il successo in Supercoppa arriva come un sigillo pesante sulla continuità del Napoli vincente. Conte lo sottolinea subito, a caldo, davanti alle telecamere. “Complimenti soprattutto ai ragazzi che hanno fatto un torneo impeccabile – dice – hanno dimostrato che ci tenevano davvero, che volevano regalarci questo trofeo e regalarlo ai tifosi del Napoli”. Parole che certificano un gruppo compatto, determinato, capace di trasformare una finale secca in un manifesto di carattere.
Il trofeo, però, non è solo una coppa da esporre. È anche un simbolo. “Festeggiare il Natale con un trofeo in bacheca ci piace – aggiunge Conte – e ci fa passare un Natale molto sereno”. Un passaggio umano, prima ancora che sportivo, che racconta quanto il successo incida sull’umore dell’ambiente e sulla percezione di una stagione.
La vittoria come unica memoria del calcio
Conte va oltre la celebrazione e tocca un tema che gli è caro: la memoria selettiva del calcio. “Veniamo da uno Scudetto vinto e adesso da una Supercoppa italiana conquistata contro squadre molto forti. Ci si ricorda solo di chi vince”, scandisce. Il tecnico non fa sconti a nessuno, nemmeno alla retorica delle belle sconfitte. “Due anni fa il Napoli perse la finale di Supercoppa contro l’Inter e in pochi se ne ricordano. Oggi sarebbe stata la stessa cosa: un bel percorso, ma alla fine conta solo chi vince”.
È una riflessione che nasce dall’esperienza. Conte lo ammette senza filtri. “Te lo dice uno che ne ha perse tante di finali. Quando perdi, la cattiveria aumenta. Cerchi di non rivivere quei momenti, perché sono brutti. La ciliegina la devi mettere sulla torta”. Una dichiarazione che spiega molto del suo approccio: fame, tensione competitiva, rifiuto dell’alibi. Il Napoli, in questa Supercoppa, quella ciliegina l’ha messa davvero. E lo ha fatto contro un avversario che Conte non esita a valorizzare.
“Faccio i complimenti al Bologna – dice – è una realtà del calcio italiano”. Non parole di circostanza. Conte riconosce la qualità dell’avversario e la competitività mostrata in finale. “Oggi è stato un avversario altamente competitivo. Complimenti a Italiano, ai giocatori e alla società”. Un attestato che pesa, perché arriva da un tecnico abituato a misurare le squadre sulla solidità, non sulle mode. La finale, del resto, ha confermato la crescita del Bologna e la sua capacità di stare dentro le partite che contano. Ma il verdetto è stato chiaro: il Napoli ha saputo gestire la pressione, colpire nei momenti giusti e difendere il risultato con maturità.
La frenata sulle ambizioni di vertice
Nonostante il trofeo, Conte frena ogni entusiasmo fuori misura. Alla domanda sul reale posizionamento del Napoli rispetto alle grandi storiche, la risposta è secca. “Siamo più vicini a Inter, Milan e Juventus? No, assolutamente no. Sarei un bugiardo a dirlo”. Il tecnico fotografa una situazione precisa: “L’anno scorso abbiamo vinto lo Scudetto con una rosa molto ridotta. Quest’anno abbiamo inserito tanti giocatori, ma non siamo pronti per comandare”.
L’obiettivo, almeno per ora, resta uno. “In questo periodo dobbiamo stare quanto più attaccati possibile alla zona Champions. Quei quattro posti saranno molto difficili”. Conte insiste: “Non siamo assolutamente pronti, non siamo neanche vicini”. È una chiusura che raffredda gli entusiasmi ma rafforza il messaggio interno: vincere un trofeo non significa aver completato il percorso.
Un trofeo che pesa sul presente
La Supercoppa, però, resta. E pesa. Sul morale, sulla classifica simbolica, sulla percezione del Napoli in Italia e all’estero. Conte lo sa bene: nel calcio conta vincere, e vincere ancora. Il resto, come le finali perse, scivola via. Napoli festeggia, consapevole che il cammino è lungo, ma con una coppa in più a ricordare che la cattiveria giusta, quella invocata dal suo allenatore, è tornata al posto giusto.
