Arrestato latitante in Spagna, simbolo mala romana anni `80

Arrestato latitante in Spagna, simbolo mala romana anni `80
22 gennaio 2018

E’ stato catturato in Spagna, in un appartamento di super lusso al centro di Alicante, un attico vista mare, il superlatitante Fausto Pellegrinetti boss della nuova Banda della Magliana. L’uomo 76 anni, era latitante da oltre 15 anni, perché condannato in via definitiva a 13 anni e 5 mesi di reclusione per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico e riciclaggio, ma era irreperibile dal 93 quando, il 22 ottobre, fuggì dalla clinica romana Belvedere Mondello. Una lunga storia criminale, che conta collegamenti con i membri storici della banda della Magliana, con il clan dei Marsigliesi e con le cosche di Platì. Ieri la polizia italiana, con l`aiuto di quella spagnola, alle due del pomeriggio, dopo un giorno e mezzo di appostamenti, ha fatto irruzione nell’attico, dove da almeno due anni, abitava e lo hanno arrestato. ‘E’ un simbolo della criminalità che ha infangato Roma negli anni 80-90′, hanno sottolineato il capo della squadra mobile Luigi Silipo e Alfredo Fabbrocini, che guida la seconda divisione Sco. Pellegrinetti già negli anni ’90, era in grado di muovere un giro d’affari da un miliardo di vecchie lire a settimana, inondando Roma con centinaia di chili di droga. Un patrimonio riciclato soprattutto con le slot machine e ripulito con numerosi investimenti. Dal 1980, grazie ad un accordo con Abbruciati, siglato in un ristorante di Trastevere, si era diviso con la Banda della Magliana l’impero della droga nella capitale e condiviso le ‘batterie’.

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Un lungo conto in sospeso con i poliziotti della questura di Roma, che nel 1977 lo avevano arrestato la prima volta. Ad arrestarlo una task force di agenti della VII sezione narcotici squadra mobile di Roma, dello Sco e della polizia iberica. Così uno dei poliziotti romani, quando ha fatto irruzione nell’attico di via Paseo del Pintor Fernando Soria, lo ha chiamato ‘Fausto’, l’uomo è rimasto interdetto, e l’agente ha proseguito: ‘Ti ricordi di via Genova? (la sede della questura a Roma ndr), il latitante ha risposto: ‘E’ da un po’ che ci manco’. E il poliziotto ha chiuso così il conto: ‘Ti stanno arrestando quelli di via Genova’. ‘Un personaggio che racconta 50-60 anni di storia criminale di Roma, nella lista è il primo latitante romano, ed è stato catturato in seguito ad un’indagine complessa. E` un arresto importante: si pone termine non solo ad una latitanza ma anche a 50 anni di storia criminale di Roma”, ha sottolineato il capo della squadra mobile di Roma. ‘E’ un simbolo di quella criminalità che ha infangato Roma, dopo Johnny lo Zingaro, toccava a lui. Per noi era un punto d’onore – ha aggiunto il comandante della seconda divisione dello Sco – e questo è anche un messaggio per gli altri latitanti: li troviamo’.

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Un`indagine complessa svolta dalla sezione narcotici della squadra mobile condotta da Mariangela Sciancalepore, giovane e decisa poliziotta, e dalla seconda divisione dello Sco, il Servizio centrale operativo della polizia, guidata da Alfredo Fabbrocini, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, in collaborazione con la polizia nazionale spagnola (UDYCO Central, UDICO Malaga, gruppo delinquenza violenta Alicante) la Direzione centrale polizia criminale – Scip- e la Direzione centrale servizi antidroga. E` durata due anni, con una mole di intercettazioni, sia ambientai che telefoniche, con pedinamenti, appostamenti, grazie ai quali partendo da Roma, il pool di investigatori è arrivato in Spagna, ad Alicante, individuando passo dopo passo la rete di protezione del latitante. Individuato nel suo attico super lusso, ieri i poliziotti, dopo un giorno e mezzo di appostamenti hanno deciso di intervenire. Aveva carta d`identità e patente false, intestate a Roberto Bergamelli, nato nel 1944 a Frascati. Usava il sistema dei telefoni-citofono: utenze telefoniche diverse che cambiava in base ai diversi interlocutori, sistema che rende difficile rintracciare posizioni e contatti. Da almeno due anni viveva in Spagna, il vecchio boss, che ad Alicante si era portato dietro la numerosa famiglia, nipoti compresi, fra le pochissime cose che ha detto, ha rivelato di essere lá da 10 anni.

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Ad Alicante Pellegrinetti non lavorava, ma viveva in un attico super lusso, le cifre degli introiti illeciti ottenuti durante la sua attività criminale nella Roma degli anni `80-`90 parlano da soli, ma sono in corso indagini sia per individuare il patrimonio accumulato e reinvestito, sia per accertare se il vecchio boss durante la latitanza abbia mantenuto o meno i suoi contatti e il giro del narcotraffico. Per gli investigatori è un arresto molto importante, quello di un “personaggio simbolo”, “di elevato spessore criminale nell`ambito della criminalità organizzata romana”; e la sua storia criminale lo conferma. Annovera precedenti per associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, reati contro il patrimonio, riciclaggio, ricettazione. Evaso il 22 ottobre del 1993 dalla clinica romana “Belvedere Mondello”, dove era ricoverato in arresti domiciliari, ha fatto da allora perdere le proprie tracce. Su di lui pesa una condanna complessiva di anni 13 anni e 5 mesi. Nei provvedimenti di condanna e nei conseguenti mandati di arresto europei si fa riferimento ad un acquisto, nel 1992, di 550 chili di cocaina e a un giro di riciclaggio, provento del narcotraffico, da 6 miliardi di vecchie lire, in due anni tra il 1996 e il 1998. Fausto Pellegrinetti è un boss vecchio stile, spiegano gli investigatori che taciturno, che nel suo curriculum vanta il legame criminale con il famigerato Clan dei Marsigliesi, Berenguer Bellicini e Bergamelli. Storico nel 1980, un incontro, con il suo gruppo del Tufello, in un ristorante di Trastevere con Danilo Abbruciati, Edoardo Toscano e Antonio Mancini, della Banda della Magliana. Il gruppo del Tufello aveva condiviso con Abbruciati l’esperienza delle ‘batterie”, condividendo imputazioni per rapine e sequestri. Nel corso dell’incontro, il gruppo della Magliana sondò le intenzioni dei vecchi malavitosi del Tufello, cercando di impadronirsi del controllo del traffico degli stupefacenti. Progetto respinto ma si accordarono e iniziarono a collaborare sulle attività legate al toto nero, sequestri di persona, rapine estorsioni. Nello stesso incontro si parlò di un attentato al giudice Imposimato, come si legge nella sentenza storica sulla Banda della Magliana, dalle dichiarazioni dell`Accattone, Antonio Mancini.

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Nel 1992 da un`indagine della Dea e dello Sco, le autorità italiane, seguendo il flusso del denaro tra Nord America, Europa e Colombia, arrivano a Fausto Pellegrinetti, romano, che viveva in latitanza a via Roccaraso a Roma. Si era rimodulato da efferato rapinatore in trafficante di stupefacenti e, successivamente in riciclatore di denaro. La svolta arriva in occasione dell’ultimo “Pick Up”, l’ultimo prelievo di denaro sporco: finisce in manette a Roma e viene sequestrato un milione e mezzo di dollari in contanti. Ma nel `93 fugge dalla clinica romana dice era agli arresti domiciliari. L`operazione “Malocchio” (1996-98) svela un`organizzazione guidata da un triumvirato di vecchi criminali: Primo Ferraresi, Giuseppe D`Alessandri e Fausto Pellegrinetti, che da Malaga, dove vivevano in clandestinità, gestivano due business separati solo in apparenza, l`import-export della cocaina e il riciclaggio. Sulla capitale si riversava periodicamente, un vero e proprio oceano di cocaina: 5000 chili smerciati sul mercato romano e la di 55 milioni di dollari Usa riciclata in un ventaglio di attività diversificate. Fausto Pellegrinetti era a “capo dell`organizzazione”, con il ruolo di leader indiscusso e di regista di tutte le strategie.

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La simbiosi tra le due componenti, la prima ad altissima caratura criminale e la seconda di riconosciuta professionalità imprenditoriale, erano il timbro della “estrema pericolosità sociale” dell`organizzazione, sottoscritta dai “solidi legami” con le cosche calabresi (famiglia Barbaro-Papalia) e i clan campani (Senese), e dimostrata dalle ingenti disponibilità finanziarie di cui godeva. Con l`immissione sul mercato d`ingenti capitali provento di traffici illeciti, l`organizzazione è arrivata a produrre effetti distorsivi dell`economia legale in alcuni settori commerciali particolarmente sensibili, arrivando in taluni casi ad alterare i prezzi di mercato dei prodotti commercializzati dalle società del gruppo (metalli e frutta), e con un tale capitale l`organizzazione riuscì a creare un impero nelle slot machine. Il suo braccio destro, un palermitano con ottime conoscenze in America Latina, era Lillo Rosario Lauricella, con il quale nel 1997 riciclò 16 miliardi delle vecchie lire comprando ed installando in Brasile migliaia di slot machine. Lauricella, dopo avere collaborato con la giustizia, venne ucciso a Caracas nel 2002. La latitanza dorata di Fausto Pellegrinetti, cominciata dopo l`evasione del 1993, è termina in un attico di superlusso ad Alicante, 25 anni dopo.

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