Politica

Alta tensione governo, su condono duro scontro Salvini-Di Maio

Il 18 ottobre viene segnato nel calendario come il giorno peggiore dalla sua nascita per il governo Conte. La sensazione, col passare delle ore, è che una rottura tra M5s e Lega e l’apertura di una crisi di governo possa avvenire da un momento all’altro. Il presidente del Consiglio usa le espressioni “futuribile, di là da venire, improbabile” e Matteo Salvini assicura che l’esecutivo “durerà 5 anni anche se Bruxelles manda le truppe”. Ma, al termine di una giornata in cui alla tensione nella maggioranza si aggiunge la durissima lettera dell’Ue sulla manovra.

Il day after della puntata di ‘Porta a Porta’, in cui Luigi Di Maio ha spiegato che le norme del decreto fiscale su scudo e condono non erano nel testo uscito dal Consiglio dei ministri, è un susseguirsi di botta e risposta a distanza tra i due vicepremier: Matteo Salvini rispedisce al mittente le accuse dei 5 stelle e spiega che “il decreto fiscale non cambia, è stato approvato da tutti, ognuno si prenda le sue responsabilità”. Il leader della Lega è in tour elettorale in Trentino – si vota domenica alle provinciali di Trento e Bolzano – non intende rientrare per un nuovo Consiglio dei ministri chiesto dai pentastellati per rivedere l’ormai famigerato testo manipolato, secondo Di Maio.

Di fronte alle durissime parole del ministro dell’Interno, M5s, che fino a quel momento aveva soltanto fatto filtrare veline di indignazione verso l’atteggiamento della Lega, esce allo scoperto e alza i toni. Su twitter apre il fuoco il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro: “Nel testo del decreto fiscale sono state inserite norme non concordate in Consiglio dei ministri. Quelle norme spariranno. Alle Camere invierò solo un testo pulito: con noi niente scudi né condoni”. Lo seguono a ruota i sottosegretari pentastellati Michele Dall’Orco, Mattia Fantinati, Simone Valente. Tutti dicono che nel testo sono state inserite norme non concordate in Cdm. “Salvini se ne faccia una ragione, è al Governo con il Movimento 5 stelle e non con Berlusconi”, tuona Dell’Orco.

Di Maio ammette che “adesso il tema è politico ed ha bisogno di un chiarimento politico. Quindi la sede giusta è il Consiglio dei ministri, ma possiamo fare anche un vertice prima”. Conte, a Bruxelles per il Consiglio europeo, lo convoca per sabato mattina ma a stretto giro Salvini fa sapere di avere altri impegni. E circola anche l’ipotesi che tutti i ministri del Carroccio possano disertare. “Possiamo anche continuare a risponderci a mezzo stampa, ma forse si può rinunciare a qualche appuntamento”, è la replica di Di Maio. Un esponente pentastellato del governo spiega che “quando è arrivata la bozza del decreto fiscale dagli uffici di Palazzo Chigi ci siamo accorti che c’era questa parte che non andava e abbiamo avvisato i leghisti che andava cambiata subito.

Salvini probabilmente già in viaggio verso la Russia non sarà stato informato”. M5s denunciano il fatto che per come è scritta la norma il rientro di redditi all’estero è peggio della voluntary disclosure di Renzi, perché oltre a far rientrare i redditi dall’estero elimina il pagamento delle sanzioni e degli interessi. Oltre ai sospetti verso la burocrazia dei ministeri (Dagl) e verso i funzionari del Mef ci sono quelli verso alcuni esponenti della Lega (Garavaglia e Giorgetti) che, secondo i pentastellati, agiscono alle spalle del loro leader. L’accordo politico trovato lunedì mattina dai leader, assicurano fonti pentastellate del governo, non prevedeva queste misure. Semplicemente perché non sono nel contratto. Insomma un muro contro muro del quale, a sera, non si vede la via d’uscita.

I più ottimisti della maggioranza sostengono che con un vertice si risolverà tutto, d’altronde, fanno notare, non è il primo momento di tensione dalla nascita del governo ma nei palazzi già cominciano a circolare gli scenari più disparati. Quello più gettonato è la nascita di un governo centrodestra con i fuoriusciti da M5s: “Non c’è nulla di deciso – spiega una fonte di Forza Italia – ma se la situazione esplode, se lo spread è fuori controllo, se cade il governo, fatta tutta la liturgia, i parlamentari si trovano. C’è il gruppo Misto, con alcuni M5s i contatti ci sono già, sicuramente ci sarebbe anche qualcuno del Pd”. Un’altra ipotesi invece è che sia proprio M5s a voler rompere, perché in nome di questo ‘matrimonio’ con la Lega starebbe derogando troppo della sua mission. In quel caso potrebbe riaprirsi la partita con il Pd chiusa a maggio da Matteo Renzi. Ma è uno scenario che tra i dem reputano davvero improbabile.

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it
Condividi
Pubblicato da