Attacchi Bruxelles, nell’ospedale della Capitale si continuano a identificare le vittime

Attacchi Bruxelles, nell’ospedale della Capitale si continuano a identificare le vittime
24 marzo 2016

di Iacopo Scaramuzzi

Pronto soccorso per decine di feriti dei due attentati di martedì scorso, reparto dove vengono tuttora curate 15 persone ustionate dalle esplosioni all`aeroporto di Zaventem e alla stazione metro di Maelbeek, sede del team di specialisti che stanno cercando di identificare le vittime a partire dai resti dei corpi dilaniati nel secondo attentato, nonché riparo per famiglie di feriti e dispersi che qui trovano quanto meno un sostegno psicologico. L`ospedale militare dedicato alla regina Astrid, nella periferia settentrionale di Bruxelles, è uno dei luoghi simbolo della capitale belga ferita. La macchina dei soccorsi, in un Paese dove gli attentati hanno mostrato più di una falla, ha funzionato. Fin da subito, quando sono esplose le bombe, Croce rossa e ambulanze sono arrivate velocemente. I centri di emergenza installati alla stazione della metro e all`aeroporto centrale hanno iniziato a smistare i feriti in tutti gli ospedale della città e del paese. Le strutture sono sovraccariche ma non così tanto da andare in tilt. La prima scelta è stata di ricoverare i feriti dove c`era posto, solo in un secondo momento le persone sono state ricollocate nei nosocomi più qualificati per il tipo di problema medico (bruciatura, lesioni, amputazioni, trauma). All`ospedale militare di Neder-Over-Heembeek da martedì sono state ricoverate 97 persone, alcuni sono stati poi inviati ad altri centri, qui si sono raccolti gli ustionati, due elicotteri hanno fatto la spola la mattina di martedì per dislocare i feriti nelle strutture più adeguate.

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“Oggi sono ricoverati 15 ustionati, cinque in cura intensiva, otto in cura media, due in cura leggera. Nessuno è in stato critico”, spiega ai giornalisti che stazionano davanti all`ospedale Bernard Bolly, rappresentante dell`esercito che in questi giorni svolge la funzione di portavoce del centro. Colmo della sfortuna, a metà della mattinata di oggi, una piccola fuga di gas ha costretto l`ala di pediatria dell`ospedale a evacuare i pazienti. Una fila di infermieri, medici, soldati, bambini trasportati con tutto il box e coperti con giacche militari sono usciti per rimanere mezz`ora al freddo del piazzale antistante. Sono arrivati a sirene spiegate i vigili del fuoco, la polizia, uno spettacolo non inusuale in questi giorni a Bruxelles, ma l`allarme è rapidamente rientrato e tutti sono rientrati. Nella struttura centrale dell`ospedale, dove l`ingresso è vigilato con cortesia e fermezza da alcuni soldati in tenuta militare, la polizia e la procura hanno deciso l`installazione del centro per l`identificazione delle vittime di Maelbeek. In una sala si trovano i resti dei corpi, dove una delle due squadre del Disaster Victim Identification team (Dvi) lavora su Dna, dentatura, oggetti rinvenuti nel luogo dell`esplosione, lungo la linea della metro, per arrivare a stabilire l`identità delle vittime (l`altra squadra, che lavora sull`attentato di Zaventem, è ospitata dall`ospedale universitario di Lovanio).

Poco dopo mezzogiorno e mezza arriva dai giornalisti Ine Van Wymersch, vice procuratore di Bruxelles e, in questi giorni, ufficio stampa per le indagini. Circondata da un crocchio di cameramen e giornalisti belgi, francesi, inglesi, svizzeri, italiani, britannici, spagnoli, risponde in francese, olandese, inglese, ma è un muro di riservatezza: “Non abbiamo identificato ancora nessuna vittima”, afferma, senza dare né nomi, né numeri, né la nazionalità presunta delle vittime. “E` un lavoro difficile. Capiamo gli amici e i familiari dei dispersi, ma dobbiamo dare le informazioni solo quando sono certe e definitive”. In un`altra sala dell`ospedale, poco lontana da quella dove lavora il Dvi, lontana anch`essa da telecamere e taccuini, è stato allestito un luogo per accogliere i famigliari. Un team di psicologi è a loro disposizione. Dentro si è sentito parlare francese, neerlandese, inglese e spagnolo, lingue troppo diffuse per poter risalire con esattezza alla nazionalità delle vittime. I famigliari e gli amici dei disperi si mescolano, all`ingresso e all`uscita, agli altri pazienti dell`ospedale, evitano i giornalisti, cercano una persona cara, un`ultima speranza a cui appigliarsi.

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